<<Diciamo che anche io e la tua insegnate l'abbiamo fatto. Lei ha salvato me, ed io ho salvato lei>>, dissi, alzando le spalle.

<<Quindi domani devo ringraziarla, no? Perché ti ha aiutato ed è una persona di cui posso fidarmi, no?>>, disse. Aveva l'abitudine di ripetere quel "no", dopo ogni domanda che faceva, Era una cosa che trovavo estremamente tenera, ma sapevo che le insegnanti avrebbero fatto qualcosa per fargli togliere questo vizio.

<<Non vedo perché non dovresti farlo, Alan. Se senti che è la cosa giusta da fare>>, dissi.

<<Sì, voglio farlo! La signorina Hernandez è molto carina e simpatica, mami. Quindi, voglio ringraziarla>>, disse, mostrandomi un sorriso a trentadue denti.

<<Ringraziala anche da parte mia. Non credo mai di poter smettere di farlo>>, dissi, sussurrando per me stessa l'ultima parte.

<<Comunque...come mai ti ha suggerito lei il mio nome?>>.

Flashback

Camila era sempre più vicina alla data del parto, e l'agitazione tra di noi era cresciuta tantissimo.
Mi allarmavo ad ogni piccolo dolore che provava, le ero accanto in ogni momento e la notte dormivo sempre con un occhio aperto, perché dovevo assicurarmi di essere pronta ad ogni evenienza.
Non avevamo ancora deciso il nome per il bambino, poiché Camila aveva deciso di darglielo mentre lo guardava negli occhi. Mi piaceva l'idea, così avremo potuto dargli un nome che si abbinava bene con la sua faccia. E poi, immaginavo già il piccolino che faceva dei versetti per farci capire se il nome gli piaceva o meno.
Mi trovai a sorridere in classe, mentre i ragazzi finivano di scrivere un saggio che avrebbero dovuto consegnarmi tra meno di...merda! Alzai lo sguardo sull'orologio, rendendomi conto che il tempo era ormai scaduto.
Notai che alcuni si affrettavano a scrivere le ultime cose, quindi, proprio come facevo ogni singola volta, aspettavo sempre un po' prima di ritirare i compiti.

<<Adesso il tempo è scaduto, anche i miei cinque minuti aggiuntivi>>, dissi, lanciando un'occhiata veloce ad i ragazzi, per assicurarmi che nessuno si lamentasse.
C'erano un paio di loro che amavano la scrittura talmente tanto, che spesso si dilungavano troppo e non riuscivano a scrivere tutto quello che dovevano scrivere. Per questo, dicevo sempre a tutti loro di essere brevi e decisi, andando direttamente al punto. Inoltre, per determinati tipi di esami scritti, c'era bisogno che si parlasse di quel caso specifico e non provare a parlare di tutto in generale per scrivere sempre di più. Alcuni avevano subito capito a cosa mi riferivo, ed ormai non avevano più difficoltà, altri cercavano ancora di fare colpo su di me e stupirmi scrivendo cose che magari non avevo nemmeno chiesto.
Man mano che andavano via, i ragazzi lasciavano i compiti sulla mia scrivania e poi mi salutavano. Quando la classe fu completamente vuota, iniziai a sistemare i fogli. Li misi tutti raggruppati, in modo tale da non confondermi con altri esami di altre classi.
Mentre mi preparavo per andare via, mi resi conto che c'era qualcuno poggiato contro lo stipite della porta. I miei vecchi riflessi da criminale mi permettevano ancora di rendermi conto quando qualcuno si avvicinava di soppiatto a me, e fortunatamente non portavo più con me la pistola, altrimenti sarei già finita in galera.

<<Professoressa Jauregui, eh? Le cose cambiano in fretta>>, disse una voce conosciuta.
Mi voltai velocemente verso di lei, sorridendole. Non la vedevo da quella mattina sul tetto, quando mi raccontò la sua storia con Niall.
Successivamente, avevo scoperto che il suo arrivo aveva aiutato Lewis ed il suo gruppo. Aveva dato loro il primo soccorso, dopo aveva chiamato l'ambulanza e si erano salvati tutti. Se non fosse stato per lei, adesso quel coglione non sarebbe stato più in vita, così come gli altri suoi amici.

<<Camila aveva le amicizie giuste>>, dissi, alzando le spalle. <<Cosa ci fai qui? Ho perso tue tracce da parecchio...pensavo fossi andata via>>, continuai, alzandomi in piedi.
Le feci cenno di entrare, ma lei rifiutò con un movimento veloce della mano.

<<Magari tornerò tra un paio di anni, ma per il momento ho solo bisogno di andare un po' via. Sai, in questo periodo ho chiesto aiuto a Lewis e...diciamo che mi ha aiutato a ritrovare i miei genitori. Ero andata via di casa troppo giovane, ed è arrivato il momento che io faccia ammenda>>, disse lei.

<<E perché mai sei qui, allora? Va' dalla tua famiglia>>, dissi, sorridendole. Se lo meritava.

<<Volevo solo salutarti, Lauren. Non so quando ritornerò. E volevo ringraziarti per riavermi dato speranza, potrà sembrare strano, ma il semplice sapere che avevo qualcuno da cui andare...mi ha fatto cambiare idea su parecchie cose>>, disse.

<<Oh...Ally...non c'è bisogno che tu mi ringrazi. Ti meriti tutto il bene del mondo, ovunque tu credi che sia questo bene. Quindi, vai e seguilo>>, dissi.

<<Comunque, ho saputo che Camila è in dolce attesa>>, disse, sorridendo. Era un sorriso sincero, quindi compresi che era davvero felice di aver sentito quella notizia.

<<Sì, ed è anche molto vicina alla data del parto>>, dissi, sospirando.

<<Posso svelarti un segreto?>>, chiese. Annuii, guardandola con attenzione.

<<Quando seppi di essere incinta...mi...sapevo di non poter abortire, quindi sapevo di volerlo tenere. Si dice che le donne sentono un po' prima il sesso del bambino, a seconda delle voglie che hanno durante la gravidanza, oppure dal modo in cui dormono, ma io credo che una donna lo senta da subito. Be', io ero convinta che il mio sarebbe stato un maschio. Mi sarebbe piaciuto chiamarlo Alan>>, disse, abbassando lo sguardo.
Mi avvicinai a lei, quindi le poggiai le mani sulle spalle e la guardai negli occhi. Dio, come era possibile che così giovane, quella ragazza avesse sofferto così tanto? 

<<Se incontri un piccolo bambino di nome Alan, che somiglia particolarmente a Camila, oppure che- a detta sua- "avrà i tuoi stessi occhi verdi, perché altrimenti gli compro le lenti colorate", allora saprai di essere faccia a faccia con mio figlio>>.

Fine Flashback

<<Cosa bisbigliate voi due?>>, chiese una voce alle mie spalle.
Alan fece un salto dal bancone, facendomi perdere trent'anni di vita, e poi corse verso Camila.
Le saltò subito in braccio, facendo poi quella cosa che faceva sempre quando si trovava tra le braccia di sua madre: poggiò la sua guancia contro quella di Camila, e si mosse leggermente. Sembrava un piccolo gattino che faceva le fusa, ed era estremamente adorabile.

<<Perché non racconti ad Alan perché si chiama così?>>, le dissi. Camila sapeva perché avevo scelto quel nome, dato che le avevo raccontato tutta la storia. Ovviamente, a lei era piaciuto il nome e l'avevamo scelto, alla fine.

<<Io e tua madre ci conoscemmo più o meno quando avevamo sedici, diciassette anni- tra parentesi, questa sarà l'età in cui potrai iniziare a vedere delle ragazze...>>, iniziò Camila, in maniera teatrale.
Sapevo che non gli avrebbe raccontato la vera storia, e mi piaceva proprio sapere cosa si sarebbe inventata quella volta.
Un paio di draghi, unicorni e fate prigioniere di draghi dopo, lei aveva finito la sua storia ed Alan la guardava con gli occhi spalancati.

<<Quindi, la signorina Hernandez è un angelo?>>, sussurrò lui, con la bocca spalancata.

<<Esatto. Perciò, shh!>>, disse Camila, poggiando l'indice tra il naso e le labbra.
Io feci lo stesso, e alla fine, anche Alan fece lo stesso.

Non aveva idea di quanta verità ci fosse nelle sue parole: Ally Brooke Hernandez era un angelo vero e proprio. Un angelo dalle ali nere.

Stockholm SyndromeWhere stories live. Discover now