capitolo sei

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Dopo un tempo indeterminato, che sembrava non finire mai, Marceline si era ritrovata imbrattata di argilla in viso; Erika era impegnata nella pedicure: diceva sempre che aveva dei piedi che facevano pietà e si era straconvinta che avrebbe risolto la faccenda da sola, senza andare da una estetista.
In quei frangenti, Marceline sembrava essersi del tutto liberata dai pensieri che la perseguitavano, libera da ogni tipo di sensazione spiacevole, priva di brividi di freddo sulla pelle; il calore regnava sovrano, come se avesse il sole sempre puntato contro, e le risate...quante se ne era fatte assieme alla sua amica. -Che dici Marcy: meglio il corallo o il blu notte?- Erika con-la-kappa la stava guardando con l'argilla asciutta in viso e mezza sgretolata che le faceva una faccia buffa, e quasi non riuscì a trattenere una risatina
divertita -Direi che il blu notte ti si addica di più, e poi tu adori quel colore- rispose fiera. Conosceva molto bene la sua amica, altrimenti non sarebbero state così tanto legate l'una all'altra. -Mi conosci così bene Marcy!- esclamò. Marceline sarebbe rimasta lì a vita pur di non guardare la triste realtà, pur di non vedere quel mostro che la perseguitava ogni giorno da non si sa quanto tempo, e agiudicare dalle reazioni della povera ragazza non doveva essere molto. Tutto sembrava assomigliare terribilmente alla trama de "Il Fantasma di Canterville", ma sfortunatamente lei non era Virginia Otis, né i suoi fratelli e genitori, e il suddetto "fantasma" che la perseguitava non era simpatico o pasticcione come lo era Sir Simon De Canterville; lei faceva parte del resto della famiglia imparentata con lo spettro, faceva parte di quelli che ne erano spaventati, non si avvicinava nemmeno alla governante di casa Canterville, lei era terrorizzata da questa entità che visibilmente non era amica sua. In quel piccolo attimo di divertimento le preoccupazioni di Marceline erano entrate in standby lasciandola persaduere dalle altre emozioni che non erano ansia o rabbia, paura e panico, ma felicità ed emozione che poco prima non era riuscita a provare per colpa dello stato di panico che si era creato, e per colpa dell'aria minacciosa che le girava attorno.
Non tutti, purtroppo, erano d'accordo con la povera ragazza e la sua amica che di fatti osservavano con astio attraverso lo specchio posto dirimpetto alle ragazze. In quel posto così buio c'era solo polvere e un forte odore di marcio, e la muffa ormai si era impadronita di maggior parte delle pareti annerendole, rendendo quel posto ancora più cupo di quanto già non fosse. Ma nell'angolo più nascosto, poggiato ad un martello gigante trafitto da un debole raggio opaco di luce, stava una capigliatura dal colore insolitamente azzurro che si estendeva in due lunghi ciucci (due code laterali) su una calzamaglia viola nera e blu. Dei campanellini si trovavano alla fine di tutto: delle due lunghe code, del collare e della cintura. La sua somiglianza con un giullare era evidente. In mano teneva delle carte e il suo sguardo, seppur nascosto nella penombra, sembrava puntare contro una seconda figura piegata su se stessa e con i gomiti poggiati sulle ginocchia; anche quest'ultimo aveva tra le mani delle carte e la sua posizione da pensatore faceva intendere che stava a lui la prossima mossa. -Ride.- un ringhio di dissenso fece alzare la testa delle altre due figure alle sue spalle -Andiamo Jack, è normale- aveva risposto lo strano e grottesco giullare con voce acuta. -Dovrebbe tremare di paura!- esclamò il primo con un ulteriore ringhio, -La sto perseguitando come abbiamo sempre fatto ed ora si diverte!- sembrò essre preso da un attacco d'isteria
-Jack, dai tempo al tempo: hai visto anche tu come è corsa fuori casa terrorizzata oggi, non vedo dove sia il tuo problema- cominciò la figura anscosta nell'ombra con voce profonda. -Forse ha fretta- finì il giullare, -Chiudi il becco ragazzina prima che ti stacchi le corde vocali.- rispose "Jack". -Non sono una ragazzina ma un omo tutto d'un pezzo!- lo riprese lui, -non per molto se continui così- la figura nella penombra accese una candela rivelando un viso di porcellana adornato da piccole ciocche di capelli color mogano e due occhi verdi penetranti, vestito con camicia jeans e gilet, con un cilindro sul capo; all'apparenza l'essere sembrò un semplice umano, ma il suo sorriso inquietante e i suoi avambracci neri fino alle mani piene artigliate facevano cambiare idea ancor prima di finire di studiarlo. -Non minacciarmi, Jason-, lo rimproverò, -Non ti sto minacciando giullaretto dei miei stivali, è solo un consiglio- affermò. -Smettetela voi due, mi fate innervosire ancora di più- li rincuorò l'ultimo dei tre. -Vieni alla luce clown: è snervante parlare al niente.- lo invitò il rosso. -Anche se mi facessi illuminare da quella fioca luce non cambierebbe nulla- cominciò l'altro avanzando con fare lento e goffo, -Perché io sono tuttoe niente.- concluse facendosi illuminare il viso bianco ed impiastrato di cerone (ammesso e non concesso che sia davvero cerone), occhi cerchiati da un trucco nero ed un naso a punta a strisce monocromatiche bianche e nere; la sua corporatura lo costringeva a prendere una posizione piegata in avanti sempre e comunque, sia per le armi pesanti che le sue mani tenevano perennemente, sia per evitare di sbattere la testa su qualche stipite o ramo; le sue lunghe braccia facevano toccare terra i pesanti artigli che aveva sulle lunghe dita affusolate e nere e le sue gambe, altrettanto lunghe, rimanevano leggermente piegate e con scarpe enormi e nere ai piedi. Come vestito aveva una salopette grigia/nera, che comprendeva anche i pantaloni lunghi che pesanti ricadevano sulle gambe apparentemente magroline e forti, sulla cintura e sui polsi e sulle caviglie stavano delle fasce, mentre la sua maglietta ceava un contrasto forte con tutto quel nero tramite le strisce monocromatiche bianche (una fantasia come quella del naso); i suoi capelli cadevano lungo le sue spalle arruffati e neri come la pece. Se non fosse per quegli artigli che toccando terra creando un rumore insopportabile e solchi profondi, la sua figura non sarebbe facilmente localizzabile al buio. Ridacchiò guardando i compari che avevano lasciato stare il gioco di carte e avevano preso ad osservarlo dall'alto in basso facendosi percorrere da un brivido di terrore lungo la schiena: quella figura imponente e piena di astio verso gli umani inquietava i due più delle sue altre tre personalità. Il giullare fu quello più spaventato: le due figure davati a sé, nonostante fossero suoi amici, lo facevano sentire debole. Un clown alto quasi due metri ed un giocattolaio ricco di personalità come il primo lo mettevano a disagio anche se lui non era da meno rispetto ai due e la sua furbizia era pari alla loro grande forza. formavano un trio senza eguali ed era fiero di farne parte.
Il surreale silenzio che si era creato tra le tre figure che si osservavano superbe venne interrotto dalle risate delle ragazze che, oltre lo specchio, si divertivano ignare di tutto ciò.

Il circo fantasmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora