1 -Un angelo caduto dal cielo-

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Passeggiare tra le strade di casa era un fenomeno raro, da gustare passo dopo passo.

Quando mi era dato farlo mi prendevo i miei tempi, mi perdevo tra le vetrine e riassaporavo quel sapore tanto familiare che di tanto in tanto mi mancava.

Non che fossi costretto lontano da casa, anzi!

Avevo scelto io di lasciare la mia città per correre dietro ai miei sogni, per rincorrere quel pallone che riempiva ogni spazio vuoto del mio cervello e del mio cuore.

Il cielo quella mattina era azzurro, qualche nuvola lo adornava ma nulla che potesse compromettere una giornata soleggiata di fine febbraio. Per questo decisi di concedermi una passeggiata, di spingermi fino al parco. Di allenarsi non se ne parlava, avevo riportato una piccola contusione alla caviglia e non avevo alcuna intenzione di aggravare la situazione.

Ero tornato a casa proprio per rimettermi in sesto, non avrei compromesso la stagione per una stupidaggine, tenevo troppo ad affrontare la seconda parte del campionato in gran forma per cercare di portare a casa il titolo.

Avrei dovuto rilassarmi ma il relax nel mio mondo corrispondeva al calcio per cui avevo perso ogni speranza. Con i miei genitori al lavoro e mio fratello impegnato con la scuola da solo in casa mi sentivo come in una prigione.

Fare quattro passi mi era sembrata l'unica soluzione possibile.

Senza che me ne rendessi conto erano quasi trascorse due ore ed era quindi tempo di rientrare. Stavo svoltando l'angolo quando all'improvviso un gridolino catturò la mia attenzione.

Mi voltai a cercare la fonte di quel rumore e la identificai in una figura che malamente ruzzolò a terra. Per qualche istante rimase inerme, sul marciapiede, quasi come fosse svenuta.

Era una ragazzina probabilmente, lo intuii dallo zaino in terra da cui erano fuoriuscite delle biro e dei post-it, doveva essere appena uscita da scuola.

Provai ad avvicinarmi senza fare rumore, senza possibilmente metterle paura. Mi piegai sulle ginocchia cercando di studiare quale potesse essere il modo migliore per aiutarla a rialzarsi ma non appena chinai il viso verso di lei i suoi occhi curiosi si incastrarono nei miei.

La sua espressione imbarazzata mi intenerì all'istante, non era una ragazzina, sembrava un angelo caduto dal cielo. Le gote arrossate e quell'espressione persa mi provocarono un sorriso spontaneo che coinvolse tutti i muscoli del mio viso.

La sua risposta fu una risata di pancia alla quale, dopo un attimo di comprensibile smarrimento, non riuscii a non unirmi.

Intanto le porsi una mano che lei afferrò nell'intento di trovare la spinta per risollevarsi, non riuscì a rimettersi completamente in piedi che una gamba sembrò cederle. Si aggrappò malamente al mio braccio ed io la sostenni riuscendo a non farla cadere.

-Tutto ok?- le chiesi.

Lei sembrava ancora piuttosto assente ma mi ringraziò sostenendo di star bene.

-Sai com'è... Ti ho vista volare a terra e, a dire il vero, mi sono un po' preoccupato-

La sua espressione mi fece ridere e non mi preoccupai di trattenermi, poco dopo, quando anche lei fu contagiata mi sentii immediatamente a mio agio.

Mi chinai per recuperare le sue cose e le porsi lo zaino, mi guardai intorno e vidi che a pochi passi da noi era situata una panchina e realizzai che per la sua gamba un po' di riposo sarebbe stato l'ideale.

-Comunque sono Paolo- dissi guardandola -vieni, sediamoci, riprenditi un attimo-

Lei mi seguì senza obiettare, prese posto sulla panchina ed io mi sedetti al suo fianco, le sorrisi e lei, di nuovo, cominciò a ridere.

-Perché ridi?- le chiesi.

-Ripenso a come sono cascata-

-Bhè, in effetti è stato divertente-

-Ah si?- chiese fintamente indispettita.

-Abbastanza!- risposi scrollando le spalle.

-Ecco, che figura...-

Non riuscì a terminare la frase perché fu interrotta dal suo cellulare che aveva preso a squillare.

Mi chiese scusa e si voltò leggermente per rispondere.

Non ascoltai la sua chiamata, mi focalizzai sul suo profilo e mi persi nei miei pensieri.

Quando tornò a guardarmi la sua espressione era strana, quasi dispiaciuta.

-Scusami ma purtroppo sta arrivando mio padre- disse.

"Purtroppo" aveva detto.

Le sorrisi ancora una volta, le chiesi se avesse bisogno di aiuto ma lei sembrò rifiutare. Mi salutò con la mano e si avvicinò alla strada.

La vidi salire in macchina, un broncio infastidito ad adombrarle il viso.

Forse inconsciamente si voltò a guardarmi ed io come calamitato seguii il suo viso fin quando quell'immagine non scomparve dalla mia vista.

Che strano incontro che avevo avuto, quella ragazza mi era da subito sembrata simpatica. Mi sarebbe piaciuto parlare ancora un po' con lei ma il destino aveva voluto che il nostro fosse un incontro fin troppo rapido.

Guardai l'orologio e mi resi conto che si fosse fatto tardi.

Mi avviai verso casa, avevo un pranzo di famiglia ad aspettarmi!


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