Rudolph's forest

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Il volantino con la faccia sorridente di Mia e la scritta "Scomparsa" scritto a caratteri cubitali era esattamente davanti a me ed io lo fissavo ormai da cinque minuti buoni. Il viale era pieno della sua faccia, così come il resto di tutta la cittadina.
Il signor Prescott non trovava pace ed aveva sguinzagliato i suoi uomini per tutta la contea con la collaborazione della contea di Kennebec.
Dopo la sua sparizione ero stata la prima persona a cui l'uomo aveva telefonato ed io, dopo diversi secondi di incredulità, avevo rivelato tutto quello che sapevo; senza escludere la pista della foresta di Rudolph lì nel Maine, ma della ragazza nessuna traccia.
Ormai era sparita da ben sei giorni ed io non ce la facevo più a starmene con le mani in mano. Avevo aiutato a setacciare la zona e girato in macchina con mio padre, ma non mi sembrava abbastanza.
Dovevo andare lì, dovevo andare in quella maledetta foresta.
Mio padre mi aveva proibito di andare, in quanto troppo apprensivo da quando mia madre era morta quattro anni prima in un incidente stradale. Aveva trovato ghiaccio lungo la strada ed era finita contro un albero, morendo sul colpo.
Lui non voleva perdere anche me e da una parte lo capivo, ma non potevo restare lì.
Mi sentivo responsabile per non aver capito che Mia facesse davvero sul serio. Forse comprendendo meglio avrei potuto distoglierla dall'intenzione o magari andare con lei.
Magari adesso sarebbe ancora qui, con me, pronte per iniziare il quarto anno di liceo.
Mi restava solo una cosa da fare: andarci di nascosto, nonostante non fosse una mossa saggia o diplomatica; ma in quel momento non ragionavo e desideravo solo riportare a casa la mia amica.
Il mattino dopo sgattaiolai fuori dalla mia stanza all'alba, con uno zainetto sulle spalle e qualche banconata in tasca.
Sul cuscino un post-it con su scritto: "La riporterò a casa".

Il viaggio in autobus fu una scocciatura, ero seduta al fianco di un tizio grassoccio che evidentemente non conosceva l'uso della doccia e fui costretta a subirmi l'odore pungente delle sue ascelle per tutto il tempo.
Arrivai nella piccola cittadina alle 8:30 in punto e scattai via come una molla, lieta di poter respirare finalmente aria pulita.
Mio padre non si sarebbe accorto della mia scomparsa almeno fino all'ora di pranzo, ossia quando sarebbe salito a chiamarmi convinto che ancora dormissi. Quindi avevo circa altre cinque ore di tranquillità.
Il luogo non era male. Feci colazione in una piccola tavola calda e chiesi informazioni al gestore.
L'uomo chiacchierò un po' con me raccontandomi delle numerose sparizioni in zona e degli omicidi e sgranò gli occhi quando gli domandai le indicazioni per raggiungere la foresta.
<<Io ti sconsiglio di andarci, ragazzina>> tentò lui.
<<Una mia amica è sparita, signore. Devo riportarla a casa>> gli spiegai, guadagnandomi uno sguardo pieno di preoccupazione.
<<Per raggiungerla ti basterà proseguire a piedi per Alber Street per circa 2 km, poi troverai il viale per la foresta. Ti sconsiglio di restare dopo il tramonto, potresti perderti o incontrare persone poco raccomandabili>> mi disse lui.
<<Grazie davvero, allora andrò subito. Quanto le devo?>>
<<Offre la casa. Stai attenta, ragazzina... mi raccomando. E tieni a mente le mie parole: torna prima che faccia buio e resta sul viale.>>
Gli sorrisi ed andai via, facendo tintinnare il campanellino posto sopra la porta.

La foresta di conifere era di per sé molto bella, anche se di notte dicevano fosse infestata dai fantasmi.
Di giorno era molto frequentata, in quanto incontrai diversi biker ed escursionisti con cui scambiai quattro chiacchiere e mostrai la foto di Mia.
Qualcuno mi confessò di averla vista qualche giorno prima e di averne già parlato in merito con la polizia, tutti si dimostrarono molto dispiaciuti e mi augurarono buona fortuna. Altri, invece, mi raccontarono raccapriccianti storie e mi consigliarono di non restare col buio.
A quanto risultava negli ultimi anni il picco di rapimenti in quella zona era salito del 67% e la gente scomparsa risultava di una soglia compresa tra i cinque e i diciannove anni.
Sapevo già tutte quelle cose per merito di Mia, ma sentirle dire dai locali fu ancora più terrificante.
Non volevo essere la prossima a sparire, quindi mi limitai a vagare per il viale senza uscire dal percorso. Esattamente come mi era stato consigliato di fare.
Alle 14:00 in punto mio padre mi telefonò e me ne disse di tutti i colori. Non l'avevo mai sentito così arrabbiato e mi urlò contro di tornare immediatamente a casa, altrimenti sarebbe venuto a prendermi lui stesso e per me sarebbero stati guai seri.
Gli promisi che sarei tornata a casa col bus delle 18:30 e lui sembrò calmarsi un pochino, anche se mi promise la punizione peggiore del secolo. Probabilmente mi avrebbe rinchiusa in casa per almeno un mese.
Quando chiusi la chiamata mi accorsi di aver camminato già parecchio, tanto che il mio orologio da polso contapassi mi avvertiva di aver percorso ben otto chilometri all'interno della foresta.
Se volevo tornare a casa per l'ora stabilita e non perdere il bus bisognava che tornassi indietro proprio in quel momento.
Scoraggiata mi voltai, con la promessa di tornare, ma proprio in quel momento notai un lucicchio a qualche metro di distanza dal viale principale.
Mi avvicinai dubbiosa e tirai fuori da un cumulo di foglie una medaglietta che riportava inciso il nome "Mia", la collanina che le avevo regalato tre compleanni orsono e che non toglieva mai.
<<Merda>> imprecai, fissando l'oggetto ancora illuminato da un raggio di sole; uno dei pochi che riuscivano a penetrare in quell'enorme distesa di alberi secolari.
Era tardi e bisognava tornare indietro, ma non potevo mollare proprio in quel momento. Molti uomini avevano pattugliato quella foresta e nessuno aveva mai trovato nulla, forse io ero vicina a qualche indizio.
Mi infilai la collana in tasca e continuai a camminare in quella direzione, mandando al diavolo l'avviso di non lasciare il viale.
Camminai per un'ora buona senza trovare nulla, con la tasca dei jeans con dentro il telefono che continuava a vibrare a causa dei messaggi che mi arrivavano.
Ne lessi qualcuno random, trovando solo intimidazioni da parte di mio padre e finalmente mi decisi a fare dietrofront.
Cercai di raggiungere di nuovo il viale principale, ma quella foresta era tutta uguale ed io avevo zigzagato un po' troppo.
"Era destra o forse era sinistra?"
"Ma davvero ho camminato così tanto?"
"Non ci sono già passata vicino a questo enorme masso?"
Continuavo a chiedermi sempre cose simili nella mia testa ed il mio pessimo senso dell'orientamento non mi aiutò per niente, forse non avrei dovuto infilarmi in una foresta da sola.
Tirai fuori il cellulare per usare google maps ma trovai lo schermo continuamente percorso da strisce verdi.
Non ricordavo di averlo mai visto fare così o di averlo urtato contro qualcosa.
Lo spensi e riaccesi più volte, ma continuava a fare così e a non funzionare.
Nel frattempo nella mia testa continuavano a rimbombare alcune parole di Mia.

