capitolo undici

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E' curioso come il buio renda tutto più freddo: pensieri, movimenti, ricordi...
Nessuno se ne rende conto e spesso trova il buio accomodante, divertente e rilassante, quando per una povera ragazza come Marceline non potrebbe essere che il contrario. Secondo voi si potrebbe mai divertire immersa in quel buio così ostile e spaventoso, pieno di "mostri" nascosti dietro l'angolo? Io ne dubito, e credo anche voi. Laddove tutto viene annullato dal nero più scuro si nascondo le peggiori paure pronte a uscire e attaccarti, trascinarti in fondo, in un baratro infinito di scompensi, dubbi e preoccupazioni. Di solito non m'interesso di certe cose, ma il vedere Marceline bloccata in un angolo ammuffito e sudicio mi fa riflettere su cosa dovremmo avere davvero paura: cos'ha la luce che il buio non ha? Eppure spesso le persone ti dicono che si deve avere paura di ciò che accade alla luce e non di ciò che accade al buio, delle cose che puoi vedere e non delle cose che ti vengono nascoste.

Non erano risposte ciò che però Marceline cercava, era la libertà di cui aveva bisogno in quel momento così frustrante. Le era già stata negata una volta, perché doveva subire tutto quello?
Il freddo la faceva rabbrividire mentre il sangue secco sul suo corpo le tirava la pelle facendola gemere di dolore ad ogni movimento, sentendo l'infettarsi della ferita. Le muffe le toccavano i capelli sporcandoglieli, spaventandola ancora di più, e la puzza di marcio e di morto la costringevano a contorcere il naso dallo schifo; ciò che quell'odore le faceva pensare la faceva tremare da capo a piedi, persino il cuore le tremava, e cominciò a chiedersi se tutto quello fosse opera del padre. Al solo pensiero perse un  battito.
-Povera Marceline...- la voce grave di Jack interruppe il silenzio nella stanza vuota e ammuffita dove solo le tre figure maligne risaltavano nell'ombra, gioiose del loro ennesimo misfatto, felici di aver raggiunto il loro obbiettivo nonostante ancora in parte incompiuto.-Non mi aspettavo di metterci così tanto tempo, e soprattutto di rimetterci una delle mie creazioni più belle...- Jason ridacchiò nel rimembrare quel che, tecnicamente, era successo non molto tempo prima. -Ammesso e non concesso che quel gattaccio morto fosse bello, Jason; in fin dei conti era la tua copia esatta!- rise Candy. -Se non la smetti potresti trasformarti in una delle mie creazioni.- gli ringhiò lui facendo perdere colore al giullare e spegnendo quel sorriso derisorio che spesso gli contornava il volto. Nel silenzio la ragazza udiva le voci dei suoi rapitori dalla cella in cui era stata rinchiusa, tremando e riconoscendo il timbro di una di esse. Chi mai si sarebbe dimenticato la voce del proprio rapitore, o assassino? In fin dei conti quei ricordi terribili vengono scolpiti nell'anima di chi li vive imprimendosi negli occhi dei morti esattamente come essi li hanno visti e vissuti, riflettendoli come specchi e dando modo agli altri di vedere il terrore vissuto. Tutto ciò risultava altamente inquietante nella mente della ragazza, come probabilmente sarebbe risultato spaventoso per le tre figure, se solo esse fossero state normali e sane di mente poiché tali pensieri li facevano solo che sorridere. La paura che Marceline provava era puro nutrimento per quelle creature ombrose, figuriamoci la sua morte. Un divertimento crudele e sadico, una morte lenta e dolorosa per la povera ragazza che era ignara della sua fine orrenda, ma che nonostante tutto lottava per sopravvivere.
Un lampo illuminò gli occhi della prigioniera che raddrizzò la schiena con occhi pieni di speranza quando, toccandosi le tasche dei pantaloni, il piccolo sorriso formatolesi sul volto, sparì lasciando spazio alla disperazione. -Erika, ti prego, cercami e trovami...- sussurrò portandosi, con una smorfia di dolore, le gambe al petto e nascondendoci la testa in segno di attesa.
Nel frattempo, ferma davanti alla dimora di Marceline, stava Erika in attesa che qualcuno le aprisse la porta, o che la sua amica stessa lo facesse per darle almeno la speranza di capire se stava bene, anche il minimo rumore l'avrebbe rassicurata; ma la casa era silenziosa come un cimitero e la sua aria ombrosa aveva fatto correre un brivido su per la schiena di Erika. -Sarà che oggi è nuvoloso, ma questa casa sembra più tetra del solito...- commentò la ragazza tenendo gli occhi puntati sulla finestra della stanza di Marceline, laddove non presenziava nessun segno di vita: l'armadio chiuso, il letto fatto, il ragno nel suo angolo, il vaso intatto sul comò all'ingresso. Tutto come era stato lasciato la sera prima. -Andiamo Marceline, ti ci vuole un invito scritto per dirmi che sei ancora viva e vegeta e sana come un pesce dentro questa stupida casa?- sbottò Erika, ignara di tutto quello che stava succedendo alla sua migliore amica e quindi la chiamò sperando in una sua risposta, ma i suoi tentativi erano vani poiché il telefono continuava ad essere libero e a squillare a vuoto sul tavolo della cucina, dove tutto ebbe inizio.
-Povera piccola, che facciamo con lei?- domandò il giullare. -Se la lasciamo così morirà per infezione o dissanguamento- puntualizzò. -Che razza di bambino.- lo schernì Il giocattolaio. -Non ti mettere contro di me, donna piatta!- lo minacciò l'altro. -Ma guardati: sembri in condinzioni di dare a me della donna, Candy?- a quel punto il giullare non rispose. Jason non aveva poi tutti i torti: messi a confronto lui era quello che sembrava più donna tra i due. -Smettetela voi due; siete ridicoli.- li riprese con tono autoritario il clown dal naso a cono. -Con voi due che mi starnazzate nelle orecchie mi viene difficile pensare ad una tortura adeguata per la ragazza, piuttosto andate a spaventarla un pochino, agevolereste le cose.- gli ordinò Jack facendo un gesto con la mano, cenno che invitava i due ad andarsene. -Perché sempre a noi queste cose? Falle tu una volta tanto; noi pensiamo a come ucciderla e tu a spaventarla.- disse il giullare cercando, nella penombra, lo sguardo di Jason che, secondo lui, avrebbe dovuto dare man forte a quel che lui aveva detto. Non lo trovò. Non trovò nemmeno Jason nella stanza se vogliamo dirla tutta; se n'era già andato quando glielo aveva ordinato Jack. Candy si guardò attorno e davanti a sé sentì una folata di gelido vento, e nella penombra intravedeva il fumo formatosi dal troppo freddo in contrasto col calore. -Ricevuto...- sospirò in fine uscendo velocemente dalla stanza. Jack, in certi casi, era meglio tenerlo sotto controllo: non si poteva sapere cosa avrebbe potuto combinare con quei suoi poteri, e sarebbe stato meglio non scoprirlo da amico, forse nemmeno da vittima.

Il circo fantasmaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin