Capitolo 4: Nuove emozioni

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Firenze, 1471

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Firenze, 1471

«Tu questo lo chiami divertimento?» sbraitò Neri per farsi udire da Leonardo.

«Altroché» urlò quello di rimando.

Neri si aggrappò al giovane, mentre una leggera ebbrezza si impossessava dei suoi sensi come un liquore ben stagionato. Il tuffo di dieci metri gli spinse lo stomaco in gola, ma la sensazione che provò durante la discesa fu esaltante. Questo però non lo avrebbe mai ammesso con Leonardo, se non altro per privarlo della soddisfazione di averla sempre vinta.

Quando lo aveva portato su quella collina, poco fuori Firenze, e gli aveva mostrato l'enorme impalcatura di legno che precipitava verso il terreno con un'inclinazione assurda, Neri era rimasto a bocca aperta nell'apprenderne la funzione.

«Ma è terrificante!» aveva esclamato. «Perché mai uno dovrebbe voler scivolare su quell'affare?»

Leonardo aveva tentato di sminuire le sue obiezioni sulla pericolosità del gioco, dicendo che in Russia ne costruivano di molto più alte – anche il doppio della sua – e che persino gli Zar amavano le montagne russe. Neri era stato categorico nel suo rifiuto di salire la scala fino in cima e di entrare in quella specie di slittino con le rotelle, eppure Leonardo era riuscito a trascinarselo dietro. Quantomeno, Neri poteva negare di averlo trovato divertente.

A sé stesso, però, ammise che quel ragazzo lo affascinava parecchio. Era facile sentirsi a proprio agio con lui grazie al suo carattere allegro e alla sua naturale socievolezza. L'unico difetto che Neri gli trovasse, fino a quel momento, era che Leonardo amava in modo smisurato il suono della sua stessa voce. Poteva parlare per ore di arte e letteratura, o anche soltanto della natura che li circondava; trovava divertente il modo in cui lui rimaneva a bocca aperta di fronte ad alcune osservazioni, e si lanciava subito in una nuova spiegazione.

Neri doveva ammettere anche che cominciava ad apprezzare la compagnia di Leonardo, e che si stava forse affezionando a lui più di quanto sarebbe stato saggio. Ma non aveva mai avuto nessuno con cui scherzare e bighellonare, o anche solo a tenergli compagnia. Leonardo era la cosa più simile a un amico che avesse mai conosciuto e quella sensazione gli piaceva. Era un giovane ricco e viziato, questo era evidente; forse, presto, lo avrebbe scartato via come un bozzetto venuto male a cui aveva rinunciato del tutto, ma Neri sperava segretamente che non lo facesse.

La loro giornata all'insegna del divertimento terminò quando lui si rifiutò di fare la discesa una quarta volta e annunciò di dover tornare in città per il suo turno serale alla taverna. Si salutarono su una via poco affollata, percorsa solo da qualche garzone che si apprestava a rincasare prima del vespro. Neri raggiunse la taverna dove viveva un quarto d'ora dopo, ancora inebriato dalle acrobatiche scivolate del pomeriggio.

Quando aprì la porta sul retro del locale, da cui normalmente entrava e usciva, fu accolto da una manata sulla faccia.

Negli istanti successivi, le uniche cose di cui era consapevole si ridussero alla scomoda e gelida presenza della nuda pietra sotto la sua nuca e a un dolore pulsante all'occhio sinistro. Si sentiva talmente stordito da non riuscire a rialzarsi.

«Finalmente ti fai vivo, piccolo furfante» grugnì l'oste. «Questa è l'ultima volta che mi freghi, capito? Ho trovato queste tra la tua roba.»

Neri lottò per concentrare quel poco di attenzione di cui era capace sul grosso palmo sudaticcio dell'uomo: vide le monete che aveva trattenuto dalle mance della settimana precedente. Non erano granché, bastavano a malapena per una pagnotta, ma l'oste era furibondo.

«Sparisci e non farti più vedere, altrimenti giuro che t'ammazzo, cane!» Il bestione girò le spalle e si tirò dietro la porta con un rumore secco.

Neri lasciò ricadere indietro il capo, notando con la coda dell'occhio la sua piccola sacca di tela gettata accanto ai rifiuti. Ora era davvero nella merda fino al collo. Si concesse solo qualche attimo in più per riprendere le forze e commiserarsi, nel timore che l'oste tornasse. Poi, con fatica, si mise in piedi e si trascinò lontano da lì, gettandosi la sacca con tutti i suoi averi sulle spalle.

Vagò per le vie semibuie, strisciando come un verme da una parete all'altra nel tentativo di sorreggersi e di trarre forza da quelle mura robuste, senza sapere dove andare o a chi chiedere aiuto, finché non si ritrovò nell'unico luogo dove potesse sperare in un riparo per la notte.

Bussò due volte, ma non ricevette risposta. Allora si accasciò sul pianerottolo stringendo al petto la sua sacca e abbandonandovi sopra la testa pesante. Non sapeva quanto tempo fosse passato quando qualcuno lo scosse con forza, svegliandolo.

«Che ci fai qui a quest'ora?» gli domandò Leonardo. Lo stupore che traspariva dalla sua espressione mutò rapidamente in preoccupazione non appena vide il livido sul suo volto. «Ma che ti è capitato?»

«Non è niente» mugugnò Neri con la bocca impastata. «Ho solo bisogno di un posto per stanotte.»

Leonardo si chinò di fronte a lui, ispezionando a distanza l'occhio malandato. «T'hanno buttato per strada, non è vero? Se avevi bisogno di soldi potevi chiederli, ti avrei dato un anticipo.»

«Non chiedo l'elemosina» sibilò Neri a denti stretti voltandosi di lato per sfuggire al suo esame.

«Ma guardalo!» sbottò Leonardo. «Un ladro con un orgoglio da difendere. Potevi sfilarmi il denaro dalla cintura, allora. Non me la sarei presa...»

«Non derubo la brava gente che mi offre un lavoro onesto» replicò Neri offeso.

Leonardo fu zittito dai suoi modi bruschi, e rimase lì a dondolare in punta di piedi, indeciso. «In piedi» disse infine afferrandolo per il braccio e tirandolo su. «Puoi stare da me finché non trovi un altro posto, o finché ti va di rimanere.»

Neri sospirò, tenendo lo sguardo basso, e rispose: «Grazie. Me ne vado domani.»

«Non c'è fretta, davvero. Sarà bello avere compagnia per un po'» insisté Leonardo, dandogli una leggera pacca sulla spalla. Poi si voltò e frugò nelle tasche per qualche secondo prima di tirare fuori la chiave e infilarla nella serratura. «Che aspetti?» gli domandò quando si accorse che Neri esitava sulla soglia.

«Perché fai tutto questo per me?» chiese lui in un sussurro.

«Perché mi stai simpatico... e perché penso che sei un bravo ragazzo – solo un po' sfortunato.»

Neri sorrise suo malgrado, provocandosi una fitta di dolore al lato sinistro del viso.

«Andiamo» disse Leonardo strizzandogli l'occhio, «ti mostro il tuo letto. Forse sei abituato a ben altro, quindi vedi di accontentarti.»


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