Capitolo 1

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QUESTA STORIA È DISPONIBILE IN VERSIONE MIGLIORATA E REVISIONATA SULL'APP DREAME GRATUITAMENTE, se volete supportarmi anche lì ne sarei davvero felicissima. Mi trovate sempre sotto il nome AYUMILLU.

12 anni più tardi
Eren
Apro gli occhi lentamente, la mia voglia di alzarmi dalle coperte per andare a scuola è, come al solito, pari a zero.

Mi stiracchio e sbadiglio rumorosamente. La luce del sole al mattino mi fa strizzare gli occhi, troppa luce.
Dopo qualche minuto utilizzato per abituarmi alla luce, decido di scendere dal letto per poi prendere il cellulare sul comodino.

Ho due messaggi non letti da Armin e dieci da Mikasa.
Ed ora che succede?
Penso prima di leggere i messaggi, tutti dicono più o meno la stessa cosa, ovvero: dove sono, perché ci metto tanto, rischio di arrivare in ritardo eccetera eccetera.

Ogni mattina è la stessa storia: io sono in ritardo, i miei amici mi riempiono di messaggi ricordandomi che sono in ritardo.

Ogni sera dimentico di mettere la sveglia, mentre mia madre ha già molto da fare e quindi non riesce a svegliarmi la mattina. Ormai non fa che lavorare in casa, dalla morte di mio padre. Per quanto riguarda il denaro, non abbiamo problemi; ma per quanto riguarda i lavori in casa e le faccende lasciate da mio padre, se ne occupa mia madre da sola.

Io cerco di aiutarla come posso, ma lei continua a dire che riesce a fare tutto da sola. Le ho anche detto di assumere qualcuno per aiutare, come maggiordomo, ma lei non si fida quasi di nessuno e non vuole uno sconosciuto in casa quando, in quest'ultima, ci siamo solo io e lei, senza mio padre. Ha paura, la capisco, ma non può continuare così.

Ora che ci penso quando ero più piccolo, avevamo un maggiordomo. Ricordo poco di lui, avevo solo 5 anni, ma mi ci ero affezionato molto. Dopo un anno, però, abbiamo avuto un periodo di crisi economica e siamo stati costretti a licenziarlo.

Ricordo ancora il mio dispiacere alla notizia. I miei occhi si erano riempiti di lacrime e ricordo di essermi rifiutato di mangiare per due giorni. Ma le mie proteste erano inutili, non capivo che non avevamo più i soldi necessari per pagarlo, credevo fosse solo una decisione dei miei genitori infondata.

Dopo quel periodo, grazie a mio padre siamo riusciti a riprenderci, ha lavorato come un matto fino ai miei 14 anni, fino a morire.

Ha pensato fino all'ultimo alla sua famiglia ed alla fine è morto, stremato. Ci ha lasciati, chiudendo gli occhi per sempre.

Dopo essermi vestito scendo le scale, raggiungendo la tavola apparecchiata.
<<Buongiorno mamma!>> urlo cercando di farmi sentire, non vedendola nel salotto.
<<Oh, buongiorno Eren! Perfavore  sbrigati che sei in ritardo...>> mi dice distrattamente entrando nel salotto, dalla cucina.

Ha un vestito azzurro e il telefono all'orecchio.
<<Uh si certo, allora oggi alle 14... dovrebbe esserci Eren si... va bene...>> mia madre continua a parlare al telefono mentre io, nel frattempo mangio il mio cornetto al cioccolato.
Finito di mangiare vado in camera per prendere la cartella e, velocemente scendo le scale.

Prima di uscire mi avvicino a mia madre, ancora intenta a parlare al telefono, dandole un bacio sulla guancia.
<<Ciao mamma>> le dico.
<<Aspetta Ere...>> lei non fa in tempo a finire la frase che già sono fuori casa, correndo, per evitare di arrivare troppo in ritardo a scuola.

