Capitolo 20: Confessione

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 Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Il mattino apparteneva a tutti, alla gente comune e ai nobili altolocati, ai santi e ai peccatori. Di notte, invece, erano i secondi a fare da padroni, poveri o ricchi che fossero, mentre i retti e gli ipocriti se ne stavano a letto, lontani dalle strade buie e disseminate di pericoli e tentazioni.

Ma non l'alba.

Quel breve e sacro intervallo di tempo, a metà tra il sonno e la veglia del mondo, era riservato a pochi eletti. A quei pochi sventurati – indipendentemente dalla natura o dallo status quo della loro persona – che, come Neri, si apprestavano a iniziare una dura giornata di lavoro. Ce n'erano altri poi, altrettanto sventurati, di ritorno da una nottata altrettanto faticosa, che dovevano ancora godere di un ben meritato riposo. Il drappello di baldracche agghindate che sostava sul Ponte Vecchio ne era un esempio.

Neri gettò loro un'occhiata noncurante e si slacciò le braghe, sporgendosi oltre il parapetto per svuotare la vescica nell'Arno. La corrente del fiume avrebbe fatto il resto, disperdendo i suoi bisogni insieme ai consueti scarti maleodoranti seminati dai barroccini dei beccai, anche loro desti e indaffarati nelle loro botteghe traballanti poggiate su pali di legno e affacciate sull'acqua.

Leonardo nascondeva qualcosa – qualcosa di cui si vergognava. E Neri sapeva che l'amico si era accorto dei suoi sospetti, infatti era stato molto più cauto del solito. Negli ultimi due giorni, lo avevano tenuto occupato un po' il lavoro e un po' la bella gatta da pelare che gli aveva rifilato Piera, ma lui non aveva messo da parte l'altra faccenda riguardante il fratello della ragazza.

Erano questi i pensieri che lo pungolavano mentre si rimetteva in cammino, superando le donne che offrivano la scollatura esagerata a un povero novizio abbacinato, litigandosi il cliente. Presto non avrebbero più avuto bisogno di elemosinare per un briciolo d'attenzione; con l'inizio del Carnasciale, ormai imminente, una clientela copiosa e ingorda avrebbe inondato le strade di Firenze per una scorpacciata di dissoluti passatempi, in anticipazione del rigido digiuno della Quaresima.

Senza quasi rendersi conto del passare delle ore, Neri terminò il suo giro di consegne e si trascinò di malavoglia verso casa, anziché imboccare la via per la prima osteria nelle vicinanze e farsi servire un boccale del rimedio più antico ed efficace per i guai.

Giunse con lo sguardo basso e perso nel vuoto fino ai gradini esterni della piccola abitazione, e quasi gli prese un colpo quando una grossa mano gli afferrò la spalla.

Neri si divincolò, voltandosi. «Che vuoi da me?»

Un uomo tarchiato e bassino, con la faccia segnata da una vita di fatiche e la pelle imbrunita e indurita dal sole fino a sembrare cuoio, lo fissava con un solco profondo scavato tra le folte sopracciglia di un biondo sbiadito e spento, simile a quello dei capelli unti e disordinati. «Sto cercando una persona, forse puoi aiutarmi ragazzo. È un tale di nome Leonardo da Vinci, dovrebbe alloggiare da queste parti. Lo conosci?»

Un brivido freddo gli scivolò lungo la schiena, come quando un'inaspettata goccia si stacca dal fondo di un balcone e s'infila di soppiatto dentro al colletto della camicia.

«Perché, chi lo cerca?» chiese con voce titubante, temendo di conoscere già la risposta.

«Sono un suo... parente. Mia figlia dovrebbe essere con lui, magari l'hai vista. Una ragazza abbastanza alta per la sua età, e graziosa. Si fa notare. Ne sai qualcosa?» L'uomo aveva un'aria composta, ma lui riconosceva bene quella scintilla di impazienza e rabbia nei suoi occhi.

