24 - Un giorno in più

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L'aria fresca della notte sembrò donarmi un certo sollievo.

Quella era stata davvero una serata strana...

Qualcosa dentro di me si era crepato lasciando uscire una parte del vero me che tendevo a tenere nascosta chissà poi perché. Non era semplice accettare quel cambiamento, quell'aria di novità. Non era semplice riconoscermi.

Ero sicuro ci fosse una sola persona al mondo che potesse capirmi. Una persona che però, in quel momento, si trovava senza dubbio avvolto dal candido mondo dei sogni.

Quella persona era Adriano, era l'unico col quale riuscivo ad essere completamente me stesso.

Solo in quel momento mi venne in mente che non gli avevo parlato del mio ritardo. Mi avrebbe certamente fatto la paternale, meglio approfittare della sua stanchezza e coglierlo nel sonno.

Ad Adri:

"Amico ho preso un altro giorno di permesso, rientro dopodomani. Ho la testa in subbuglio e avrei bisogno davvero di una chiacchierata faccia a faccia. Prepara i pop corn!"

Già mi immaginavo la faccia che avrebbe fatto nel leggere quel messaggio. Prima arrabbiato, poi si sarebbe preoccupato e infine sarebbe scoppiato in una profonda risata. Lo conoscevo fin troppo.

Raggiunsi casa mia in un attimo, feci una doccia veloce e finalmente mi appropriai del letto. 

Ripensai all'intera serata, a quanto fosse stato assurdo il mio comportamento. Nel bel mezzo dei miei pensieri cominciai a ridere, tutto aveva dell'assurdo.

Agli occhi di chiunque sarei sembrato un pazzo ma, al momento, erano soltanto due gli occhi a cui pensavo.

Ebbi per un attimo la tentazione di scriverle, solo per darle la buona notte. Cambiai però subito idea, per quella sera di stronzate ne avevo già fatte troppe. 


A svegliarmi fu un rumore assordante.

Solo dopo un attimo capii si trattasse di una suoneria, quella del mio cellulare.

Infastidito nascosi la testa sotto il cuscino lasciando perdere chiunque mi stesse cercando.

Quel suono però non voleva smettere di torturare le mie terminazioni nervose. A tentoni percorsi il comodino con la mano finché non entrai in contatto con quel coso.

In un modo o nell'altro riuscii ad accettare la chiamata senza neanche vedere chi fosse a chiamarmi.

"Pronto"  la mia voce sembrava uscita da una caverna.

"Cos'è sta storia che non rientri?"

"Ma... Adriano?"

"Si, e chi altri?"

"Ma che ore sono?"

"Saranno le sette"

"E che ti serve alle sette da me?"

Lui sbuffò.

"Cos'era quel messaggio?"

"Quale messaggio?"  

Inutile fingere, di prima mattina ero tardo e inconcludente.

Lo sentii mugugnare  "quello che mi hai inviato stanotte"

"Stanotte? Ma..."

"Quello in cui mi dici che non rientri"

"Ah quello!"

"Perché ne hai mandati altri?"  disse spazientito.

"Ehm, no. Non credo"

"Era un modo di dire Paolo. Ma che hai stamattina?"

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