capitolo quattordici

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Nella casa regnava il silenzio totale ed il padre e la madre adottivi di Marceline erano seduti attorno al suo telefono che aveva smesso di squillare ormai da ore, da quando Erika aveva smesso di tentare e aveva aspettato l'arrivo dei genitori della sua migliore amica; in casa era tutto in ordine, ogni cosa al suo posto e nulla di diverso, o quasi...
In quella casa sembrava essere tutto surreale, soprattutto il momento di gelo che era calato nella cucina era anormale. Erika era spaventata, come tutti ovviamente. Polifemo era seduto all'ingresso e guardava le scale che davano al pianerottolo con disappunto, uno sguardo inquisitorio e allo stesso tempo incuriosito; che abbia capito qualcosa?
-Che fine potrebbe aver fatto?- chiese Loreline. -Non ne ho idea...- disse sospirando il padre che, come la moglie, aveva uno sguardo provato. -Che sia scappata?- domandò l'altra. -E per quale motivo?- domandò di nuovo l'uomo. -Non lo so...- rispose sua moglie vergognandosi di quel che aveva detto poco prima. -Deve essere successo qualcosa altrimenti non si spiegherebbe...- intervenne Erika, -...ma cosa potrebbe esserle successo? Casa sembra essere in ordine a partire dal piano di sopra a finire qui, quindi deve aver agito qualcuno di sua conoscenza.- concluse lei con tono da ispettrice. -Se fosse stata attirata fuori da qualcuno che conosce ci avrebbe avvisati, come sempre...- rispose Loreline alzando lo sguardo e mostrando i suoi occhi rossi e gonfi, il suo viso stanco e provato esattamente come quello del marito, che ama sua figlia adottiva più di ogni altra cosa. -ieri si comportava in modo strano, ma non saprei che dirvi...- disse Erika iniziando il discorso il quale Marceline tentò di iniziare con la sua amica prima che succedesse tutto, -...la vedevo stressata e ansiosa, preoccupata di qualcosa che sembrava infastidirla se non turbarla.- concluse.
Tornò il silenzio interrotto solamente dal miagolio del gatto della vicina, che dall'ingresso si era spostato sulle scale che davano al piano superiore, continuando a gettare sguardi poco rassicuranti in direzione del pianerottolo buio come la pece. La notte incombeva indisturbata sulla casa mentre tutti si preparavano al peggio.
Marceline si guardava attorno cercando una via di fuga, un qualcosa che le potesse dare l'input per agire indipendentemente dalla situazione, qualcosa che le facesse capire di essere vicina al suo obbiettivo; ma ovviamente così non era. Aveva corso a perdifiato per più di quattro corridoi senza sapere se fosse passata per lo stesso posto o meno, né se fosse vicina ad un'arma o un modo per uscire.
Certo, pensare a scappare era la priorità, e su questo non c'era dubbio, il problema era: e se il clown l'avesse trovata? Come si sarebbe difesa? Come poteva fare ad uscire? E soprattutto: c'era un'uscita?
Avanti a sé aveva un bivio e non sapeva cosa fare: destra o sinistra?
Era consapevole del tempo che scarseggiava, ma una decisione sbagliata le sarebbe costata la vita.
Jack non la perdeva d'occhio seguendola tramite un pezzo dello specchio con il quale la osservava da quel posto al mondo, sghignazzando di tanto in tanto e pensando che tutto era lecito poiché nessuno aveva dettato delle regole, e quindi presto sarebbe intervenuto.
Marceline finalmente si mosse e se ne andò nel senso opposto al bivio e, ricordandosi a stento la strada da dove era venuta, ripercorse a retroso i suoi passi frenetici. -Allora...-, disse sussurrando, -...qualcosa per proteggermi deve pur esserci...-.
-Un'arma? Perché no. Renderebbe il gioco più divertente di quanto già non sia, o no?- ridacchiò tra sé Candy che le era andato dietro sotto ordine di Jack.
