Capitolo 37: Negoziare

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 Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Dapprima l'odore di muffa e di umido gli accarezzò il viso come le dita spettrali di un'anima errabonda; poi si fece più intenso – asfissiante – quasi quelle dita fossero serrate intorno alla sua gola, impedendogli di respirare.

Neri detestava i luoghi angusti e tetri come quello, detestava l'idea stessa di scendere sottoterra. Il solo pensiero gli provocava un sudore freddo e dei brividi che lo scuotevano fin dentro le ossa. Per un istante, giusto il tempo di buttare fuori un flebile respiro, chiuse gli occhi e si ritrovò bambino, prigioniero delle tenebre tra quelle quattro mura che pulsavano e minacciavano di schiacciarlo: le suore lo avevano sorpreso a rubare qualche vecchia cianfrusaglia nel convento in cui si era intrufolato, ma, invece di consegnarlo alle autorità cittadine, avevano deciso di dargli una raddrizzata loro stesse, gettandolo in una cantina spoglia e lasciandolo lì a marcire per diversi giorni senza cibo.

Deglutì con forza toccandosi il ventre, pieno in modo confortante, ed espirò piano, cercando di scacciare l'opprimente sensazione che le pareti si chiudessero su di lui. Fece un passo, e un altro ancora, finché si ritrovò in fondo alle scale. Con grande sollievo, notò che la cripta non era un sotterraneo piccolo e buio come aveva immaginato, bensì uno spazio abbastanza ampio e illuminato da ben cinque finestre che si aprivano nella parete alle spalle del piccolo altare. In effetti, la cripta della basilica di San Miniato aveva le stesse dimensioni del presbiterio che vi sorgeva sopra, rialzato, insieme al coro, su una piattaforma da cui l'altare maggiore, contenente le ossa del santo, si affacciava sulla navata centrale; mentre dall'altare inferiore si dipartiva la piccola scala che conduceva proprio alla cappella nel livello sottostante, la parte più antica della chiesa – e quella più agghiacciante.

Neri non credeva nei fantasmi, non del tutto; ma non trovava affatto esaltante l'idea di starsene sotto le spoglie di un uomo il quale, subito dopo essere stato decapitato, aveva preso la propria testa sottobraccio per poi andarsi a sdraiare nel luogo in cui voleva essere seppellito, ovvero il punto in cui in seguito era stata edificata quella stessa chiesa.

«Allora, volete dirmi per quale diavolo di motivo sono qui?» chiese Domenico di Giovanni con un basso ringhio che echeggiò nell'ambiente deserto.

Erano solo in cinque: lui e Leonardo, e poi di Giovanni, accompagnato dal suo fedele sgherro, più un altro che non avevano mai incontrato.

Come previsto – seppur fosse ben poco auspicabile – al suo arrivo Domenico di Giovanni aveva chiesto di spostarsi in un luogo più appartato, proponendo appunto la cripta. Non avevano avuto scelta se non acconsentire a scendere laggiù, seguiti dai due sgherri minacciosi che sembravano voler scavare dei buchi nelle loro schiene col solo sguardo, per quanto li fissavano in cagnesco.

Nervoso, Neri lasciò parlare Leonardo e si concentrò sulle colonne che si aprivano nella sommità in delle volte, ricordando delle file di alberi perfettamente allineati, con le folte chiome fuse insieme tanto da non distinguere l'inizio dell'una dalla fine dell'altra. Contò. Ce n'erano trentotto.

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