Capitolo 26: Passo falso

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 Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Il giovane Francesco de' Pazzi non somigliava affatto agli altri membri della sua famiglia che Neri conosceva.

D'accordo, forse conoscere era un termine un po' esagerato; ma erano talmente rinomati che era impossibile non riconoscerli mentre sfilavano per la città durante la processione del Corpus Domini, o non sapere che la cappella Pazzi nel convento di Santa Croce era stata commissionata niente di meno che al grande Filippo Brunelleschi da Andrea, nonno di Francesco; o ancora che tra i loro antenati ve n'era uno che il Sommo Poeta aveva imprigionato in un girone dell'Inferno, e che ancor prima vi era stato quel Pazzino de' Pazzi che aveva combattuto come crociato in Terra Santa e conquistato le tre schegge del Santo Sepolcro, ancora usate in occasione dello Scoppio del Carro.

Che la amasse o la odiasse, il popolo fiorentino non mancava occasione di vantare una parentela o un'amicizia con quella potente famiglia, seconda forse solo a quella dei Medici. Da quando, poi, le due casate si erano unite, grazie al matrimonio tra Guglielmo de' Pazzi e Bianca de' Medici, sorella del Magnifico, i Pazzi erano ancora più in vista di prima, e il loro orgoglio era cresciuto parimenti alla loro avidità.

Francesco però dava l'impressione di un giovane colto e gioviale, con un indubbio fascino che emanava dalla sua figura alta e snella. Inoltre, il suo bel volto, incorniciato da riccioli castani e impreziosito da due occhi che brillavano come zaffiri, non guastava di certo. Non aveva ancora compiuto ventotto anni, ma aveva già il mondo ai suoi piedi.

In quel momento Neri lo invidiò non poco.

E non solo per le sue ricchezze, la sua influenza e il suo bell'aspetto, ma perché poteva andare e venire come gli pareva dalle stanze private di Bandini, dove la maggior parte degli uomini si era riunita subito dopo cena con la scusa di provare il recente acquisto del loro ospite senza infastidire le donne – uno strumento importato dalle Indie che permetteva di inspirare fumo nei polmoni.

Perché diavolo uno avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Sembrava terribilmente... asfissiante.

Comunque, Leonardo era stato invitato a unirsi a loro, mentre lui doveva restare lì in compagnia di quelle vecchie cornacchie chiacchierone.

«Questa melodia è semplicemente perfetta, non trovate?» gli chiese la donna seduta accanto a lui sul sofà di un velluto verde sgargiante.

«Certamente» mormorò lui, ricordando di mascherare la voce. Cercava di non parlare troppo, di conseguenza sorrideva un sacco e la faccia iniziava a dolergli.

«Ah» sospirò la donna. «Adoro l'arte, in tutte le sue forme. Avete sentito parlare dell'opera grandiosa a cui sta lavorando Andrea del Verrocchio?»

Lui annuì in modo assente.

«Cosa non darei per vederla con i miei occhi!»

Neri represse a stento un commento mordace. Avrebbe fatto volentieri a meno di vedere quell'ennesimo David che aveva portato solo problemi, o anche solo di sentirne parlare. Ma tacque.

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