20.

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"Claudio io sto... Sto per..."

"Va bene, amore. Lasciati andare."

E Mario l'aveva fatto. Si era lasciato completamente andare, in balia delle migliaia di emozioni che lo stavano investendo.

Sbuffò, il piacere che aveva provato era stato davvero tantissimo. Aveva immaginato spesso Claudio inginocchiato davanti a sé, aveva immaginato spesso il suo membro tra le sue mani o contro la sua lingua: eppure la realtà era decisamente meglio di qualsiasi aspettativa.

Raggiungere quell'orgasmo era stato come buttarsi dal grattacielo più alto del mondo, per poi aprire le ali a pochi metri da terra e iniziare a volare.

Aveva rilasciato i frutti del suo piacere nella mano di Claudio, la quale imperterrita, non aveva ancora smesso di muoversi.

Su e giù, su e giù, su e giù: andava ad una velocità sempre minore, perdendo il ritmo fino a fermarsi.

Si guardarono negli occhi. Claudio era ancora inginocchiato in mezzo alle sue gambe.

Il viso di Mario era sconvolto dall'orgasmo appena raggiunto: le guance erano rosse, il ciuffo spettinato e un velo di sudore gli imperlava la fronte.

Il viso di Claudio era altrettanto sconvolto, ma dalla visione eterea di Mario: era nudo davanti a sé e in preda al piacere che la sua mano gli provocava.

Bocca socchiusa, occhi socchiusi, fiatone.

Era uno spettacolo mozzafiato.

Mario si sporse verso il comodino per afferrare un pacchetto di fazzoletti. Ne tirò fuori uno, e con estrema premura pulì la mano di Claudio dal suo seme. Lo puliva dolcemente, accarezzando la sua mano nel frattempo.

Nella sua testa rimbombavano le ultime parole di Claudio. "Va bene, amore. Lasciati andare". Le ripeteva in testa come un mantra.

Va bene, amore, lasciati andare. Va bene, amore, lasciati andare.

Claudio nel frattempo lo scrutava: le sue mani erano ancora poggiate su di lui, lo accarezzavano con delicatezza accompagnando il momento di estasi post-orgasmo che Mario stava provando.

I secondi passavano e Mario era ancora immobile, come paralizzato, con gli occhi socchiusi e poggiato sui suoi palmi all'indietro.

Claudio stava iniziando ad agitarsi. Le sue mani, che erano poggiate sulle cosce nude di Mario, si spostarono. Aveva quasi timore di toccarlo.

Ho esagerato? Mi sono spinto troppo oltre?

Aveva davvero bisogno di più tempo?

Non gli è piaciuto?

Queste domande lo tormentavano, causandogli un magone che quasi gli toglieva il respiro. Era allarmato, preoccupato, inquieto, impaurito.

Decise di farsi avanti e parlò.

"Mario perché... perché non mi parli?" la sua voce era un sussurrò tremante, celava il timore di aver sbagliato tutto, di aver rovinato tutto.

Solo in quell'istante, sentendo la voce di Claudio, Mario tornò alla realtà: non si era neanche accorto di essere stato in silenzio per vari minuti. Il suo cuore si era fermato e il suo cervello non stava pensando. Era in totale blackout, come se si fosse addormentato.

"Io... Non... non lo so" rispose.

Ed era vero. Non riusciva a parlare, ma non riusciva neanche a capirne il perché. C'era qualcosa che lo frenava, una zavorra che pesava sulla sua mente, impedendogli di pensare.

Sposti tutti i miei confiniWhere stories live. Discover now