capitolo dieci

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Marceline sperava che non fosse quello che pensava e per un attimo sembrò lasciare stare il gatto che, immobile sul posto, guardava la porta dell'ingresso senza fare nulla e per un secondo pensò "andiamo...non può essere vero; insomma...da quando in qua i gatti sono così brutti od abominevoli? Di sicuro starò volando troppo con la testa", poi fece per allontanarsi per andare sul pianerottolo dove stava la sua camera quando lo scricchiolio del pavimento, provocato dalla sua camminata, la bloccò sul posto; non volle girarsi per vedere se il gatto fosse mosso, nemmeno per sicurezza, preferì rimanere ferma sul suo punto e non muovere un singolo passo, aspettando che tutto si zittisse nella sua testa per poter andare avanti per la sua rotta. Tutti sanno però che l'uomo nasce con il peccato originale, e fu questo che trasse in inganno la povera ragazza che di tutto aveva tentato per non guardarsi alle spalle, ma fu tutto inutile; Marceline si girò ed i suoi occhi si incastrarono su quelli vuoti dell'abominevole gatto che, col suo sorriso cucito sul muso, la fissava aspettando una qualsiasi reazione per poterle saltare al collo e uccidere. La pelle già pallida di Marceline divenne ancora più bianca e gli occhi sbarrati riflettevano il povero Polifemo che la fissava in silenzio e sorridendo forzatamente. La ragazza non sapeva che fare: farsi prendere dal panico, come il gatto si aspettava, o cautamente afferrare qualcosa per spaccargli definitivamente il muso e mandarlo all'altro mondo? Come terza possibilità c'era quella di rimanere ferma a fissare il gatto fino a quando qualcuno non fosse rientrato in casa attaccando Polifemo al muro tramite l'uso della porta, ipotesi davvero inverosimile datosi il fatto che sarebbe dovuta rimanere immobile fino a sera tarda, senza mangiare né bere, nemmeno andare al bagno le era possibile, e anche se stava in casa sua il pensare di farsela sotto la faceva rabbrividire.
Si guardò attorno per localizzare una possibile arma da sbattere contro il muso del gatto che però non rimase indifferente a quella sua reazione e piegò la testa su di un lato come se già sapesse che di lì a poco la povera Marceline avrebbe ceduto abbandonandosi al panico più totale, e così fu, ma con un piccolo particolare in più: la memoria della ragazza ripercorse velocemente i passi che poco prima avesse fatto a retroso, dall'ingresso davanti alle scale fino alla cucina dove aveva avuto la visione e finalmente il suo cervello le ricordò che in realtà lei era armata, ma che il blocco improvviso alla vista del gatto le aveva fatto dimenticare del coltellaccio da cucina che teneva in mano, ma ribadisco che le mosse di Marceline non passano mai inosservate, come per le tre figure che la perseguitavano, anche per il gatto che questa volta non rimase indifferente ed attaccò. In un gesto impulsivo dettatole dal cervello offuscato dalla paura, Marceline lanciò il coltello che purtroppo per lei lisciò il gatto di poco ma ciò riuscì a distrarlo, anche se per poco, attirando la sua attenzione alle spalle e così la ragazza ne approfittò correndo su per le scale il più velocemente possibile per raggiungere la sua camera, ma non ci volle molto prima di sentire Polifemo alle sue spalle, e quando finalmente sembrava stesse per raggiungere il luogo più sicuro che conosceva, per quanto la sua stanza le consentisse questa sicurezza, Mareline si ritrovò davanti alla porta d'accesso, che però era bloccata dall'interno. In pochi istanti la ragazza e l'animale, se così poteva essere ancora definito quel gatto, si ritrovarono uno fronte all'altra, fissandosi come poco prima nell'ingresso, a differenza che, nei movimenti scattosi come quelli di un meccanismo robotico arrugginito del corpo della bestiolina morta, si leggeva chiaramente l'intento di saltarle alla gola e nel momento in cui Polifemo fu pronto e saltò Marceline chiuse gli occhi pronta a morire, ma non andò come previsto. Quando riaprì gli occhi vide il gatto bloccato nel suo intento da una mano nera, marcia forse, che si allungava alle sue spalle tenendo saldamente l'abominio senza ricavarne danni.  Respirò profondamente sentendosi sollevata forse, ma poverina, non era finita lì; fece un rapido calcolo tenendo conto del braccio che teneva fermo il gatto e arrivò alla conclusione che ormai era in trappola, priva di capri espiatori e di oggetti contundenti per potersi difendere.

