6 - E' strano

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La scena a cui io e Carmela avevamo dato vita era una delle più squallide che potessimo creare. La mia fortuna fu che, una volta lasciata sull'uscio di casa, Carmela non si fece più sentire lasciandomi sbollire rabbia ed imbarazzo in solitudine.

Tornai a casa e mi lanciai di peso sul letto. Afferrai uno dei libri disposti sul ripiano della libreria ma lo sfogliai svogliatamente senza prestarvi troppa attenzione. Presto lo lasciai cadere sul pavimento dedicandomi alla completa contemplazione del soffitto.

Non ero arrabbiato, ero deluso.

Per una volta, una volta sola Carmela poteva provare a fare qualcosa per me.

Il fatto che ci vedessimo poco era una realtà ma insieme finivamo solamente per dar vita a stupidi ridicoli teatrini.

Uscire con lei diventava sempre più complicato, probabilmente la nostra era una relazione che poteva funzionare solo stando lontani.

Questi furono i pensieri che mi condussero verso una notte tormentata fatta da sogni inquieti, difficili da ricordare nitidamente ma che mi lasciarono addosso una strana sensazione.


Il giorno seguente fui svegliato dall'arrivo di un sms.

La vibrazione quasi fece cadere il cellulare in terra ma fortunatamente riuscii a recuperarlo in tempo. Quando lessi il nome della mia ragazza sullo schermo quasi ebbi l'impulso di scaraventarlo contro il muro, avrei preferito vederlo cadere, frantumarsi al suolo piuttosto che leggere quel messaggio.

Riposi il cellulare sul comodino e nascosi nuovamente la testa sotto il cuscino, sarei rimasto lì a vita se una chiamata non avesse squarciato il silenzio vigente. Temevo fosse nuovamente Carmela ma quando sul display lessi il nome di Giovanni mi sentii sollevato.

"Gio" biascicai al telefono.

"Ti ho svegliato per caso?"

"No tranquillo, ma non è detto che sia sveglio"

"Ok ti rubo solo un attimo. Oggi pomeriggio partitella?"

"D'accordo"

"Ti passo a prendere io così facciamo quattro chiacchiere"

"Certo, come vuoi"

"Ho capito" ridacchiò "ti lascio dormire"

Lo salutai e continuai con la mia iniziale intenzione di rimanermene a letto, almeno fin quando un nuovo messaggio fece vibrare quel dannato oggetto.

Scaraventai le lenzuola ai piedi del letto e decisi di alzarmi. Mi spostai in cucina per cercare qualcosa da mangiare. Mi preparai del caffè e frugai in dispensa per cercare del cibo solido da mettere sotto i denti, trovai dei biscotti e mi lanciai famelico su di essi.

Odiavo trascorrere le mattinate così in solitudine, avrei dovuto studiare ma sembrava che la voglia mi avesse abbandonato del tutto. Mi crogiolai ancora un po' di fronte al televisore poi mi concessi una doccia veloce, indossai una tuta e andai alla ricerca del mio cellulare.

Entrambi gli sms arrivati erano da parte di Carmela. Nel primo mi chiedeva scusa per il suo comportamento, nel secondo mi chiedeva se fossi arrabbiato con lei.

Non ce l'avevo con lei, anche la delusione ormai mi aveva abbandonato.

Ero ormai indifferente, mi dispiaceva solamente aver fatto una brutta figura coi ragazzi. Era stato davvero tutto fin troppo imbarazzante.

Le scrissi che era tutto ok e che non dovesse più preoccuparsi.

Lei prese il mio consiglio alla lettera; nemmeno si preoccupò di rispondere.


Intorno alle 16 raggiunsi Giovanni che mi aspettava sotto casa nella sua auto.

Giovanni mi faceva sempre tanto ridere, aveva un suo modo tutto particolare di vedere le cose sotto una luce comica. Il suo spirito sempre positivo sembrava rendere tutto più facile.

Arrivati al campetto io e Giovanni ci dividemmo per un attimo, lui si fermò a chiacchierare con degli amici mentre io mi incamminai verso l'interno.

Mi avvicinavo a testa bassa verso gli spalti quando vidi Luca parlare con Lei. Un sorriso nacque spontaneo sul mio volto.

Salutai lui che stava raggiungendo Marta con una pacca sulle spalle poi mi voltai verso di Lei.

-Anche a te piace il calcio?- Le chiesi.

-Bhe, non come a te credo- disse probabilmente ricordandosi dello stralcio di conversazione avuto due sere prima -comunque mi ha chiesto Eli di venire-

-Posso?- Le chiesi ancora indicando la panchina.

-Certo siediti- disse nascondendo quegli occhi che si erano dilatati leggermente simulando una risata -questa scena mi ricorda il giorno in cui ci siamo conosciuti-

-Si è vero!- dissi entusiasta a quel ricordo -Quella si che è stata una bella scena! Non come quella di ieri-

Mi stupii di quello che avevo detto, quel pensiero sfuggì dalle mie labbra senza che davvero volessi esporlo. E' vero, lo avevo pensato ma non avrei dovuto inserirlo in quel contesto leggero.

-Su, non ci pensare troppo!- disse.

Sorrisi amaramente -Non posso, è un pensiero fisso. E' stato bruttissimo! Forse voi non me lo farete mai pesare ma lo so che è stato orrendo-

-Sicuramente non è stato un belvedere ma sono cose che capitano-

-Purtroppo è un po' che capitano troppo spesso- aggiunsi scrollando le spalle.

-Litigare in una coppia è una cosa normale-

-Si, ma...- stavo per ribattere quando decisi di cambiare discorso -vabbè, non voglio annoiarti con queste cose-

-Non mi annoi affatto- rispose Lei sollevando leggermente lo sguardo -anzi, a me fa piacere ascoltarti-

Quella sua risposta mi stupì provocandomi un sorriso spontaneo.

-Sono contento di averti conosciuto- Le dissi -ora però vado a cambiarmi.

Recuperai il borsone che avevo adagiato per terra e senza toglierle gli occhi di dosso presi ad indietreggiare. Non so perché presi a camminare al contrario ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo sorriso. C'era qualcosa in Lei che non capivo, che mi teneva legato a quegli occhi come se a tratti ne dipendessi. Capii quello che stavo facendo solo quando la mia spalla andò a scontrarsi con lo stipite della porta degli spogliatoi. Alle mie orecchie giunse la sua risata cristallina alla quale non riuscii a resistere. Le sorrisi lasciando cadere a terra il borsone e tornai verso di Lei.

Inspiegabilmente anche Lei stava facendo lo stesso, stava venendo verso di me.

Ci incontrammo a metà strada, fissai i suoi occhi ed ebbi l'impulso di parlarle ancora e ancora. Era strano tutto questo. Io mi ero sempre considerato una persona riservata, bisognosa dei suoi spazi e invece con lei sembrava tutto così naturale.

-E' strano- dissi -non so perché ne parlo con te, ma ho come l'impressione che tu riesca a capirmi-

Non aspettai la sua risposta perché scappai via rifugiandomi negli spogliatoi.

Mi sentivo a corto di fiato, non sapevo più cosa mi stesse accadendo, ero confuso.

-Paolé ma ti senti male?-

La voce di Stefano mi riscosse dai miei pensieri.

-Ehm, no, no, sto bene-

-Sei bianco come un lenzuolo, sicuro sia tutto ok?-

-Si, si tranquillo-

Stefano mi diede una pacca sulla spalla e passò oltre.

Presi un profondo respiro e mi feci coraggio, avrei avuto tutto il tempo per capire cosa, in realtà, mi stesse accadendo.

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