Capitolo 7: L'Uomo nero

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Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Quando Leonardo entrò in casa trovò Neri seduto alla sua scrivania, con le braccia incrociate sul petto e gli occhi ardenti come metallo infuocato. «Ti aspettavo giù, ma non ti sei più fatto vivo» iniziò, ancora sull'uscio; ma poi il suo sguardo cadde su di lui e disse: «Cosa stai facendo lì sedu...»

«Cos'è questa?» domandò Neri, interrompendolo.

Leonardo lo guardò perplesso. «Una lettera.»

«Lo so benissimo che è una lettera!» sbuffò lui spazientito. «Non pensare nemmeno per un momento di prendermi in giro, Leonardo. Che stai combinando?»

«Non sto combinando proprio niente» rispose l'altro confuso. «Non capisco di che parli.»

«Te lo spiego io di cosa parlo – parlo di Bruno D'Azzi. Che c'entri tu con lui?»

Il colore gocciolò via all'improvviso dalle guance di Leonardo, come una tinta scadente al primo lavaggio, lasciandolo pallido come un cencio. «Da dove tiri fuori quel nome?» bisbigliò.

«È scritto proprio qui!» Neri sventolò il foglio di carta davanti alla sua faccia, indicando il punto esatto.

Leonardo sgranò i suoi grandi occhi scuri realizzando finalmente la verità. «Tu sai leggere?»

«Sì, io so leggere. Ha del miracoloso, vero?»

Il giovane fece un passo indietro, cercando di sottrarsi allo sguardo smanioso di Neri, ma fu del tutto inutile perché lui gli si parò nuovamente davanti senza lasciargli vie di fuga. «Avrei dovuto saperlo» disse Leonardo con una risatina amara. «Continui a sorprendermi, Neri.»

«Ti prego Leonardo» sospirò lui, «dimmi che non sei invischiato negli affari di questo tizio.»

Le schiena dell'amico si incurvò impercettibilmente in avanti, come se un grande peso stesse finalmente avendo la meglio su di lui. Neri lo afferrò per le spalle e guardandolo negli occhi gli disse: «Mi fido di te, ti affiderei la mia vita. Ma visto che sembri mostrare poco riguardo per la tua devo insistere. Come conosci quell'uomo?»

«Tu sai chi è?»

Neri annuì lentamente, distogliendo brevemente lo sguardo. «È un uomo molto pericoloso. Quelli come me temono di pronunciarne anche solo il nome. Noi lo chiamiamo Uomo nero: viene nelle ore più fredde e buie della notte, coi suoi sgherri al seguito, e non risparmia nessuno – nessuno. Quando ero bambino e vivevo ancora per strada, io e gli altri ragazzini cominciavamo a tremare al calar della notte, e non per il gelo; al minimo rumore sospetto correvamo tutti a nasconderci nell'immondizia, sperando che gli olezzi mefitici lo tenessero lontano, ma non sempre era così. Molti di noi sparivano nel nulla.» Neri inspirò a fondo, scacciando gli incubi che lo avevano perseguitato per tutta la sua infanzia. «Per questo evito a tutti i costi di dormire per strada, se ci riesco. Non voglio finire nelle sue grinfie per essere maciullato, o Dio solo sa cosa ne faccia di quei poveretti. Quali esperimenti atroci subiscono...»

Leonardo era sbiancato ancora di più, se possibile, durante la sua spiegazione. Ora taceva e lo fissava con sguardo assente. Neri lo scosse. Due volte. Tre volte.

«Mi dispiace» rispose alla fine. «Non sapevo tutto questo, allora.»

Neri lo spinse verso la scrivania, facendolo appoggiare contro il bordo, e gli passò la sua bottiglia di liquore. «Spiega» gli intimò.

Leonardo prese un paio di sorsate, e cominciò: «Vedi, io amo molto la scienza, e sono sempre stato interessato all'anatomia, ma non esistono dei testi esaurienti sull'argomento. Qualche tempo fa un conoscente mi ha parlato di uno studioso, un anatomista, che impartiva lezioni a chi riteneva degno della sua fiducia; così ho chiesto a quel tale di presentarmi al dottore, e lui mi ha ammesso ai suoi incontri segreti. Si trattava di lezioni pratiche: operavamo su cadaveri, spesso di animali, ma talvolta anche su alcuni rubati dalle fosse comuni per i criminali – o almeno era ciò che D'Azzi sosteneva.» Leonardo prese un altro sorso di liquore prima di continuare. «Li dissezionavamo sotto la supervisione del dottore e discutevamo insieme a lui di tutte le possibili funzioni di ogni organo ancora poco studiato. Ho imparato molto in quel periodo, ma a un certo punto ho smesso di andare alle riunioni.»

Leonardo smise di parlare di colpo e Neri gli chiese: «Come mai? È forse successo qualcosa?»

Il ragazzo fece cenno di no con la testa. «Avevo sentito che le autorità fiorentine erano a caccia di alcuni profanatori di tombe, e temevo che se ci avessero scoperti sarei finito nei guai, così ho chiuso per un po'.»

«Ma ora stai pensando di riprendere?» Neri sentì un nodo in gola.

«No» rispose Leonardo. «Stavo appunto per inviare quella lettera al mio conoscente, per ringraziarlo di aver garantito per me e per rifiutare l'invito del dottore alla sua prossima lezione.»

«Sì, questo lo vedo da me» insisté Neri. «Ma hai davvero chiuso con quella roba?»

«Te lo assicuro, con quell'uomo non avrò più niente a che fare. Se avessi saputo delle voci sul suo conto non avrei mai... Ti giuro che pensavo fossero solo cadaveri rubati che non servivano a nessuno, non avrei mai immaginato tanto.»

«Tranquillo Leonardo» lo rassicurò Neri. «Tu non hai alcuna colpa per quei crimini. Ma promettimi che non vedrai mai più Bruno D'Azzi.»

«Promesso» rispose Leonardo.

Neri si sentì sollevato nel sentirglielo dire, e gli credé completamente. Sapeva che l'amico non sarebbe tornato da quel mostro. «Un momento» esclamò poi, ricordandosi qualcos'altro. «Chi era allora il tizio losco con cui confabulavi prima qua fuori?»

Leonardo reagì in modo ritardato alla domanda, ancora perso nell'ultimo sorso di liquore. Lo guardò senza celare la sua sorpresa e fece un sorriso sbilenco. «Mi hai beccato anche stavolta! Ma non ti sfugge nulla?»

Neri incrociò le braccia e gli rivolse uno guardo torvo da sotto le ciglia chiare.

«È solo un tale a cui dovevo del denaro» minimizzò Leonardo. «Mi sta dietro da un po', ma l'ho sistemato.»

«Leonardo...»

«Tranquillo, Neri. Tranquillo. Va tutto bene, non appena mio padre mi darà il solito mensile pagherò tutti i conti in sospeso. Rilassati, sei in una botte di ferro.»

Lui inarcò visibilmente le sopracciglia verso l'alto, quasi fino a farle sfiorare dalla zazzera di ciuffi biondi che gli ricadeva sulla fronte, e ammise: «Mi preoccupo più per te che per me, se proprio vuoi saperlo.»

Leonardo gli sorrise teneramente e balzò in piedi, con l'aspetto di un uomo nuovo rispetto a pochi istanti prima. «Sei proprio carino a preoccuparti per me, non lo fa mai nessuno» disse. «Ora però rimettiamoci a lavoro. Non ti pago per preoccuparti, ma per posare!»

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