Capitolo 27.

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Con sguardo gentile, le pose gli occhi sul volto, nonostante fosse ben nascosta dietro il muro. La carnagione chiara, del suo piccolo volto rotondo, e i suoi lunghi capelli corvini, lasciati cadere sulle esili spalle, erano in netto contrasto, mentre le iridi di una dura sfumatura marrone tentavano di sciogliere la differenza fra i due. Una lieve folata di vento raggiunse anche lei, scompigliandole la capigliatura improvvisata, che doveva ancora farsi sistemare in delle lunghe code. Corse verso un altro posto più invisibile, rispetto a quel piccolo giaciglio appena creato. Le manine si stringevano al petto, cercando di fermare il battito del suo cuore; non voleva di certo farsi scoprire. Lanciò un'occhiata fuori dal buio del suo piccolo nascondiglio, rivelando la sua bassa statura, sebbene avesse appena compiuto sei anni. Già aveva chiaro in mente, come un film non ancora girato, quando avrebbe cominciato a fare storie, pur di non andare a scuola, al termine delle vacanze estive. Ma ciò non la spaventò: sarebbe riuscita a scovare quel suo faccino fra tanti altri; e, di sicuro, il fatto che l'avesse già scovata, ne era la prova. Emanava uno strano profumo, interpretato dalla stessa, come l'odore che aveva l'abbraccio della sua mamma. Non seppe contare con mano quante volte le avesse ripetuto che il prendersi tra le braccia non aveva odore. Eppure, non si lasciò fregare. Tutto aveva una fragranza precisa, tranne il corpo del suo papà.

La sentì bofonchiare qualcosa, dentro l'armadio. I suoi nuovi nascondigli non erano affatto dei migliori, in quegli ultimi tempi. La sua voce risuonò bruscamente per la casa, facendola sobbalzare, mentre focalizzava la sua attenzione sulle ante che si aprivano lentamente. «Trovata!» La bambina si lasciò scappare un urletto, scappando via dalle braccia della madre, che riuscirono comunque a prenderla, fra le risa intrise di gioia e divertimento. «Laure, smettila di far così!» la intimò, cedendo al volere che il suo corpicino scivolasse via dalla presa. «Non volevi andare a fare una passeggiata?» domandò, sorridendole con una dolcezza spontanea, salita dal fondo del suo cuore, non più in pena. Fin dal primo momento in cui la vide venire al mondo, si rese conto di quale miracolo avesse avuto in grembo. Tutte le parole che avrebbe potuto dirle, in quel momento, svanirono in uno stormo di pensieri migratori, volando verso quell'oceano agognato. Il blu infinito, nei suoi ricordi, le invase il cervello, accavallando più cose nello stesso momento: tant'è che credette di aver rivisto, davanti ai suoi occhi, la faccia di tante, troppe, persone, ormai perdute. Non ebbe il tempo di deprimersi anche allora, che Laure le ricambiò il sorriso. «Forza, andiamo, prima che sia troppo tardi, per comprare qualcosa.» concluse la donna, addolcita dal modo di fare di quella bambina avuta fra i sensi di colpa e la paura, di poterle donare un futuro triste. Nonostante ciò, tutto sembrava svolgere al meglio, anche se fare la madre single, le comportava doversi dividere in due, per completare, almeno in parte, la vita della sua piccola. «Mamma, ma io voglio che i miei capelli siano liberi.» si lamentò, gonfiando le guance, che assunsero un colore più roseo, simili a rose appena sbocciate, agli inizi di una stagione rigogliosa. Le sembrò una descrizione perfetta, per quella sua creatura: un bellissimo fiore, che tentava di curare, con tutta l'acqua e l'amore che poteva permettersi. Ma fu la parola “Liberi” che le si piantò nella testa. «Tesoro,» -si rivolse verso di lei ancora una volta, inginocchiata, con la bambina che aveva gli occhi puntati sulle lenti degli occhiali della madre.- «se solo sapessi quanto le persone hanno lottato e sofferto, per una causa come la libertà, non useresti questa parola, in una frase tanto innocua come la tua.»

"I Love Her" | levihanDonde viven las historias. Descúbrelo ahora