Neri annuì con veemenza e, ringraziando il cielo per la sua prontezza di spirito, rispose: «Ma certo! Certo che conosco da Vinci, quel disgraziato! È sparito nel nulla qualche giorno fa senza lasciare nemmeno un quattrino del denaro che deve a mia madre per l'affitto di questa catapecchia.» Indicò l'appartamento alle sue spalle e poi fece per afferrare il braccio dell'uomo. «Visto che sei un parente, ti farai carico del suo debito. Non pensare di passarla liscia!»

L'espressione del contadino si fece subito allarmata; ora non vedeva l'ora di levarsi di torno. Ma ebbe il coraggio di chiedere un'ultima volta: «E mia figlia quindi? Non era insieme a lui?»

«Non ho visto nessuna ragazza qui, e ringrazia Dio! Se ci fosse stato qualcun altro ti avrei fatto pagare il doppio» rispose Neri, rincarando la dose di stizza nel suo tono.

Una volta avuta quella risposta, l'uomo si allontanò farfugliando scuse, con lui che gli urlava insulti fingendo di non riuscire a stargli dietro mentre quello se la dava a gambe levate.

Neri si precipitò subito su per le scale, ma cercò di non apparire eccessivamente agitato quando aprì la porta.

Leonardo e Piera erano seduti accanto al braciere, ridevano spensierati come se non avessero preoccupazione alcuna. Gli rivolsero un saluto sbrigativo, concentrati com'erano sul nuovo progetto di Leonardo.

«Credo che la chiamerò clavi-viola» stava dicendo lui.

«Ma che nome originale, davvero ben studiato fratello!» lo prese in giro la ragazza.

«Allora suggeriscine uno tu se pensi d'esser più brava.»

Neri provò una strana fitta nel dover interrompere quel momento di serenità. Fece un leggero colpo di tosse per attirare la loro attenzione. «Abbiamo un problema» disse cupo.

L'atmosfera cambiò di colpo, come se avessero avvertito nell'aria il tipico odore che precede un temporale.

«Piera, mi dispiace, ma è arrivato il momento di dire la verità a Leonardo.»

Due paia di occhi si piantarono su di lui, gli uni spalancati dalla paura e gli altri socchiusi per lo smarrimento. Neri vide la comprensione farsi largo pian piano sul volto dell'amico, seguita dall'ombra del tradimento. Fratello e sorella si guardarono, ma nessuno dei due osò parlare per primo.

«Ho appena incontrato tuo padre qua fuori» disse lui.

«Mio padre?» fecero all'unisono i due.

«Tuo padre.» Neri indicò la ragazza.

Seguirono alcuni istanti di silenzio, interrotti solo dal suono aspirato dei respiri agitati di Piera.

«Qualcuno vuole dirmi che sta succedendo?» Leonardo aveva la voce tesa come una corda di violino.

«Te lo dirà tua sorella, non è vero?»

La ragazza sembrava essere tornata nello stato in cui si trovava la notte del suo arrivo, e non pareva aver l'intenzione o l'abilità di parlare.

Neri cercò di essere diretto senza risultare troppo duro. «È venuto qui a cercare tuo fratello, Piera. L'ho mandato via, ma è solo questione di tempo prima che lo trovi. Lo cercherà alla bottega, o peggio, andrà da suo padre. La verità verrà comunque a galla. Non pensi sia meglio che Leonardo sappia da te come sono andate le cose?»

Con una buona dose di pazienza da parte di Neri, di lacrime da parte di Piera, e di imprecazioni da parte di Leonardo, arrivarono alla fine del racconto sentendosi tutti più sollevati. Ora che la ragazza aveva finalmente la coscienza più leggera, si era addormentata tra le braccia del fratello.

Anche Neri sentiva di essersi liberato di un peso, o quantomeno di averne condiviso una grossa parte e di poter tirare un sospiro di sollievo. Non si illudeva, però, che quella sensazione sarebbe durata ancora a lungo.



Nota dell'autrice❞ I beccai erano i macellai, ai quali venne imposto, a partire dal 1442, di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro e salvaguardare così la pulizia e il decoro della città. In questo modo gli scarti delle lavorazioni delle carni che i loro carretti si lasciavano dietro si disperdevano nel fiume senza problemi.

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