5. Carmela

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Le mie belle teorie rimasero però tali.

A spazzarle via bastò un attimo.

Bastò una telefonata.


Della mia vita perfetta faceva parte una persona che, con tutta quella perfezione, non si era mai integrata più di tanto.

Quella persona era Carmela, la mia ragazza.

Il nostro rapporto non aveva nulla a che vedere con le storie d'amore raccontate da film o romanzetti vari. Ci legava si un grande affetto consolidatosi con gli anni, ma passione, desiderio e puro amore non facevano più parte di esso da un po'.

La distanza e le nostre personalità così differenti avevano logorato il nostro strambo legame che andava avanti per inerzia.

Le volevo un gran bene, ci eravamo conosciuti tra i banchi di scuola e lì ci eravamo innamorati. Eravamo due ragazzini, eravamo felici di stare assieme ma poi, col tempo, erano sorti i problemi.

Io avevo scelto di partire per giocare a calcio, lei non aveva mai condiviso a pieno la mia decisione. Avrebbe preferito che restassi a studiare per starle vicino ma, forse egoisticamente, non avevo davvero mai preso in considerazione l'idea di rinunciare ai miei sogni.

Dalla mia partenza il nostro legame si era allentato ma non l'avrei lasciata solo per questo.

Tra noi, infondo, le cose andavano piuttosto bene. Paradossalmente stavamo meglio quando ce ne stavamo distanti; almeno non avevamo motivi per litigare.

Si, perché tra di noi le liti erano all'ordine del giorno. Forse eravamo davvero troppo diversi o forse, col tempo, le cose che avevamo in comune erano andate diminuendo fin quasi a scomparire.

Era comunque piacevole sapere di tornare a casa e trovare qualcuno ad aspettarti, qualcuno che nonostante tutti i nostri problemi fosse lì per me.

A volte mi sentivo un egoista, altre pensavo che mi stessi perdendo la possibilità di conoscere qualcosa di bello come il vero amore ma la risposta era sempre la stessa.

Io una ragazza ce l'avevo e mi andava bene così.

Quel pomeriggio però un po' mi infastidì pensare di avere qualcuno a cui rendere conto.

Me ne accorsi quando, dopo aver letto il suo nome sullo schermo del cellulare, le sentii chiedermi cosa avremmo fatto quella sera.

Provai a dirle che avevo un impegno con i miei amici ma lei sapeva come prendermi, come farmi venire i sensi di colpa.

Certo, lei aveva le sue ragioni ma...

Io non riuscivo a dirle di no.

Sapevo di sbagliare spesso, sapevo che non fosse giusto tenerla al di fuori della mia vita però necessitavo dei miei spazi.

In quel preciso momento della mia vita non volevo legami opprimenti. Volevo essere libero, volevo fare solo ciò che sentivo giusto per me. Non volevo dover dare spiegazioni ad alcuno.

E allora, che senso aveva tenermi legato ad una persona?

Non sapevo rispondere a quella domanda ma non volevo allontanare Carmela.

Lei ormai faceva parte della mia vita, era un pezzo della mia quotidianità e non le avrei fatto del male per nulla al mondo.

Ad ogni modo la nostra telefonata sfociò presto in una sorta di litigio.

Come accadeva nel 90% dei casi.

Carmela cominciò col suo piagnucolare, si sentiva trascurata, credeva che le dessi poche attenzioni, che preferissi i miei amici a lei.

Mi si strinse il cuore nel saperla così angosciata quindi non posi alcun veto e la invitai con me al cinema.

Non glielo avrei fatto notare ma con quella telefonata aveva mandato all'aria i miei piani per una serata tranquilla.



Quando passai a prenderla mi accolse con un sorriso che mi fece ripiombare nei sensi di colpa.

Io che avevo pensato che lei, con la sua sola presenza, potesse rovinarmi la serata... Forse tra di noi, l'unico a rovinare quello che restava del nostro legame, ero io.

Le sorrisi di rimando con mille pensieri a velarmi la mente. Carmela per fortuna non lo notò, non mi domandò cos'avessi, né perché fossi così stranamente silenzioso.

Lei, mio malgrado, non notava mai i miei cambi d'umore e forse a questo mi ero un po' troppo abituato.

Raggiungemmo gli altri al bar tenendoci per mano, sembrava davvero che tutto potesse andare per il meglio.

Tutta quella parvenza di normalità però si volatilizzò quando parcheggiai la macchina di fronte al cinema.

-Che tristezza!- sbuffò.

-Cosa?-

-Niente- rispose sistemandosi il trucco.

Quella sua risposta mi fece gelare il sangue nelle vene. Quel tono saccente e infastidito significava solo guai in vista.

Come da premesse l'umore di Carmela mutò drasticamente.

-Riesci a non sbuffare?- le chiesi entrando al cinema.

-Vedrò cosa posso fare-

-Ti prego...-

-Lo sai che a me il cinema non piace!- sbottò infastidita.

-Hei calmati- dissi prendendole il viso tra le mani -perché dobbiamo sempre rovinarci la serata?-

-Quale serata?- disse lei scuotendo la testa -non potevamo uscire con Antonio e gli altri?-

-Ma con loro ci puoi uscire sempre- quasi la pregai.

-Io qui non mi sento a mio agio- mi disse.

-Ascolta- continuai lasciando scorrere i pollici sulle sue guancie per provare a tranquillizzarla -ora siamo qua, divertiamoci, guardiamo il film e ti porto dove vuoi-

-Io non mi divertirò, lo so già!-

Sembrava una di quelle bambine viziate e capricciose.

-Perché hai scelto di venire allora?- la mia pazienza si era quasi esaurita -potevamo fare come ieri-

-Dobbiamo continuare a vederci a tratti?- chiese infastidita.

-Dai... Non facciamo scene Carmela. Ne parliamo dopo- dissi con una freddezza che non pensavo di possedere.

-Si, sempre dopo- sputò lei.

Scossi la testa stringendo forte i pugni.

Ero nervoso, imbarazzato, mi vergognavo di quell'assurda situazione.

I miei amici facevano finta di niente ma sapevo che, a quella breve distanza, avevano sentito tutto.

Era tutto così ridicolo.

Carmela continuò con la sua stupida presa di posizione anche durante la proiezione del film.

Appena i titoli di coda comparvero sullo schermo approfittai della confusione per defilarmi, feci un cenno di saluto a Luca ma senza nemmeno pensarci due volte scortai Carmela fuori dall'edificio.

La accompagnai all'auto in silenzio, non ci scambiammo una parola nemmeno durante il tragitto fino a casa sua. Le diedi soltanto la buona notte e continuai quella squallida serata diretto a casa mia.


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