Capitolo 45

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- Sì, mamma, non ti preoccupare - ripetei per l'ennesima volta. - Va bene, va bene, ho capito. Sarah è lì? - continuò, con una voce leggermente isterica. Avermi fuori dalla sua zona di controllo la faceva irritare.

Passai il cellulare nelle mani di Sarah, seduta dall'altra parte del divano di pelle verde. - Ciao, Lana... - fece una smorfia - Sì, qui sono tutti al sicuro. Domani te la rimando sana e salva a casa appena passa questa bufera -.

Rise divertita. - Ma certo! A domani - la salutò, passandomi di nuovo il cellulare.

- Adesso sono più tranquilla - ammise.

- Visto? Te l'ho detto, non c'è motivo di preoccuparsi -.

- Buonanotte, tesoro - concluse e dopo aver ricambiato il saluto riattaccai.

- È parecchio apprensiva, vero? - mi domandò Sarah, comprensiva. - Sì! - esclamai - Ora più di prima -.

- Come mai? - chiese, senza ombra di curiosità. Feci spallucce. - Non lo so, francamente -.

Sorrise gentile, accarezzandomi una spalla. - Devi essere congelata. Se ti va, puoi fare una doccia calda -.

Annuii stanca, alzandomi dal divano. - Sì, grazie. Ne ho bisogno - accettai cortese e mentre stavo già uscendo dal salotto, mi imitò, seguita a ruota da Ashley che era rimasta in silenzio fino a quel momento. - Io nel frattempo vado dalla vicina. È anziana e vorrei controllare che stia bene -.

Le salutai e iniziai a salire le scale, per poi sentire il tonfo sordo della porta.
Passare la notte lì era stata una decisione del momento, dato che la fermata della metro più vicina a casa mia richiedeva una buona mezz'ora a piedi, e poi Shawn non mi avrebbe lasciata mai camminare sola, con quel tempo e a quell'ora dell sera.

Così, tra mezz'ora a piedi sotto la neve, per poi dover dormire entrambi a casa mia -visto che la sua macchina era rimasta lì, senza poter andare da nessuna parte- e camminare per soli cinque minuti dalla fermata fino a casa sua, avevamo scelto la seconda opzione.

Alla fin dei conti, dormire con lui non mi sarebbe dispiaciuto per niente. Avevamo bisogno di stare insieme per un po', solo io e lui. Sorrisi a quel pensiero, etichettandomi come stupida.

Entrai nella camera di Shawn per prendere dei vestiti puliti e asciutti, scegliendo i pantaloni della tuta e una felpa, che sicuramente mi sarebbero venuti troppo larghi. Ormai il suo armadio era diventato anche mio. Avevo usato così tante volte i suoi vestiti da perderne il conto.

Mi diressi verso il bagno del piano superiore per procedere con il mio toccasana e bussai, per essere sicura che non vi fosse Shawn. Quando non udii risposta, decisi di aprire, ma tutto quello che vidi in quel momento di panico fu una schiena liscia e bagnata. Chiusi la porta con un tonfo, strizzando gli occhi per riuscire a capacitarmi di aver visto bene. Fortunatamente non ero scesa oltre la schiena con lo sguardo, altrimenti chissà cosa mi sarebbe successo per l'imbarazzo. Avevo le guance rosse come il fuoco e la mente annebbiata.

Cosa gli costava rispondermi prima che aprissi la porta?!

Feci per andarmene, ma la porta si spalancò: questa volta aveva addosso i boxer. Mi trattenni dal tirare un sospiro di sollievo.

Lui, al contrario, sorrideva strafottente, prendendosi gioco di me. - Che c'è da ridere? - sbraitai. - La tua faccia. Non ti avevo mai visto arrossire così tanto - mi fece notare. Gli scoccai un'occhiata fulminante, per poi spostare lo sguardo altrove. La vista dei ricci bagnati, che gli ricadevano gocciolanti sulla fronte bianca, e del suo corpo quasi del tutto nudo non era affatto salutare per il mio sistema nervoso.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Où les histoires vivent. Découvrez maintenant