65 - Paure e promesse

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Ero alle prese con nuvole di zucchero filato quando un brusio lontano mi distolse da quell'attimo di pace. Quando da quei brusii riuscii a distinguere delle voci immagini della notte precedente mi si ripresentarono nitide.

Io che non riesco a dormire, Lei che prova lo stesso, il tè a notte fonda e infine il divano.

Un sorriso si aprì sulle mie labbra mentre, lentamente, i miei occhi facevano lo stesso.

Misi a fuoco la situazione che mi circondava e mi riempì di gioia appurare che quel lieve peso che gravava sulle mie gambe fosse il capo di Lei, rannicchiata al mio fianco, ancora mezza addormentata.

D'istinto la mia mano si perse nei suoi capelli e, in un attimo, i suoi occhi incontrarono i miei.

-Ciao-  sussurrai.

-Ciao- rispose Lei mostrandomi un sorriso stanco.

-Dormito bene?- domandai.

-Si, tu?-

-Meravigliosamente-

Il suo sguardo venne attirato dal bracciale che ancora portavo al polso.

Il suo bracciale, il suo portafortuna.

Lo sfiorò con l'indice e parve per qualche istante perdersi. 

-Lo rivuoi?- chiesi.

-Cosa?- rispose risvegliata improvvisamente.

-Il bracciale-  sorrisi  -è tuo-

-No-  si affrettò a rispondere  -voglio lo tenga tu. Non potrò mica esserci sempre?- 

Trattenni una smorfia di disappunto e mi chinai per lasciarle un bacio sulla fronte.

-Comunque- sussurrai eludendo il suo discorso  -Dobbiamo seriamente parlare della tua attrazione fatale per i divani-

Lei sorrise senza aggiungere alcuna parola ma i suoi occhi si persero tra i suoi ricordi. Sapevo cosa stesse passando nella sua mente. Ci eravamo addormentati su quel divano come due bambini ma per Lei non era una novità; lo aveva fatto in camera di Andrea e anche in casa dei miei genitori quando la febbre l'aveva colpita. Erano tutte immagini di noi, erano le immagini della nostra storia.

La vidi allora muoversi, stiracchiarsi e muovere il collo probabilmente indolenzito.

-Caffè?- fu la voce di Andrea a riscuotermi .

-Si grazie, ne ho proprio bisogno- borbottai.

-Per me no, grazie- rispose invece Lei.

-Cosa preferisci? Un tè, un succo?- chiese una premurosa Alessia.

-Meglio il succo, il tè le fa venire il sonno- ridacchiai.

-Oh davvero?- chiese Alessia inclinando il capo mostrando un'espressione perplessa.

-No, lascialo perdere- rispose Lei in direzione di Alessia mentre per vendetta mi rifilava una gomitata al costato.

Il dolore che mi colse improvviso si affievolì rapidamente al suono delle risate di Andrea e degli altri. Scossi la testa divertito e mi resi conto, solo in quel momento, che Manuel non era presente.

Quando Andrea mi disse che erano le undici e che mio fratello stava praticamente ancora dormendo decisi fosse arrivato il momento di svegliarlo.

Osservai ancora una volta i ragazzi, guardai Lei e presi la strada che portava alle scale.

Arrivato alla porta la spalancai senza delicatezza. Bastò quello a disturbare il sonno di Manuel.

Mi avvicinai al letto e mi lasciai cadere nella mia parte ormai vuota e fredda. Piano presi ad accarezzare i capelli di Manuel che, col viso nascosto tra le coperte, cominciò a borbottare.

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