69 - Parte Seconda

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Non saprei dire quanto sia vera la massima che decreta che la notte porta consiglio ma, posso assicurare che, nonostante le risicate ore di sonno, la mia notte fu foriera di scelte e decisioni.

L'indomani, una volta raggiunto l'autobus che ci avrebbe riportati a casa, provai a mettermi in contatto con Carmela ma ogni tentativo di rintracciarla risultò vano. Era evidente che facesse in modo di non farsi trovare.

Quell'assurdo comportamento mi disse molto sul reale modo d'essere di Carmela.

Si stava comportando come una ragazzina, come una che fuggiva dalla realtà dei fatti per nascondersi dietro uno stupido dito.

In quel momento promisi a me stesso che avrei chiuso quella situazione al più presto.

Non solo non ne potevo più ma, per di più, Carmela si stava mostrando totalmente diversa dalla persona che credevo di conoscere.

La ragazzina di cui mi ero infatuato anni prima era allegra, sorridente ed era buona. Non avrebbe mai fatto una scenata come quella di cui invece si era resa protagonista.

Il tempo, la distanza o, forse ancora, la mia poca compartecipazione, il mio affetto traballante avevano fatto di quella ragazzina indifesa una serpe da cui tenersi alla larga.

Io Carmela l'avevo sempre giustificata ma ero arrivato al limite. Ormai era finito il tempo delle attenuanti.

Riprovai a contattarla ancora ma ancora non vi riuscii. Stavo per perdere la pazienza e dovetti ringraziare solamente la fortuna per l'intervento tempestivo di Adriano che mi impedì di pensare ed entrare in paranoia.

Ancora una volta, come avevo fatto fino a notte fonda, lo costrinsi ad ascoltare la versione della storia che era giunta a me. Carmela, le sue uscite infelici, la preoccupazione di Luca contrapposta all'indifferenza raccontatami da Lei, il suo dolore e infine quella sua rivincita della quale andava così orgogliosa.

L'ultimo punto era l'unico che mi metteva in circolo un pizzico di serenità. Sentire della sua reazione dalla sua viva voce mi aveva fatto sorridere e mi aveva rassicurato. Perché Lei era tenace, forte e agguerrita anche se spesso non se ne rendeva conto.

Lei racchiudeva in sé molteplici qualità che teneva nascoste sotto una fitta coltre di insicurezze. A chiunque avesse avuto la voglia e la pazienza di scavare in Lei, Lei avrebbe rivelato un mondo.

A me, che stavo provando a dissolvere quello strato che mi separava dalla sua vera natura, Lei regalava ogni giorno una parte di sé.

E ogni parte non faceva altro che attrarmi, unirmi e legarmi indissolubilmente a Lei.

Ci vollero due ore di autobus per tornare al centro sportivo e un'altra per sbrigare tutte le formalità e rientrare a casa.

Andrea e Adriano decisero di fermarsi a pranzo con la squadra mentre io preferii rintanarmi in solitudine. Avevo i nervi a fior di pelle e la rabbia che fuoriusciva da ogni poro.

Non solo Carmela non si degnava di rispondere al telefono ma il mister mi aveva negato l'opportunità di usufruire di un permesso per tornare a casa.

Eravamo vicini alla fine, diceva, da tutti pretendeva ancora un piccolo sacrificio per chiudere in grande la stagione. Non voleva distrazioni e, a meno di problemi di alta gravità non avrebbe fatto sconti a nessuno.

Il discorso, dal suo punto di vista, non faceva una piega ma dal mio si, era tutto un'immensa falla.

Frustrato indossai una tuta e raggiunsi il parco, confidavo nello sport con la remota speranza che, con lo sforzo fisico, la tensione scemasse. Passando dinnanzi alla grande fontana mi fermai, nei miei occhi passarono immagini che mai avrei dimenticato. Rividi me e Lei accovacciati sull'erba, i nostri abbracci, le nostre parole.

Mi si scaldò il cuore e sorrisi. Poi ripensai alle mie di parole, all'implicita promessa fattale proprio in quel luogo quindi tornai immediatamente a casa. Lì ripresi il cellulare, cercai ancora una volta il nome di Carmela e lasciai partire la chiamata. A differenza di tutte le volte precedenti il telefono risultava libero ma la connessione venne interrotta al terzo squillo.

Immediatamente la rabbia prese il posto della frustrazione. Invece di riprovare o di aspettare ancora invano sfogai tutto in un messaggio che aveva il solo scopo di ferire.

Per una volta nella mia vita, non pensai alle conseguenze, non pensai all'eventualità di fare del male, non pensai a nulla che non fosse il mio malessere.

"Sei solo una bambina"  esordii  "una stupida e infantile bambina. Invece di chiamarmi, parlarmi e chiarire le cose che non ti andavano a genio te la sei presa con chi non c'entrava niente. Abbi il coraggio di parlare con me invece di andare in giro a fare scenate. Cresci e impara a comportarti"

Inviai il messaggio senza nemmeno rileggerlo. Quando lo rividi, dopo qualche minuto, mi pentii di non averlo cancellato e riscritto.

Non mi pentivo del contenuto ma del modo in cui l'avevo scritto, mi sembrava freddo e mi stupii di desiderare di averci aggiunto più rabbia e più disgusto.

Mi stupii di vedere all'improvviso lo schermo del cellulare illuminarsi e mostrare il nome di Carmela.

"Che c'è, l'uccellino ha fatto la spia?"  furono le prime parole che udii.

La rabbia che sentii montarmi dentro quasi mi paralizzò e mi consentì di ribattere solamente con un ringhio stizzito.

"Che c'è, avevi tanta voglia di parlare e adesso te ne stai muto?"  chiese ancora con l'evidente intento di mettermi pressione.

"Finiscila"

"Ma come, di già? Abbiamo appena cominciato..."

Mi passai stancamente una mano sul viso e mi preparai mentalmente a quella che sarebbe stata, a tutti gli effetti, una dura battaglia.






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