Capitolo 21.

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«Non mangiare così velocemente.», la prese in giro, quel volto sorridente davanti a lei. «Devi avere proprio tanta fame, per divorarti anche la mia parte», mostrò la sua felicità, con una sonora risata, che la fece fremere di gioia. Hanji non riuscì ad ignorare il fatto di trovarsi di fronte ad una figura così piena di amore, che, per un po', le fece tornare il malumore. Non che fosse colpa sua; lui l'aveva solo salvata. E fra un pensiero e l'altro, non si accorse di aver già finito. Non dovette neanche pulire, che Moblit la anticipò, prendendo il piatto sporco. La sua gentilezza le riempì il cuore di sincera ammirazione. E questo, non fu  l'unico avvenimento che la fece riscuotere da quel periodo, che ancora la turbava dal profondo. Lui si fermò a guardarla: un misto di pietà e divertimento. «Perché sembri così divertito, nel guardare la mia faccia?» ridacchiò la donna, portando una mano sulla guancia. «Sono davvero così buffa?»
Moblit annuì, ma non si limitò a quel singolo gesto che, con la sua calda mano, le prese il volto, le fissò le labbra per interminabili secondi e le lasciò un dolce bacio sulle labbra, assaporando il lato dolce di quel cibo, che aveva divorato la donna.
Le guance di Hanji cambiarono colore, cominciando a sembrare una versione umana del peperone.
Si leccò le labbra, ne tastò la morbidezza (probabilmente, credendo di averle perdute, in quel bacio rubato) e le parve fossero ancora più belle di prima. Eppure, il pensiero di non riuscire a sentire la saliva, che sapeva di tè, poggiata sul suo labbro inferiore, la scosse profondamente. L'immagine dell'altro uomo, quello che ormai cercava di dimenticare, le tornò lampante, nella memoria. Ma a quello, s'era preparata talmente bene, da scacciarne via il pensiero, muovendo la testa da un lato all'altro, sperando, magari, che il suo volto scomparisse almeno per un altro po'. Non seppe dire se Moblit se ne fosse accorto o meno, in quel momento, ma la sua reazione, bastò a calmarla. Difatti, lui le posò la mano sul capo, com'era solito fare anche Levi, e la accarezzò dolcemente, come si usa fare con gli animali spaventati.
«Non ti chiedo di dimenticarlo.» iniziò a dire, con l'aria di un amico che consolava la sua innamorata, delusa dall'ennesimo amore.
«Ma voglio alleviare il dolore che ti porti dentro.»
Lei ne rimase affascinata, come quando notava piccoli cambiamenti nelle sue cavie. Superficiali, ma importanti, a loro modo. Cercò di raggiungere quella luce di sicurezza che emanava, tastando il volto dell'uomo davanti a lei; toccandone i tratti, le orecchie, i capelli. Tutto era perfetto. Ma non abbastanza.
Non era abbastanza per essere felice.
Quella luce diventò fioca, a momenti impercettibile. Non si abbatté, di fronte all'evidenza. Hanji preferì prendere la questione di petto; per un attimo, si sentì nei panni di Levi. Capì come l'essere una falsa speranza dell'altra persona, fosse così insoddisfacente, crudele.
«Moblit...» mormorò il suo nome, cercando di attirare la sua attenzione, come una sirena su uno scoglio.
«Non devi dirmi nulla» ribatté, mostrando quella certezza che mancava in Hanji, in un momento come quello. Quando in Moblit si accese, in Hanji cadde come un castello di carte, che preferì restare in silenzio e portare lo sguardo altrove: lì dove il tempo le dava fretta.
«Devo andare. Ho una cosa da fare, oggi.» concluse, omettendo il fine di quell'uscita. Moblit si accorse di ciò, ma lasciò passare la cosa.
Anche lui, però, aveva deciso sul da farsi, per quella giornata.

"I Love Her" | levihanWhere stories live. Discover now