Capitolo 7 - Don't cry baby

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Aprii la porta dell'appartamento e mi sembrò di entrare nell'inferno, come se tutto quello che mi circondava mi stesse lentamente ammazzando. Mi mancava l'aria e l'impulso di rompere tutto quello che c'era lì dentro aumentava ogni secondo di più.

Avrei voluto ridurgli l'appartamento in mille pezzi per ciò che aveva fatto, ma i conti non mi tornavano ancora del tutto. C'erano cose che non capivo, comportamenti totalmente diversi da quelli che avrebbe dovuto tenere nei miei confronti. Cercavo di controllarmi e non fare cazzate, non che avessero cambiato le cose. 

Ma ero sicura che Logan, quella sera di un anno fa mia aveva portato in quel posto volutamente, mi aveva seguita, aveva fatto finta di interessarsi ad una persona come me, ma sapeva fin troppo bene chi ero e che ero la persona giusta, come aveva detto lui stesso. 

Sapeva tutto quello che pensavo, che credevo di fare e aveva giocato la sua parte perfettamente bene. Aveva superato Leonardo di Caprio per quanto aveva recitato bene la sua fottuta parte.

«Oh mio dio» urlai tirandomi leggermente i capelli. Ero stata raggirata come una stupida. Dannazione. Ingenua, ecco cosa sembravo agli occhi degli altri. 

Il telefono nuovo giaceva sul tavolo della cucina. Probabilmente una volta che l'avrei accesso e ci avrei messo la mia vecchia sim, ci avrei trovato le chiamate e i messaggi del mio finto, schifoso e bugiardo amico di Los Angeles.

Ai piedi del divano c'erano gli scatoloni con le cose del dormitorio e sopra uno di esso la mappa che mi aveva fatto Susan. E sei lei avesse fatto finta di volermi aiutare e avesse voluto ammazzarmi? Insomma a quel punto non c'era nulla da escludere e sottovalutare, ma soprattutto non c'era nessuno di cui fidarsi.

Non capivo perché Logan mi avesse raccontato di Lily, come avesse rigirato quelle parole al punto di non farmi capire niente, come avesse finto di volermi nella sua vita e come alla fine aveva cercato di aiutarmi e di convincermi di tornare a New York.

C'era qualcosa che non tornava, ma ero sicura che non ci sarebbe voluto molto prima che le cose venissero a galla. Ero a buon punto no? 

Dopo aver inserito la sim nell'iphone lo accesi e non passò molto tempo prima che le notifiche dei messaggi e delle chiamate impazzissero.

Risi amaramente leggendo il nome di Logan sulle ultime chiamate perse. Bastardo.

Ma non feci in tempo a chiamarlo che lo schermò si scuri facendo lampeggiare il nome di Hope.

«Che cazzo» sbottai prima di lasciar squillare ancora un po' e rispondere.

"Dannazione Melissa dove sei?!" urlò e dovetti allontanare il telefono dall'orecchio per evitare di rimanere sorda. Beh se così fosse stato non avrei più sentito tutte quelle cazzo di bugie. "Dove sono le tue cose?! E' mezz'ora che ti aspetto, ti ho tenuto il posto! Vedi di muovere quel culo e venire alla partita. I ragazzi sono belli da far paura" divagò senza lasciarmi il tempo di parlare e riattaccò poco dopo lasciandomi con la bocca spalancata.

Il colmo sarebbe stato che anche lei fosse parte di qualcosa con Michael e tutta quella merda.

Continuai a ridere prima di perdere le chiavi della macchina e dell'appartamento e uscire da quel posto orrendo.

Volevo chiamare Logan, volevo vedere fino a che punto le cose si sarebbero spinte, fino a che punto voleva farmi arrivare. In pratica volevo continuare a fare il suo gioco e vincere io.

Dovevo vincere.

Misi in moto la macchina prima di inoltrami nelle vie di Los Angeles. Dopo venti minuti ero giunta a scuola e per qualche assurdo motivo cominciai a sentire l'ansia. Mi sentivo soffocare.

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