Capitolo 53

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Avete presente quando qualcuno vi chiama nel cuore della notte, e voi vi svegliate di soprassalto con la tachicardia?

Oppure quando state svoltando una strada e involontariamente vi ritrovate una persona alta e grossa davanti e restate bloccati per un momento con il cuore in mano?

Quando siete soli a casa, fuori piove ed è già buio, e ad un tratto sentite il toc toc di qualcuno che bussa alla porta?

Be', quella è la sensazione che si prova quando siamo preoccupati per qualcuno che amiamo. Il cuore ti rimane in gola per chissà quanto tempo, l'ossigeno non è più sufficiente e non riesci a pensare a nient'altro tranne che a quello.

Stai male, perché finché non vedi quella persona, non sai come sta. Ti può dire "Sto bene", ma dalla voce saprai sempre che c'è qualcosa che non va e non scoprirai cosa finché non vedi quella persona di presenza. Finché non la guardi negli occhi e le dici di parlare.

Era questo il dolore al petto e il senso di angoscia che provavo mentre raggiungevo l'esterno del Paranormal.

Mi guardai in giro, notando Shawn seduto sulle scale antincendio, i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo dritto davanti a sé, perso in chissà quali pensieri. Da lì non sembrava avere problemi fisici, ma non volevo parlare troppo presto.

Del biondo non vi era traccia, fortunatamente. Lo raggiunsi a passo svelto, facendo oscillare le braccia per accompagnare i movimenti.

- Stai bene? - gli chiesi, preoccupata tanto quanto arrabbiata.

Si era seduto su quelle famose scale fuori dal Paranormal, quelle in cui avevamo parlato una delle prime volte dopo esserci rivisti. A quei tempi -Dio, era così difficile dirlo- Richard era ancora vivo. Qualche mese, e boom! La tua vita è completamente cambiata.

- Sì - rispose secco, ma potei ben vedere lo zigomo arrossato. Per il resto stava bene, o almeno lo speravo. - Non c'era bisogno di reagire in questo modo - dissi, indispettita. Cercavo ancora di mantenere un tono basso ma autorevole. Poteva allontanarlo senza ricorrere a calci e pugni. Quel poveretto lo avevano portato chissà dove. Speravo in qualunque posto tranne che in ospedale. Lì avrebbe potuto parlare di Shawn come suo aggressore. Ma siccome, non si sa se per fortuna o sfortuna, Shawn era un cantate famoso, quel ragazzo doveva sapere il suo nome. A meno che non ascoltasse musica indecente.

- Non ti lasciava andare, Annie! - tuonò arrabbiato, guardandomi negli occhi. - Lo so, ma poteva finire peggio. Sia per te che per lui -.

Jodie mi sfiorò il braccio con una mano, per segnalarmi che loro stessero andando via per concedere a me e Shawn un po' di privacy.

- Dovevo lasciare che si avvicinasse ancora a te?! A che c'eri, perché non ti facevi dare una palpatina? -. Sgranai gli occhi, disgustata più di prima.

- Scusa? Non ho capito bene. - ribattei sulla difensiva - Mi stai accusando? -. Era uno di quegli orribili cliché.

- No! - alzò la voce. Questa volta i suoi occhi furono più penetranti che mai.

- Dove lo hanno portato? È andato in ospedale? Sai che ti potrebbe denunciare? -.

Si passò una mano fra i capelli, sospirando stanco. Adesso era anche stanco di sentirmi?

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora