Capitolo 1: Un giorno qualunque

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Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Il caotico via vai di gente tra un banco e l'altro offriva come al solito un rassicurante senso di accoglienza. Era una piacevole sensazione quella di venire travolti dal ritmo frenetico del mercato del lunedì ed essere parte di qualcosa, fingere di essere una persona qualunque che faceva compere – una persona diversa.

Nell'aria, il profumo dell'olio nuovo si mescolava a quello del pane caldo appena sfornato, mettendo un certo appetito. Il mercante urlava a squarciagola, invitando i passanti a provare i suoi prodotti, elogiandone l'eccellente qualità. Neri infilò la mano nella tasca cucita tra le pieghe dell'abito ormai logoro, pur sapendo che l'avrebbe trovata vuota.

Non metteva niente nello stomaco da più di due giorni, e se non si fosse deciso a darsi una mossa le cose non sarebbero cambiate. Sistemò meglio il fazzoletto intorno al collo, infilandolo dentro la scollatura del busto per camuffare il suo petto liscio come una tavola, e si incamminò tra le fila di banchi ricolmi alla ricerca di una facile preda da abbindolare mentre cercava con determinazione di ignorare l'aroma invitante delle spezie usate per condire le pietanze. Una volta superata la zona che offriva maggiori tentazioni, Neri si concentrò meglio sull'obiettivo: trovare un pollo da spennare.

Un uomo grassoccio sulla cinquantina stava contrattando con un venditore di fronte a un banco che esponeva pelli di montone; sembrava fare proprio al caso suo: occhietti neri da topo, una disgustosa lascivia a stento repressa ogni qualvolta una donna si accostasse per dare un'occhiata al banco, abiti semplici ma raffinati – il che, se si considerava la tenacia con cui l'uomo cercava di tirare sul prezzo del suo acquisto, significava probabilmente che era uno di quei ricchi tirchi che portavano addosso un bel gruzzolo con l'illusione che gli facesse sembrare le palle più grosse, ma senza alcuna intenzione di separarsene. In più, il viscido era tarchiato abbastanza da potergli sfuggire con facilità.

La sua prima e unica regola era infatti: mai farsi acciuffare. Per questo Neri sceglieva con cura chi prendere di mira – anche a costo di patir la fame per qualche giorno. Meglio uno stomaco vuoto che il ceppo, o peggio.

Un improvviso schiamazzo dall'altro lato della piazza fece voltare le teste dei mercanti e dei loro clienti in quella direzione. Neri gettò un'occhiata, incuriosito dalla causa del trambusto, e si ritrovò a naso per aria a seguire uno strano uccello dal piumaggio variopinto mentre si levava in cielo, trovando la libertà oltre le fitte tende del mercato. Doveva essere sfuggito per errore a uno dei venditori.

Quel momento di distrazione generale gli fu più che sufficiente per avvicinare lo sconosciuto che intendeva alleggerire. Neri si piazzò a fianco dell'uomo, fingendo un capogiro per l'agitazione improvvisa; questo si offrì prontamente di scortarlo in un punto meno affollato per riprendere aria. Una volta raggiunto un vicoletto tranquillo, lo sconosciuto gli poggiò una mano sulla vita, facendo scivolare le sue dita grassocce tra le pieghe sbiadite dell'abito.

«Ragazza mia, sembra che tu abbia un gran bisogno di stenderti. Lascia che ti offra la mia ospitalità, la mia abitazione è poco più avanti.» Incredibile, gliene era capitato uno pavido. Solitamente lo tiravano fuori dalle braghe senza tante cerimonie.

Neri annuì e si sporse in avanti reggendosi all'uomo, poco più basso di lui. In un istante, le sue abili dita trovarono il rigonfiamento della scarsella col denaro appesa alla cintura e la rimossero con destrezza, senza che il malcapitato si accorgesse di ciò che gli stava succedendo. A quel punto gli sferrò un calcio deciso tra le gambe e si mise a correre in direzione del mercato per confondersi tra la folla mentre il lurido bastardo si piegava in due dal dolore. Sarebbe stata sufficiente una spinta per levarselo di torno, ma Neri pensò che si fosse meritato un bel calcio sulle palle.

La corrente umana del mercato lo travolse proprio quando l'uomo nel vicolo alle sue spalle iniziò a gridare: «Al ladro! Fermate quella ragazza!»

La gente lì intorno lo fissava incuriosita, ma nessuno cercò di fermarlo. Non avrebbero esitato un momento se si fosse trattato del giovane pallido ed emaciato vestito di stracci quale Neri era in realtà; ma con indosso il suo travestimento appariva come una fanciulla spaventata in fuga da un laido approfittatore. Neri cambiò direzione diverse volte per far perdere le proprie tracce e si fermò a riprendere aria solo quando fu certo di non avere nessuno alle calcagna.

Si lasciò scivolare lungo una parete di mattoni, fino a ritrovarsi seduto sulla terra battuta che odorava vagamente di piscio. Poi svuotò la piccola borsa di cuoio nel suo grembo e sorrise, ammirando il bottino. Finalmente avrebbe messo qualcosa sotto i denti.

Dopo essersi concesso qualche istante di riposo, sognando focacce e pasticci di carne da addentare, Neri si rimise in piedi e s'incamminò verso casa – se così poteva davvero definirla. Il suo attuale alloggio consisteva di un misero sottoscala in una taverna dove serviva ai tavoli la sera, e che gli costava praticamente ogni singolo quattrino guadagnato lì dentro. Tuttavia gli toccava quello oppure dormire per strada.

Svoltato l'angolo, Neri notò degli uomini che gesticolavano animatamente. Non appena lo vide uno di loro iniziò a sbracciarsi indicandolo. «Eccola. È lei!» urlò l'uomo che aveva appena derubato. Neri imprecò con le peggiori parole che conosceva e ricominciò a correre come un forsennato, ripercorrendo la via da cui era venuto. Si maledisse mille volte per aver sottovalutato l'attaccamento di quel botolo boccalone al suo denaro. La strada sembrava farsi sempre più affollata, un ostacolo dopo l'altro gli si parava davanti sbarrandogli il passo; gli tornò alla mente l'ammonimento del frate che predicava nei pressi del Ponte Vecchio: la provvidenza è la trappola dei disonesti.

Solo di quelli troppo stupidi o troppo lenti da farsi acciuffare! pensò Neri.

Finalmente intravide una via di fuga attraverso una viuzza laterale che si apriva poco più avanti alla sua destra, e ci si fiondò come un disperato. Si voltò indietro senza smettere di correre dopo aver imboccato il vicolo per assicurarsi che non lo seguissero, e di colpo, senza sapere come, si ritrovò steso a terra. Fece appena in tempo a sollevarsi sui gomiti che i suoi inseguitori lo avevano già raggiunto.

«Preso» annunciò con un ghigno trionfale la vittima del suo raggiro.

Forse l'ultimo che Neri avrebbe mai avuto l'occasione di fare. 

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