All'entrata di scuola trovo Armin e Mikasa che si guardano intorno impazienti, appena mi vedono Armin inizia a battere le mani
<<Veloce Eren! Veloce!>> esclama. Io riesco a raggiungerli e, non riesco nemmeno a salutarli, che i due mi trascinano correndo verso la nostra classe.

Sono stati carini ad aspettarmi fuori.
Arriviamo davanti all'aula con il fiatone. Ansimando ci sediamo ai nostri posti appena in tempo per il suono della campanella.
Mi giro verso Mikasa e Armin sussurrandogli un lieve <<grazie>> che ricambiano con un sorriso.

Mikasa ed Armin sono i miei migliori amici. Ci conosciamo da quando avevamo appena 3 anni e, da quanto ricordo, siamo sempre stati insieme. Mikasa è una ragazza sicura di sè, fredda con le persone, tranne che con me ed Armin, con cui si trova molto bene.
È una bellissima ragazza, dai lisci capelli neri, corti, e un paio d'occhi grigi.

Armin, invece, è un ragazzo molto timido e insicuro. Molto spesso si fa mettere i piedi sulla testa. È molto intelligente ed è il primo della classe. Ha i capelli lunghi e lisci, biondi, e gli occhi dello stesso colore del cielo sereno. I suoi lineamenti sono molto femminili e, a causa di questo e dei capelli più lunghi del normale per un ragazzo, viene spesso preso in giro.

La lezione inizia quando il professore fa calare il silenzio nell'aula e inizia a parlare della lezione. Come al solito, la mia attenzione è da tutt'altra parte... sono troppo occupato a fissare la finestra con sguardo attento, perso nei miei pensieri, che non mi accorgo del professore davanti al mio banco che cerca di attirare la mia attenzione.

Riesco a notare il professore solo quando Armin mi richiama, dandomi un colpetto sulla spalla, seduto al banco dietro il mio.
Scuoto la testa velocemente volgendo la mia attenzione al professore che mi guarda con sguardo arrabbiato mentre mi urla contro le solite cose: devi stare più attento in classe, devi studiare di più, non passerai l'anno se continui così. Insomma, cose da tutti i giorni.

La scuola finisce poco dopo l'ora di pranzo ed io, appena fuori dalla porta principale, tiro fuori il telefono dalla tasca più piccola del mio zaino.
Durante le lezioni mi è arrivato un messaggio da parte di mia madre ma, non faccio in tempo a leggerlo, che il telefono si spegne.
Batteria scarica penso fra me e me sospirando.

Mikasa e Armin mi raggiungono in poco tempo e, dopo esserci salutati, mi dirigo finalmente verso casa.
A passo lento fra le piccole strade asfaltate, non so che fare. Il telefono è scarico e non posso sentire la musica. Sospiro nuovamente ripensando a mia madre, sono preoccupato, e non poco.
Perché non si fa aiutare?

Arrivato davanti casa noto una macchina sconosciuta di fronte al vialetto principale. Abbiamo ospiti? Penso prima di girare la chiave nella serratura della porta di quercia dell'ingresso. Aperta la porta, ad aspettarmi seduto sul divano rosso sbiadito, con le braccia incrociate al petto, sta un uomo di una trentina d'anni.
Inizialmente non lo riconosco ma, quando guarda verso la mia direzione e quando riesco a scrutare i suoi capelli corvini dal taglio militare ed i suoi occhi grigi scrutarmi attentamente, capisco chi è immediatamente.

Vestito di nero, colore che fa contrasto con la sua pelle chiara, sta il mio vecchio maggiordomo.

<<Levi?>>

Spazio autrice
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Eccovi il primo capitolo!!
La storia sta procedendo ed è arrivato il momento che tutti aspettavamo!!💦💦
Detto questo...
Lasciate una stellina per farmi capire che apprezzate, se la apprezzate ovviamente, la storia e mi farebbe tanto piacere un commentino in cui mi dite cosa ne pensate🌼
Inoltre se notate errori mi scuso^^' e sarei felice che me li faceste notaree
Arigatou~~
Baci,
Autrice.

My butler | ERERI/RIRENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora