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Sasuke aprì gli occhi, mettendo a fuoco ciò che lo circondava: era nella sua azienda, ne riconosceva la sala conferenze, davanti alla quale si trovava.
Riusciva perfettamente vedere all'interno di essa, divisa dalla porta di vetro perfettamente lucido.
Il tavolo nero e le poltrone di pelle del medesimo colore, erano occupate da uomini, in giacca e cravatta, che non gli parvero familiari.
Si scorse un po' più avanti, cercando di intravedere maggiormente i loro visi, seri e attenti, volti a guardare alla loro destra.
Senza accorgersene aveva trapassato la porta, entrando nella stanza, dove tutti erano in silenzio ad ascoltare un Sasuke, con qualche anno in più, parlare.
"Ebbene, detto questo, la riunione è finita: siete liberi di andarvene." Aveva detto, con tono serio, seduto rigidamente.
Gli altri si alzarono, inchinandosi appena per salutarlo, prima di abbandonare la stanza senza fiatare.
Solo un uomo rimase insieme a lui, riponendo documenti e computer nella ventiquattrore.
Il giovane Uchiha lo osservò meglio: non era sicuro di conoscerlo bene, eppure, come gli altri, dopo averli guardati attentamente, si era convinto di averlo già visto.
Era un uomo sulla quarantina, alto e con corporatura muscolosa, fasciato in un abito nero.
La carnagione del viso era olivastra, segnata da due cicatrici più scure lungo i lati della bocca sottile e semichiusa.
Aveva dei capelli neri e lisci, lunghi sino alle spalle che gli ricadevano davanti al viso.
Gli occhi furono la parte che attirò ed inquietò di più l'Uchiha: erano di un verde smeraldo brillante, un colore davvero particolare e intenso, i vasi sanguigni, fin troppo dilatati, che coloravano la sclera di rosso, rendevano quei due occhi spettrali.
L'espressione era cruciata, le sopracciglia nere e sottili erano tirate, come la fronte, che si ripiegava in alcune rughe di espressione.
"Chi erano quelle persone? Mi sembra di averle già viste, ma mai qui." Chiese, voltandosi verso Madara che, con le braccia incrociate al petto, guardava, fuori dalla vetrata, Tokyo.
"Sono i soci dell'Associazione ALBA." Rispose, continuando a tenere lo sguardo fisso fuori.
Sasuke aggrottò le sopracciglia.
"E perchè erano qui? Non mi sembra di averci mai avuto a che fare." Chiese, di nuovo, non avendo ancora ben capito cosa stesse cercando di dirgli l'antenato, che si voltò verso di lui facendo oscillare la sua folta chioma.
"Dopo la morte di Obito, ti sei unito all'Akatsuki, diventandone socio ed acquisendo anche le azioni di tuo cugino.
Così hai deciso di unire le due aziende, in modo da incrementare di più il profitto." Spiegò, camminando per la stanza, raggiungendo le spalle del ragazzo, che aveva ascoltato, seguendo con lo sguardo Madara, attentamente.
Fu davvero sorpreso dalle parole dell'uomo: non credeva che sarebbe arrivato a livelli tali di potere; era appena ventenne e con così poca esperienza.
Inarcò le labbra in un leggero sorriso compiaciuto, per poi tornare subito serio.
"Aspetta un attimo..." Iniziò a dire, portandosi la mano al mento, strofinandoselo, come era solito fare quando stava pensando a qualcosa di importante.
"Sei stato tu, quindi, a dare l'idea a Obito di formare l'ALBA." Continuò, alzando, poi, lo sguardo verso l'altro che annuì subito.
"Era tutto programmato." Disse, piano, abbassando il braccio lungo i fianchi.
"Certamente Sasuke è stata una mia idea.
Ho riunito i migliori medici, ricercatori e scienziati, in modo da creare un gruppo di ricerca approfondito nelle malattie.
Con gli anni abbiamo portato avanti lo studio di diverse malattie genetiche e degenerative, tra cui quella degli Uchiha, a cui stavamo cercando una cura.
Con la morte di Obito ho dato la possibilità a te di entrarne a far parte ed ad assumerne il controllo." Disse, con calma e scrutando attentamento le reazioni del ragazzo che era rimasto impressionato da tale piano.
"Sapevo che saresti stato un giovane promettente e che avrebbe riportato allo splendore l'azienda familiare, perciò ho contribuito nell'aiutarti.
Otre che a cercare una cura per i tuoi occhi, ti ho fornito un'altra azienda promettente con cui unire la nostra.
Ritienilo come... un mio regalo di Natale." Aggiunse, poggiandogli una mano sulla spalla, facendo invadere il corpo del giovane di un calore insopportabile.
"I-io non ci posso credere..." Balbettò, sorridendo, stupefatto e felice di poter avere tanto potere nelle sue mani.
Finalmente qualcuno aveva riconosciuto il suo lavoro, apprezzando ogni suo sforzo: aveva raggiunto il suo obiettivo.
"Credici, nipote, credici." Gli aveva detto Madara, indicando gli altri due nella stanza.

𝕾𝖑𝖆𝖛𝖊 𝖔𝖓𝖑𝖞 𝖉𝖗𝖊𝖆𝖒𝖘 𝖙𝖔 𝖇𝖊 𝕶𝖎𝖓𝖌Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora