Capitolo 8

2.9K 191 3
                                    

- Quizá esa pulsera tan gastada y a punto de romperse que lleva en la muñeca , tiene más recuerdos que moda. Y por eso sigue ahí.
(Forse quel bracciale così rovinato e che sta per rompersi che porta al polso, ha più ricordi che moda. Per questo continua ad essere lì)

Camila's pov

Quando la porta venne aperta nuovamente, quello stesso giorno (Lauren mi aveva portato anche il pranzo durante la sua prima visita), fui stupita di vedere una ragazza alta e bionda fare il suo ingresso. Non l'avevo mai vista prima, quindi non sapevo molto bene se potevo fidarmi o meno di lei.
Mi spinsi con la schiena contro la testiera del letto, alzando in maniera difensiva le ginocchia contro il petto. La guardai curiosa, mentre mi rivolgeva le stesse attenzioni. Prese a studiarmi, come se fosse lei quella in trappola e non il contrario.
Era alta e bionda, proprio come avevo già detto, eppure si vedeva che non fosse un biondo naturale. La sua carnagione era olivastra, regalandole una bellezza quasi esotica. I suoi occhi color miele davano l'impressione di essere duri, ma si vedeva benissimo che in fondo ci fosse anche della dolcezza. La cosa che mi spaventava un po' di lei, era quella grande cicatrice che partiva accanto all'occhio e continuava lungo tutta la mascella.

<<Questo è tuo>>, disse, posando una busta ai piedi del letto. Non si era avvicinata troppo a me, come se avesse capito quanto mi sentivo a disagio. Capii che erano le pillole che avevo chiesto.

<<Grazie>>, dissi, debolmente.

<<Comunque, io sono Dinah Jane>>, disse.

<<Camila>>, dissi io. Lei rise, come se le avessi appena raccontato una battuta. La fissai confusa, piegando la testa di lato come un cucciolo smarrito.

<<Anche se sono arrivata dopo la tua dipartita, non vuol dire che io non sappia chi tu sia>>, mi spiegò. Bene, quindi lavorava per Lauren. Tuttavia, doveva essere arrivata dopo che avevo lasciato la città, siccome non ricordavo di averla mai vista in giro.

<<Non credo di seguirti>>, dissi. In realtà, immaginavo come poteva conoscere il mio nome una donna che non avevo mai visto. Sicuramente Lauren doveva aver parlato di me, dicendo che mi odiava che non poteva sopportarmi, magari anche minacciare di farmi del male...Però volevo sentirlo dire, magari perché ero una maledetta masochista.

<<Lauren sembra una donna senza timori, sembra quasi che non ci sia niente al mondo che possa spaventarla o portarla in uno stato di miseria. Eppure...tu ci sei riuscita>>, disse, incrociando le braccia al petto. <<Insomma, passava notti intere a drogarsi e fumare, finché non riusciva nemmeno più a camminare o a ricordare chi era, però mormorava sempre il tuo nome. Sembrava quasi che non bevesse mai abbastanza per dimenticarti>>, continuò.
I sensi di colpa che avevo sentito fino a quel momento, non erano per niente simili a quelli che sentivo in questo preciso istante. Un conto era immaginare il dolore che aveva potuto aver provato, un altro conto era sapere perfettamente cosa aveva subito; avere la parola di qualcuno che le era stato accanto.
Certo, io non potevo essere da meno, dato che- tranne per l'alcol e le droghe- anche io avevo permesso alla mia tristezza di afferrarmi e farmi annegare lentamente. Solo che poi era arrivato Shawn, sotto forma di luce alla fine del tunnel, ma non sapevo chi fosse arrivato per lei. Sempre che qualcuno fosse arrivato.

<<Ero curiosa di sapere che aspetto avesse la donna che l'aveva resa un disastro ambulante. Non credevo che un esserino così piccolo potesse ridurre una come Lauren in quello stato>>, mormorò verso la fine.
Cercai di dire qualcosa in mia difesa, come se dovessi darle davvero delle spiegazioni, ma non riuscivo ad aprire la bocca senza che il magone alla gola si facesse sentire. Mi sembrava quasi che stessi accumulando veleno nello stomaco, e che se avessi detto una parola, avrei vomitato quella bile. 

Stockholm SyndromeWhere stories live. Discover now