Fuga

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16.

Scappò, scappò prima che Ryan potesse dire altro, prima che lui le aprisse il cuore o si dichiarasse. C'erano due parole che temeva, cinque singole lettere.
Corse via come il vento, come se inseguita da un assassino; svoltò a destra poi a sinistra, si perse nel mare di gente che come consueto affollava le strade della città. Scese velocemente le scale e si lanciò nella metro pochi attimi prima che le porte si chiudessero, atterrò a pochi millimetri dalla ventiquattrore di un pendolare tra gli sguardi confusi delle persone.

Doveva assolutamente sedersi, capire dove andare, dove scappare e come distarsi. Non poteva tornare a casa, quelle quattro mura erano il luogo meno congeniale dove rifugiarsi, sapeva che appena varcata la porta un vortice di pensieri, paranoie e confusione l'avrebbe accolta lasciandola al buio a combattere contro sé stessa e il suo desiderio di non guardarsi dentro; questa volta non sarebbe stato il sogno del volo a tenerla sveglia.

Afferrò la borsa e vi frugò in cerca di una qualsiasi cosa che le potesse darle un'idea, un pettine, uno specchio, un'agenda, le chiavi di casa, la lista.

Aprì quel foglio ormai rovinato dalle migliaia di letture, dalle macchie di cibo e dalle nottate stretta nelle braccia dormiente di Phire. Chiuse gli occhi e scelse un nome, questa volta era tutto in mano al caso, non importava né il suono del nome né il sesso. Nei pochi attimi prima di alzare le pesanti palpebre e scoprire l'identità scelta, sperò con tutta sé stessa di dover partire, di dover saltare sul primo pullman e dirigersi lontano. Stava scappando, voleva scappare, ma le serviva un motivo che non fosse la semplice paura delle parole di Ryan.

Si affidò alla fortuna, quella che fino a quel momento le aveva voltato le spalle, quella che bendata l'aveva consegnata ad una catena di sciagure.

La metro si fermò e scese al volo, controllò la destinazione raggiunta; era abbastanza lontana dal museo e da casa sua, parte della fuga era stata completata, ora avrebbe dovuto rintracciare il nome segnato, quello scelto dal destino. Risalì in superfice scalino dopo scalino, era ormai notte e l'oscurità come un velo l'accolse coprendo i suoi occhi ancora lucidi e il suo naso rosso.
Sbloccò il telefono. Abbassò l'accecante luminosità. Iniziò a cercare il suo obiettivo: Clau Loutil.

C'era una pagina a lui dedicata su Wikipedia, il suo nome era su tutte le testate dei giornali sportive affiancato dalla parola "rivelazione". In rete c'era di tutto sul suo conto, dagli scandali rosa più recenti alla sua biografia. Stasera avrebbe partecipato alla premiazione in un teatro cittadino dall'altra parte del fiume.

Non c'era bisogno di lanciare nessuna monetina, ad entrambe le facce avrebbe affibbiato la stessa parola:

"vado".

Riscese nel cuore della Terra e prese nuovamente la metro, questa volta il suo umore era completamente diverso, non aveva bisogno di correre o piangere, era in missione; qualcosa, nonostante non lo volesse ammettere, le occupava la mente, ogni singola parte del suo cervello era impiegata nell'immaginare la serata che l'avrebbe attesa, a pianificare.
Come avrebbe fatto ad entrare?
Non indossava un abito elegante e soprattutto non era nessuna personalità di spicco nel mondo del calcio, o in generale nel mondo, a differenza di Clau che a soli diciannove anni era diventato il direttore sportivo del club più importante del paese e per questo sarebbe stato premiato. Era diventato una Rivelazione.

<<Teatro Aleluì>>

Pronunciò il nome del teatro che come un'imponente tempio greco si innalzava dall'altro lato della strada.
Tra le quattro colonne in marmo che reggevano il timpano triangolare, centinaia di persone si accalcavano lungo dell'eleganti transenne che delimitavano il red carpet.
Non aveva mai visto una cosa del genere, i flash dei fotografi erano più abbaglianti delle poche stelle in cielo; l'intera città si era bloccata all'arrivo di una limosine nera. La porta si aprì.

Clau sembrava ancora più piccolo della sua età, barba rasata, capelli gelatinati, occhi verdi e lucidi. Nonostante fosse su tutti i quotidiani, non sembrò così a suo agio davanti ai fotografi, con movimenti robotici si diresse verso l'ingresso inchinandosi verso la folla come per ringraziarli dell'accoglienza calorosa.

Avrebbe preso lo stesso volo di una celebrità, probabilmente gli avrebbe salvato la vita oppure il suo nome sarebbe stato uno dei tanti in una lista che avrebbe accompagnato quello della star del momento: Clau.

La gente accalcata all'ingresso entrò lentamente, svuotando in pochi minuti il marciapiede.

Senza quel casino quel lungo tappeto rosso non era altro che una lingua sporca di tessuto, aveva perso il suo fascino, la bellezza che l'entusiasmo delle persone e i flash abbaglianti riuscivano a dargli.

Nonostante ciò, attraversò la strada e vi sfilò sopra come una modella in passerella, raggiunse la fine e posò per i numerosi fotografi immaginari disposti a schiera, svoltò e ripercorse il tappeto sfilando, i suoi piedi sembravano andare da soli mentre immaginava il clamore e il casino che aveva visto pochi minuti prima.

Inciampò.

Il suo piede scivolò su una duna del tappetto, atterrò di faccia, sul red carpet era appena caduta una stella. Espresse un desiderio.

<<Signorina che ci fa lì a terra?>>

Phire aprì occhi e guardò verso l'alto.

<<Signorina tutto bene? Raccolga il suo badge ed entri che tra poco tocca a lei fare domande>>

Sapphire si alzò lentamente sfiorando il pantalone del signore chinato verso di lei. Lo sfiorò per essere sicura che la sua mente non si stesse inventando tutto. Raccolse il badge.

<<Entri che è tardi>>

L'uomo vestito in nero appoggiò la lista a terra e le aprì la porta.

AIIRÓPLANE [Sospesa]Where stories live. Discover now