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Il parquet in legno chiaro che rivestiva il pavimento era stato lucidato così bene che brillava sotto le luci intense che illuminavano l'ambiente.

Il Blue Rose era pieno quel sabato sera e dopo aver lasciato al tavolo 10 la Coca Cola alla spina, Evan camminò velocemente verso il palco incastrato nell'angolo tra la parete frontale e quella laterale destra del locale.

Usò la superficie in legno per far scivolare la suola di gomma ormai consumata delle sue amate All Star nere e si fermò proprio davanti al ragazzo che stava pizzicando le corde della chitarra dietro all'asta del microfono.

Era arrivato il loro momento, finalmente.

«Siete carichi?» domandò, rivolgendo lo sguardo verso il bassista e il batterista, prima di tornare al cantante.

«Ah sì» replicò lui alzando gli occhi su Evan. «Rischio solo di vomitare da un momento all'altro.»

Evan ridacchiò divertito e lo ammonì dolcemente con lo sguardo. «È normale essere tesi al primo concerto,» disse cercando di confortarli. «ma sono sicuro che andrà benissimo. Oggi alle prove eravate perfetti!»

«È troppo tardi per ritirarsi, vero?» domandò il batterista, come se non avesse sentito nemmeno una parola di quello che aveva detto Evan.

«Scott!»

«Cosa?»

«Sono mesi che proviamo le canzoni,» Si intromise il bassista. «nel mio garage o qui non fa differenza» aggiunse, anche se il tono di voce teso tradiva la sicurezza che aveva messo in quella frase.

Scott sospirò pesantemente, poi si fece girare le bacchette tra le dita come faceva sempre mentre aspettava che i suoi compagni fossero pronti. «Sì» affermò e una delle due gli cadde di mano, lasciando sorpresi tutti quanti. «Okay, ora viene da vomitare anche a me» mugugnò impaurito.

Evan saltò sul palco e raccolse la bacchetta, proprio al centro tra gli strumenti e i musicisti. «Siete delle future Rock Star, questo è niente a confronto con gli stadi che riempirete di migliaia di persone.»

Sul viso dei ragazzi si aprì un sorriso e Evan passò di nuovo a Scott la sua bacchetta, poi si incamminò per tornare giù sul pavimento del locale, ma fu fermato dallo sguardo del cantante che si era voltato verso di lui.

Gli si fece più vicino con un passetto piccolo piccolo e rimase per interi secondi a guardare il blu acceso di quelle iridi. Li conosceva a memoria gli occhi di Ray, dopo quattro anni che ci si perdeva dentro ogni giorno, aveva imparato a catalogare ogni sfumatura di quel colore che trovava sempre più bello.

Ray non disse nulla, aspettava che Evan parlasse mantenendo sulle labbra quel sorriso che era un misto tra eccitazione e paura. «Ehi» mormorò lui piano, perché quello che voleva dire era solo per loro due.

Per Evan e Ray, due ragazzi di diciassette anni che si erano conosciuti per caso un pomeriggio d'estate e avevano costruito un'amicizia che sembrava essere stata scritta dal destino.

Due migliori amici. Due fratelli.

Inseparabili.

«Mi fido di te» mormorò, allungando verso di lui la mano chiusa a pugno. «sei il migliore, lo sai» aggiunse con un sorriso.

Ray ricambiò e scontrò il suo pugno contro quello del migliore amico, prima di seguirlo con lo sguardo mentre scendeva dal palco. Non tornò al bancone, si fermò lì davanti e attese, perché non voleva perdersi l'inizio del primo concerto degli Aisthetike.

Ray si aggiustò la tracolla della chitarra elettrica sulla spalla, lanciò un'occhiata ad Harris che teneva il basso e poi a Scott che aveva le bacchette strette nelle mani, infine, tornò sugli occhi verdi del suo migliore amico; al suo sorriso e a quella forza con cui credeva in lui molto più di quando Ray non avrebbe mai fatto.

Blue Rose [boyxboy]Where stories live. Discover now