Alle sue spalle ci fu una piccola risatina soddisfatta che dopo pochi secondi si zittì lasciando spazio alla sua voce bassa e profonda -Oh Polifemo...quante volte ti ho ripetuto che questa ragazza va solo fatta spaventare?- disse alla bestia con tono da finto ammonitore -Lei ci serve viva ancora,- disse ridacchiando di nuovo. -Jack non ne sarebbe felice se portassimo a casa una coppa già vinta, non credi?- e, ritirando la mano, fece scomparire nella stanza alle spalle di Marceline l'animale e con l'altra le accarezzò il collo. -Che bella pelle che hai...peccato che non sei una di noi, o una mia vittima, altrimenti mi sarei già divertito...- disse con tono malizioso ed inquietante. Alla ragazzina tremò il cuore a sentendo quelle parole. -Che...Che cosa vuoi farmi?- balbettò lei impaurita mentre lui continuava ad accarezzarle il collo e la guancia togliendole i capelli dal viso e tirandoli indietro. -E' una sorpresa...- rispose lui con tono divertito. -Che tipo di sorpresa?- azzardò quindi Marceline. -Le sorprese non si dicono, lo sai?- rispose lui accarezzandole con un artiglio la gola facendo capire alla ragazzina cosa le sarebbe successo. -No...- lo pregò. -Io non vi ho fatto niente...perché dovreste farlo?- chiese in completa agitazione. -E perché non dovremmo?-, ridacchiò, -In fin dei conti sei un ottimo divertimento- lei sobbalzò quando sentì toccarsi i fianchi. -Non...Non mi avete ancora intrappolata del tutto...- provò a convincersi di quello che aveva detto pur sapendo che il quel momento esatto non c'erano vie di scampo, -Oh...povera piccola ingenua di Marceline-, cominciò, -Pensavo fossi molto più intelligente di quanto pensassi e invece sei rimasta la solita piccola ingenua- la strinse conficcando gli artigli nella carne di lei, -Tu sei già in trappola dal momento in cui ieri sera hai varcato inconsapevolmente la porta della tua splendida dimora- sentì il gemito di dolore uscire dalla bocca incredula della ragazza e ghignò lasciandosi invadere dal calore del suo sangue sulle sue mani marce. -Verranno a salvarmi- disse convinta -Anzi sono sicura che già mi staranno cercando- incalzò appoggiando le mani sulle sudice di lui e facendo forza per poterle levare dai suoi fianchi doloranti trasalendo ad ogni piccolo movimento. Jason rimase a guardarla senza muovere un muscolo, come per dargliela  vinta, affascinato dalla sua forza di volontà...ma quel briciolo di speranza che Marceline aveva in corpo svanì quando sentì il fiato del giocattolaio sul collo nonostante non smettesse di fare forza per liberarsi. -Commovente.- rispose lui alle sue parole, -Molto commovente: una ragazza come te con la morte che le soffia sul viso che è convinta di poter sopravvivere.- Jason per un attimo sembrò mollare la presa, ma purtroppo per la ragazza, il dolore che sentì dopo fu ancora più atroce: il giocattolaio aveva conficcato con molta più forza e brutalità gli artigli nei fianchi di lei che inarcò la schiena in un gesto disperato di liberarsi. -Vedrai...- ansimò -Che riuscirò a liberarmi di te, a sopravvivere!- perse il fiato di colpo sentendo andare ancora più in profondità le mani di Jason. -Vedremo...- ridacchiò lui scomparendo assieme a Marceline nel buio improvviso della sua stanza, verso l'armadio che li inghiottì di botto facendoli cadere nel baratro più oscuro, mentre al di fuori di esso, anche se in lontananza, era possibile veder tornare la luce del giorno nell'ormai vuota e fredda stanza della ragazza.

Il circo fantasmaWhere stories live. Discover now