Capitolo 11 - New York

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Mi buttai pesantemente sulla sedia in ferro, posando per terra la borsa e sbuffai così tanto che potevo far invidi ai tori.

Tre ore di ritardo. Tre fottute ore di ritardo.

Cercai il telefono nella borsa, ma era inutile sembrava inghiottito da tutta la roba che c'era lì dentro. Possibile che dovesse andare tutto storto?

«Melissa, cerca di stare calma, tre ore non sono poi così tante, qui è pieno di negozi e bar, fidati che passerà veloce» Clarissa si accomodò vicino a me sospirando leggermente. Si passò una mano fra i capelli biondi per poi scuotere leggerete la testa.

Dovevo ammettere che stava davvero bene con il biondo, sembrava una di quelle ragazze per bene vestita con un semplice paio di jeans ed un top argentato. Era bello vedere una Clarissa diversa, soprattuto se era stata lei stessa a decidere di vestirsi così.

E poi le donava pure il nuovo taglio, una specie di caschetto che arriva giusto all'altezza delle spalle. Io ero troppo affezionata ai miei bellissimi capelli lunghi per osare così tanto. Mi ero semplicemente limitata a rifarmi la tinta nera.

«Ho bisogno di caffè» borbottai guardandomi intorno alla ricerca di un bar, ma sembravano esserci solo negozi di abbigliamento.

Il giorno prima avevamo passato tutto il pomeriggio alla ricerca di una vestito per Clarissa, che aveva approfittato del momento per rifarsi l'armadio di vestiti nuovi che per mia sorpresa non erano di pelle o materiale strano. Ovvio ne aveva comprati alcuni, ma la maggior parte potevano definirsi normali in confronto a quelli che le avevo visto addosso.

«Assolutamente no, non ti farò bere del caffè. Sei troppo nervosa e lo posso capire, ma se bevi il caffè temo di non poterti più sopportare» accavallò le gambe e si sistemò più comoda sulla sedia.

Era stata una bella sorpresa anche per Michael vedere quel suo cambiamento.

Avevo passato un po' di tempo in compagnia di entrambi, avevo studiato attentamente Michael cercando di capirci qualcosa. Cercavo di trovare la tristezza e la rabbia per la morte di Lily, l'attrazione che provava per Clarissa, la rabbia nei confronti miei o di Taylor, ma era davvero bravo a nascondere le emozioni. Dovevo però ammettere che ogni tanto riuscivo a cogliere qualcosa.

Volevo fargliela pagare, volevo faro stare male come lui aveva fatto stare male me e mi ero promessa di farcela.

Se solo penso a quanto sono stata male per colpa sua, prederei la prima pistola a portata di mano e gli sparerei dritto in testa. Il fatto era che non ero un'assassina e che per quanto fossi stata male, non lo avrei mai ammazzato.

«Hai mai ammazzato qualcuno?» Essendo un agente del FBI poteva aver ferito gravemente o ammazzato qualcuno. Non glie lo avevo nemmeno chiesto.

Nel tempo passato insieme mi aveva anche insegnato parecchie cose, come l'auto difesa, semplici mosse con cui sarei riuscita a stendere qualcuno se riuscivo a non andare nel panico prima che lo facesse lui a me. Ovviamente erano cose facili, non troppo elaborate, un po' un must have.

«No» ripose dopo essere rimasta destabilizzata dalla mia domanda per qualche minuto. «Ma ho visto molta gente morire» sospirò guardando un punto indefinito «Purtroppo fa parte del lavoro. È come se ad un certo punto fossi abituata»

Cosa? Io non mi sarei mai abituata a vedere gente morire.

Clarissa si alzò in piedi e afferrò la borsetta che aveva posato sulla sedia accanto. «Andiamo a fare colazione?» propose con sguardo assente. Forse avevo toccato un argomento delicato.

Mi alzai facendole capire che l'avrei seguita.

Prendemmo posto in uno dei tavoli più meno affollati e ci mettemmo comode.

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