Marceline girovagava per il corridoio stando bene in guardia, cercando con lo sguardo qualcosa che la potesse aiutare a capire dove si trovava, sperando di trovare presto la via d'uscita da quell'incubo. Mentre proseguiva in silenzio, Candy le era alle spalle, coperto da un telo mimentico e la seguiva camminando sul soffitto, fino a quando non le tirò addosso un martello con l'intento di romperle un braccio e che schivò la ragazza di ben poco; Marceline rimase immobile guardando quel martello e presto realizzò: era in pericolo.
Sentì la risatina del giullare alle sue spalle, e quando capì quanto vicino fosse, si lanciò contro il martello che le aveva tirato afferrandolo e tirandolo faticosamente su; non era nulla in confronto a quello che Candy teneva in mano: era enorme, più del proprietario stesso, e veniva sollevato come fosse una piuma e manipolato con tale nonchalance che Marceline rabbrividì nell'apprendere la forza che aveva quella creatura, comprendendo che, se avesse voluto, nella sua stessa cella l'avrebbe uccisa con un dito.
-Vedo che hai paura di me...- ridacchiò il giullare facendo roteare lattrezzo e avvicinandosi a Marceline che indietreggiava spaventata. -...non preoccuparti, sentirai un piccolo crack, e poi il nulla; come una semplice puntura, forse più dolorosa.- concluse. E, caricando il colpo, con tutta la sua forza scagliò il martello contro Marceline che dallo spavento cadde a terra schivando fortuitamente il colpo. -Non muoverti bambina...- la voce distorta di Candy fece tremare il cuore della ragazza che nel bel mezzo di una crisi di panico cercava di creare un diversivo per poter contrattaccare, calcolando che: se lei avesse parato i colpi di Candy con un misero martello fornitole a sua volta dal suo assassino per rendere la cosa più divertente, ci avrebbe rimesso l'arma stessa, e che quindi aveva bisogno di un piano che le avrebbe permesso almeno di stenderlo per alcuni minuti, se non ore, per potersela dare a gambe.
Pensa Marceline, pensa!
E fu guardando la voragine che il martello del giullare aveva creato che capì come avrebbe potuto fare, e così agì: la polvere offuscava la vista ad ambedue ma la ragazza resistette e, tastando con le mani, raggiunse un sasso né troppo grande né troppo piccolo e lo scagliò in un punto non ben definito; -Mi stai rivelando la tua posizione...- ridacchiò Candy, -...non è molto intelligente da parte tua!- marcò le ultime parole prima di scagliare l'attacco nel punto cieco che Marceline aveva usato per distrarre il giullare, e poi lo attaccò.
-Pensavi di potermi attaccare in questo modo?- Candy aveva afferrato con forza il martello e distrutto davanti agli occhi di Marceline con una sola mano.
-IO NON SONO COSÌ BANALE- sbottò. -TI FARÒ VEDERE COME UCCIDE UN VERO SERIAL KILLER.- e sollevando il suo martello fece per colpire Marceline ma, sfortunatamente (o fortunatamente), il suo attrezzo sembrava essere difettoso poiché la cima del martello gli cadde in testa, piegandolo su se stesso, e probabilmente mettendolo fuori combattimento.
La ragazza si guardò attorno prima di prendere la mazza rimasta del martello, ipotizzando che, molto probabilmente, qualcuno aveva sabotato l'arma del giullare.
-Il gioco non finirà così...- ridacchiò Jack osservando la situazione dal frammento di specchio. -...tu sei mia e morirai per mano mia.- disse guardandosi gli artigli.
Marceline aveva ripreso il suo cammino alla ricerca dell'uscita quando passò avanti ad una stanza semi-aperta ove c'era un armadio dalle ante rovinate, rotte, graffiate, sporche di sangue, e stava lì immobile ad attendere il suo destino mentre dentro esso la vita scorreva come sempre aveva fatto.

Il circo fantasmaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz