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I petali rosati di un ciliegio cadevano leggeri sui capelli scuri dei due Uchiha che erano apparsi proprio sotto esso, nella stessa posizione di come si erano lasciati: uno con gli occhi nell'altro, pieni d'odio e freddi.
Il più giovane distolse lo sguardo, sentendosi bruciare la testa in maniera spaventosa, costringendolo a portarsi le mani agli occhi, lasciandosi anche sfuggire un ringhio di dolore.
"Ecco cosa succede a sfidare Madara Uchiha." Gli aveva detto, ridendo sadicamente, il suddetto.
Una brezza leggera investì il ragazzo, facendolo rabbrividire leggermente, nonostante continuasse a sentirsi la testa fra le fiamme.
"Alza la testa Sasuke, non abbiamo finito." Lo incalzò, camminandogli intorno.
Sasuke raccolse tutte le forze che aveva e stringendo i denti per riuscire ad aprire gli occhi, senza cercare di svenire dal dolore lancinante che gli provocavano.
La vista era offuscata, non riusciva bene a distinguere i contorni, se non la figura scura di Madara, che continuava a muoversi.
"D-dove siamo?" Chiese, chiudendo un'altra volta gli occhi, cercando di intuire qualcosa affidandosi all'udito.
Percepiva l'aria leggera muovere i rami degli alberi, segno che era all'aperto, cosa che aveva già ben intuito; il silenzio regnava sovrano in quel posto, facendolo sentire a suo agio, nella tranquillitá che tanto gli piaceva.
Un sorriso spontaneo gli apparse sul volto, come se si fosse tranquillizzato sapendo di essere in luogo tanto pacato.
L'odore dei fiori di ciliegio gli entrò nelle narici, facendolo sentire ancora meglio.
Gli erano sempre piaciuti, erano i suoi fiori preferiti: dai colori tenui e delicati, leggeri e con un profumo non troppo invasivo.
Quel profumo gli ricordava Sakura: quando passava lei lasciata una scia aromatica alle sue spalle.
Era la cosa che apprezzava di più di lei, oltre ai suoi capelli del medesimo colore dei petali.
Ed avevano anche la stessa consistenza setosa e vellutata.
Gli era capitato un paio di volte di toccarli, di passarci le mani in mezzo, invogliato da lei, naturalmente, lui non si sarebbe mai permesso di farlo, nonostante gli piacessero molto, non avrebbe mai chiesto alla ragazza di poterli toccare.
Si erano dimostrati proprio come li aveva immaginati.
Erano così lunghi e perfetti, come piacevano a lui.
Ci era rimasto molto male, anzi, si era molto arrabbiato quando l'aveva vista entrare in classe con i capelli corti fino alle spalle.
Purtroppo, non per colpa sua, li aveva dovuti accorciare: una ragazza più grande glieli aveva tagliati con le forbici, dopo averla presa di mira, dopo mesi di insulti, era passata ai fatti, decidendo di accanirsi sulla cosa a cui lei teneva di più, che era più invidiata dalle altre.
Si era più rattristata per il fatto che, ora, aveva perso l'unico punto a favore che aveva con lui piuttosto che per i capelli di per sè.

Aprì leggermente gli occhi, venendo investito dalla luce del sole forte e accecante, persistente, che non gli permetteva di tenerli aperti.
Il sole gli ricordava tanto Naruto.
No, Naruto era il sole, il suo sorriso lo era: abbagliante e tenace, perenne, proprio come la stella più splendente della galassia.
Nonostante le nuvole, la pioggia e il temporale, tornava sempre, illuminando la giornata a tutti.
Quel sorriso non se lo sarebbe mai dimenticato, era motivo di invidia da parte sua: avrebbe voluto essere capace di sorridere come lui, di mascherare tutto il suo dolore dietro a dei denti bianchi e perfetti, cercando di condurre lo stesso una vita normale tra gli amici.
Non ci era mai riuscito, ogni qualvolta aveva provato a sorridere, sì, perchè aveva fatto le prove davanti allo specchio, il suo sorriso appariva più come una smorfia, tirato e cupo.
Aveva iniziato a odiarlo il sorriso di Naruto; eppure quando non lo vedeva si sentiva male, era come se non avesse più un buon motivo per vedere.
Anche i suoi capelli sembravano il sole, di un biondo paglierino brillante, costantemente scompigliati e mossi, ma fini, proprio come i suoi raggi.
Non aveva mai toccato i capelli di Naruto, ma era sicuro che avrebbero vinto la competizione con quelli di Sakura.
Anche i suoi occhi avrebbero vinto in confronto a quelli della ragazza, che erano di un verde brillante, acceso, pieno di vitalità.
Preferiva quelli del biondo, azzurri e limpidi, che strasmettevano tranquillità e fiducia; al contrario dei suoi, motivo di odio e fastidio, così scuri e neri, che incutevano solo paura.
Eppure i loro occhi infondo non erano tanto diversi: anche quelli dell'amico nascondevano l'infanzia triste, il dolore, la solitudine e la paura; tutti sentimenti che aveva provato anche lui.
"Siamo al cimitero, Sasuke." Le parole di Madara lo avevano risvegliato dai suoi pensieri, facendolo tirare ben dritto sulla schiena, che fino ad ora era china verso terra.
Il sorriso leggero che aveva sul volto, apparso nel ricordo dei due ragazzi, era svanito nell'instante in cui aveva sentito quelle parole, facendogli riprendere la sua spressione seria e indifferente.
Tolse la mano dagli occhi che aprì piano, cercando di sopportare il male, in modo da guardarsi in torno e poter vedere se effettivamente si trovasse dove diceva l'uomo.
Pian piano i contorni vennero messi a fuoco e i colori divennero più nitidi: fnalmente riconobbe il cimitero di Tokyo.
Ci era stato poche volte da piccolo, ormai erano anni che non ci metteva piede.
Tutto il senso di tranquillità si trasformò in angoscia, quando lo scoprì.
Non gli era mai piaciuto andarci, ma Kakashi-sensei lo aveva sempre portato quando era stato un bambino, dicendogli che era giusto onorare la memoria dei suoi parenti.
Lui non era mai stato d'accordo con l'uomo: secondo Sasuke i morti non dovevano essere disturbati.
L'ultima volta che era andato al cimitero era stato per la morte di Itachi, anzi, a dire la verità, non aveva nemmeno varcato la soglia del cancello, si era fermato ad osservare da lontano lo svolgimento del funerale, proprio come aveva fatto per quello dei genitori.
L'Hatake, invece, a differenza sua, andava tutte le settimane in quel luogo, alla tomba degli Uchiha, per Fugaku, e a quella dell'amica Rin, ma mai dal padre.
A parere di Sasuke, era soltanto uno spreco di tempo e motivo maggiore di dolore, eppure l'uomo si ostinava ad andarci, come se fosse un suo dovere, un obbligo.
Si guardò in torno, ritornata la vista, vedendo le fila di lapidi di pietra, adornate da ogni tipologia di fiori e da regali lasciati da amici e parenti.
Era un luogo grande e spazioso, silenzioso e ordinato, eppure a Sasuke non piaceva.
"Non mi piace questo luogo." Asserì, con durezza, rimanendo a guardare fisso dinandi a lui, le schiere di lapidi che sembravano infinite.
"Lo so, Sasuke.
Non ho mai ricevuto nessuna preghiera da parte tua." Rispose, subito, Madara, posizionandosi di fianco a lui, facendo lo stesso.
"Se fossi morto vorrei essere lasciato in pace." Disse, schietto, voltandosi appena verso l'altro.
"È la stessa cosa che desideri anche adesso."
Sasuke soffiò, incrociando le braccia al petto, tornando a guardare il paesaggio.
Ancora non capiva il motivo per cui fossero lì.
Rabbrividì, trapassato dalla brezza leggera, quando un dubbio gli pervase la mente.
"In realtà gli unici che venivano sempre a pregare sulla nostra tomba erano gli Hatake." Sbuffò, sogghignando, nonostante sembrasse quasi scocciato dalla cosa.
Sasuke, che voleva parlare prima dell'uomo, venne preceduto.
"Sono sempre stati dei lavoratori dediti, molto fedeli a noi Uchiha, proprio come dei cani." Rise, demigratorio, continuando il suo discorso.
"Aspetta un attimo." Lo fermò il ragazzo, alzando un sopracciglio, iniziando ad unire tutte le informazioni che aveva raccolto durante la notte.
"Si Sasuke, l'amico di Sakumo, quello per cui ha perso tutto, era tuo padre...
Credevo te lo avesse detto." Disse, con finto fare sorpreso, poggiandosi le mani sui fianchi.
Sasuke si irrigidi ancora, sentendosi di nuovo responsabile delle disgrazie dell'amico.
Solo ora aveva compreso le parole di suo padre, a cui non aveva dato peso, quando stava parlando con Kakashi: ecco a cosa erano riferite.
Tutto stava tornando, facendolo ragionare su quanto gli Uchiha fossero imponenti.
Il senso di colpa e il dolore si appropriarono del suo corpo, strinse i pugni e i denti, cercando di non mostrare quanto fosse adirato a Madara.
Non poteva, non doveva, mostrare segni di cedimento quando era con quell'uomo di cui non aveva ancora capito le intenzioni.
In realtà aveva smesso di capire e ragionare da ore, lasciando che gli spiriti facessero il loro lavoro.
Intanto il senso di angoscia cresceva, facendogli aumentare il battito cardiaco.
Un pensiero fisso continuava a tormentarlo da quando Madara gli aveva mostrato la sua azienda, divenuta ancora più imponenete.
E le parole di Naruto avevano contribuito a dare veridicità a tale idea.
Ed ora perchè erano al cimitero, see non per il motivo a cui aveva pensato sin dall'inizio?

𝕾𝖑𝖆𝖛𝖊 𝖔𝖓𝖑𝖞 𝖉𝖗𝖊𝖆𝖒𝖘 𝖙𝖔 𝖇𝖊 𝕶𝖎𝖓𝖌Where stories live. Discover now