<<Slenderman è la creepypasta più famosa. Lo sai che tra le tante cose ha il potere di teletraspostarsi e la telepatia? Inoltre dicono che con lui nelle vicinanze tutti gli apparecchi elettronici facciano i capricci. Se un giorno il mio microonde inizierà a programmarsi da solo o il mio cellulare a dare i numeri saprò di essere vicina.>>

Mi ritrovai a scuotere la testa per scacciare via il ricordo e tentai di nuovo. Ma per quanto provassi il cellulare continuava a fare di testa sua.
Mio padre sapeva che mi trovavo lì e la cosa migliore sarebbe stata quella di restare ferma ad aspettare i soccorsi, così come avevo sentito dire in un alcuni corsi di sopravvivenza. Ma io ero sicura di poter ritrovare la strada e continuai a vagare, senza mai smettere di tentare ancora a far funzionare il mio telefono mezzo ammaccato.
La luce iniziò ad affievolirsi sempre di più e presto fui costretta ad accendere la torcia che miracolosamente mi ero portata dietro.
A quell'ora probabilmente mio padre doveva aver già allertato qualcuno e forse mi stavano già cercando, continuavo a ripetermelo ma non riuscivo proprio a calmarmi.
Iniziai a darmi della stupida per essere venuta nella foresta ed essermi allontanata dal viale principale.
Cosa mi era passato per la testa?
Cosa credevo di fare?
Un rumore di rami spezzati mi fece drizzare i peli sulla base del collo.
"Sarà solo un animale. Forse un cerbiatto.
Ci sono cerbiatti qui, no?"
Cercai di pensare solamente positivo, ma un altro rumore mandò all'aria quel poco coraggio che mi restava ed iniziai a correre per la foresta, senza nemmeno badare a dove mettessi i piedi.
Corsi a perdifiato per diversi minuti e mi paralizzai davanti ad un'enorme casa non particolarmente ben messa.
Era normale trovare una casa così nel bel mezzo della foresta?
Non mi sembrava di aver sentito parlare di case lì, né dalle persone con cui avevo parlato né dal padre di Mia che praticamente veniva spesso ad indagare da queste parti.
Dei nuovi ricordi mi tornarono alla mente.

<<Sai, Grace... io penso che la Creepyhouse sia in qualche modo protetta. Insomma... Slenderman ha dei poteri e non credo che permetterebbe a chicchessia di trovarla. Secondo me può essere vista solo se loro vogliono che sia vista.>>

Ricacciai di nuovo indietro il pensiero raccapricciante. Poteva essere benissimo la vecchia casa di un boscaiolo o un rifugio per boyscout e non c'era il bisogno di fare la paranoica.
Non era il caso di entrare in una casa del genere in piena notte e sinceramente non ero nemmeno particolarmente coraggiosa.
Dubitavo di trovare Mia lì dentro.
Puntai la torcia su una delle finestre polverose della struttura e mi sembrò di vedere del movimento dietro le tende.
Sussultai per la sorpresa e percepii il cuore aumentare il numero dei battiti in maniera preoccupante.
Ero talmente assorta che non mi accorsi nemmeno della presenza che strisciava alla mie spalle.
Quando mi voltai era troppo tardi.
Dietro di me c'era un uomo senza faccia.
Dietro di me c'era lo Slenderman.
Urlai. Urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni.

TADAN
Buon pomeriggio.
Sono a lezione. Gestione del rischio clinico... da spararsi insomma.
Sto ascoltando con un orecchio sì e l'altro no, mentre contemporaneamente penso a cosa disegnare dopo e a cosa scrivere qui.
Sono multitasking.
Spero di avervi incuriositi con questo capitolo e di vedere segni di vita lol
Yolo!

Possession || Eyeless Jack & Jeff the KillerWhere stories live. Discover now