Capitolo 51

804 70 26
                                    

Quella notte non avevo dormito. Avevo impiegato almeno due ore per cominciare a sentire la stanchezza, poi un incubo era arrivato a disturbare il mio sonno e quello di Victoria e a quel punto non avevo più chiuso occhio.

Ero rimasta a fissare il tetto mentre Victoria riprendeva a dormire e io a pensare all'inutilità della mia vita. Ero Annie Collins, diciottenne di Toronto, con un padre violento alle spalle, un fratello riapparso dopo anni, una storia d'amore travagliata e un coglione come ex. Una vocina dentro di me aveva iniziato a dirmi che ero io la causa di tutto quello. Se fossi stata la figlia perfetta, mio padre non mi avrebbe pacchiata per anni. Se fossi stata la sorella perfetta, mio fratello non sarebbe andato via lasciandomi. Se fossi stata la ragazza perfetta, Ethan non mi avrebbe tirato quello schiaffo e dato della poco di buono.

Però, pensai, se fossi stata perfetta, Shawn non si sarebbe nemmeno innamorato di me, probabilmente.

Se fossi stata perfetta, Shawn ti avrebbe ascoltata, sottolineò il mio subconscio. Avevo l'istinto di tirarmi i capelli per far smettere quella voce. Un raggio di sole entrò dalla finestra. Era di un colore grigiastro a causa delle nuvole e solo. Il ritratto del mio umore.

Finsi di dormire quando Vicky si alzò, un'ora dopo l'alba, in modo che non facesse domande. La sentii canticchiare sotto la doccia e rovistare nel comò.

Quando oscurò la poca luce, capii che si stava avvicinando. - Annie, sono le otto e mezza. Non hai lezioni? - mi chiese, scuotendomi per un braccio. Mugugnai un no e aspettai che uscisse prima di riaprire gli occhi. Una parte di me sperava che Shawn mi avesse scritto, ma quando accesi il cellulare trovai un numero scritto sul display. Lo avevo cancellato dalla mia rubrica mesi prima, era Ethan. Di certo non lo ricordavo a memoria, ma mi bastò leggere il testo del messaggio.

"Mi dispiace per oggi, non volevo farti arrabbiare. Domani andiamo a prenderci un caffè?". Lo aveva mandato la sera precedente, ma io avevo già spento il cellulare prima di andare in catalessi.

Lanciai il cellulare contro il pavimento e mi misi sdraiata sull'altro fianco. Quel ragazzo era sparito dalla mia vita, non aveva il diritto di tornare. E poi, Shawn? Dov'era finita la fiducia reciproca, la capacità di parlare?

Mi mancava essere felici e spensierati come una volta. A Londra era andato tutto bene, ma bastava tornare a casa per avere i sogni e i momenti felici ridotti in frantumi. Avevo bisogno di vederlo, toccarlo e abbracciarlo. Spiegargli che tra di noi era tutto vero, che quello che aveva inteso non era esatto e che l'unico ragazzo che avessi mai amato veramente nella mia vita era proprio lui.

***

Sei ore e sette chiamate perse più tardi, Jodie si precipitò nella mia stanza come una furia.

Due delle chiamate era proprio le sue, una di Harry, una di mia madre, le restanti tre di Kate. Le ultime due persone erano del tutto ignare del mio stato. In precedenza Kate era costantemente informata dell'andamento della nostra storia, per due semplici motivi: uno, passavamo giornate intere insieme; due, Richard faceva da tramite.

- Annie! Puoi aprire? - urlò Jodie, tentando di farsi aprire la porta. Ero troppo pigra per potermi alzare, ma decisi di farlo al primo tentativo. Essere al centro del gossip non era tra le mie priorità. Jodie che gridava in mezzo al corridoio per farsi aprire era certamente un motivo di scoop per le più curiose del campus.

- Si può sapere cosa è successo? Niente lezioni, niente pranzo? - chiese, precipitandosi nella mia stanza. - Giornata no -.

- Esami, famiglia o qualche cantante? - chiese, depositando una busta di carta sul mio letto sfatto. In quella frase si riusciva a percepire un minimo della sua curiosità.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum