capitolo tredici

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-Salve signorina!- disse il Giullare camuffando la sua voce e nascondendo la testa dietro il teschio dello scheletro che, per un attimo, sembrò chiedere aiuto alla povera Marceline del tutto confusa dal comportamento della creatura che aveva davanti. -Non saluti?- disse quasi offeso dal comportamento più che giustificato della ragazza. -Oh giusto, che sbadato: se non lo faccio io per primo credo sia leggermente stupido da parte mia. ESSIA! Piacere, io sono il dottore tutt'ossa. Sono un uomo tutto d'un pezzo.- continuò. Marceline sembrò seriamente preoccupata, ma non per la sua incolumità, ma per la salute mentale del suddetto killer che aveva davanti. Se lui era fuori di testa a quel modo gli altri come sarebbero stati?
Candy porse la mano dello scheletro a Marceline che continuava a guardare quella scenetta con sguardo perso. -Se sei allergica alle ossa dimmelo- disse il giullare. -Cos...- sussurrò l'altra confusa. Candy ritrasse la mano dello scheletro e lo prese per le spalle portandolo davanti a lui e...-Dottor tutt'ossa, pare che per noi sia giunto il momento di salutarci!- piagnucolò in modo fin troppo falso. -Ma stia tranquillo, Dottore!- esclamò di botto, con enfasi, sicuro di sé e convinto di dare patos alla misera messa in scena. -Ben presto riceverai visite. Non sarai più solo!- disse mandando un'occhiata poco rassicurante verso Marceline che comprese al volo cosa volessero dire le parole del giullare. -Presto avrai nuove compagnie.- abbassò la voce rendendola grave, inquietante e spaventosa. Lanciò lo scheletro che si andò a scontrare con le mura muffose che sembrarono attutire lo scontro ossa-parete, ma che fecero disgregare comunque lo scheletro in tante altre parti. -Oh Marceline, non hai nemmeno l'idea di quanto JACK POSSA ESSERE FELICE DI AVERTI QUI.- urlò avvicinandosi a grandi falciate alla povera ragazza che più tentava di indietreggiare e più i licheni le bloccavano la strada frenandola. Candy le stava muso a muso e la prese per il collo tirandola fuoriosamente verso sé. -Sei solo cibo per squali, piccola bambina. Jack ti priverà della tua linfa vitale, ti squarterà pian piano, accarezzerà ogni parte di te dall'interno prendendo il tuo cuore con le sue mani sporche di sangue altrui e, preso dalla foga, lo stringerà tra le sue dita facendolo scoppiare tra di esse!-.
Marceline aveva il fiato lercio del giullare sul viso e la paura cominciò a prendere il sopravvento. Tremava, tremava come fosse stata una foglia rossa in autunno, tremava come il vento fa tremare i denti di leone ad inizio settembre. Tremava e Candy sentiva quel dolce profumo di paura e ogni volta che ne sentiva il sapore ne bramava ancora di più. -P-Perché mi fate questo...- sussurrò la ragazza per sapere la verità. Cosa aveva fatto lei nei loro confronti, cosa li aveva spinti a trattarla come la peggior feccia al mondo, cosa li aveva portati a volerla morta?
Cercava una risposta. Una semplive risposta. Anche solamente un《per divertimento》, forse le sarebbe bastato...
Gli occhi le pizzicavano mentre sentiva il proprio sangue cadere pesantemente verso le braccia e le gambe lasciate a peso morto ad un metro da terra.
-Sei solamente un'insulsa ragazzina.- le rispose con tono d'astio. Mesto. Solenne al credo del tutto innaturale che stava seguendo.
La guardò negli occhi e dopo essersi assicurato di averla uccisa dentro, di aver annullato ogni opposizione contro i voleri altrui, la scagliò come fosse un pesopiuma verso il muro al loro lato destro. Fu un suono sordo ad interrompere il silenzio che si era creato il secondo dopo. Il corpo di Marceline a terra, quasi esanime, giaceva in silenzio col respiro affannato. Non smetteva di tremare.
-Ribadisco il concetto di prima: sei solo un'insulsa ragazzina.- il tono freddo di Candy, la sua affermazione e la serietà con la quale aveva pronunciato quelle stesse parole la fecero morire poco a poco, nell'anima, nel credo che aveva sempre sostenuto. Non provò ad alzarsi, e forse fu un grave errore dal momento in cui il giullare si mise a saltare sulla sua schiena divertendosi nell'udire lo scricchiolio delle sue ossa rompersi.
-CANDY- dal fondo della sala provenì un richiamo nei riguardi del giullare che si fermò di botto scendendo dalla schiena di Marceline. -Cosa vuoi da me, Giocattolaio?!- domandò in direzione della prima fonte.
-Voglio che la smetti di spaccare le ossa alla ragazzina o Jack non avrà abbastanza divertimento per sé.- lo riprese. -Ha da toglierle la vita, che altro vuole in più?- sbuffò Candy infastidito. -Se non si diverte con lei sotto i ferri ci finiamo noi!- gli sputò contro Jason. -E non ci tengo a finire sotto le sue mani per una seconda volta, a causa tua per lo più.-.
-Ehi, non è colpa mia se non sei capace a fuggire dalla sua presa.- incalzò il giullare.
-Candy, sappi che se non troverai un piano alternativo alla misfatta di questo, sarà il caso di non avvicinarti mai più a me.- gli intimò l'altro.
-È una minaccia?- il tono di Candy sembrò sopravvalutare il tono intimidatorio utilizzato da Jason, per niente in vena di giocare. -No, è un semplice consiglio.- gli rispose l'altro andandosene.
Il giullare calciò il fianco di Marceline che perse il fiato incassando il colpo. -Stupids ragazzina.- le sputò contro come se potesse davvero sputarle addosso del veleno o dell'acido.
Quando tornò il silenzio nella stanza, Marceline si lasciò andare in un pianto sfrenato e liberatorio. La sua ora era vicina, ne era convinta.
Nel singhiozzare, però, non sentì i passi ed il trascinare dei pesanti artigli di Jack sul terreno: era troppo presa a compiangersi per capire che il massacro, il delirio era appena cominciato e quel che le era stato fatto fino a quel momento non fosse niente di che in confronto a quello che le avrebbe fatto il clown.
-Sei patetca.- disse la grave voce di Jack accanto a lei. La guardava dall'alto con sguardo spento, freddo, indifferente, folle...
-Pensavo saresti stata una di quelle vittime che mi avrebbe dato del filo da torcere, invece guardati: sei stesa ai piedi di un muro lercio di sangue e muffe, di licheni. Non ti muovi, respiri appena, hai le ossa fratturate ed una gamba fuori uso; nemmeno l'adrenalina potrebbe aiutarti...- ci fu un attimo di silenzio in cui Jack riflettè sull'ultima frase pronunciata. -...Oppure sì?- disse infine con un ghigno sul viso, un sorriso soddisfatto, di chi aveva trovato la soluzione ad un grande problema a cui porre rimedio. -Magari...- iniziò col dire prendendo per i capelli la ragazza e tirandola su, verso il viso di modo che potesse vederla meglio. -...Magari non sei poi così inutile.- ridacchiò facendola girare su se stessa e per un attimo la ragazza pensò che la testa le si potesse staccare di netto dal collo. Marceline si rese conto di non aver mai visto viso più brutto del suo: era oscurato dalla vendetta e i lineamenti induriti dalla rabbia che scaturiva da ogni poro della sua pelle così bianca, così fredda... la sua voce grave, in fin dei conti, si addiceva deltutto alla persona (se così poteva essere definita) che aveva davanti.
Dall'agitazione ormai a fior di pelle, di nuovo, sputò in faccia al clown un conato di vomito acidulo che le era tornato su a causa dello stress che aveva subito fino a quel momento, esso compreso.
Jack guardò la ragazza pulendosi con la mano libera dal suo rigetto. -Non agitarti, piccola...- gli disse lui e sembrò cambiare timbro di vice rendendolo più pacato, sicuramente anche più gradevole. -...Finirà tutto presto, ma non ti prometto che tu non soffrirai.- la derise sghignazzando come uno scienziato pazzo. A Marceline si accapponò la pelle. Come le fosse ancora possibile rabbrividire era una domanda non poco stupida: credeva di aver perso ogni tipo di capacità per colpa dei suoi rapitori, invece era ancora in grado di mostrare paura in tanti piccoli segnali.
Jack la ripoggiò a terra senza mollare la presa dai suoi corvini capelli e cominciò a trascinarla al di fuori della suddetta cella, a passi lenti e svogliati, ma in grado di ridurre la distanza dalla parete opposta alla porta di uscita in poche semplici falciate. La ragazza si rese conto che ormai stava andando a morire e comprese finalmente come potevano sentirsi gli ebrei davanti ad un forno crematorio, davanti ad un tedesco che puntava loro contro un fucile o mentre venivano scortati dagli scienziati pronti a fare da cavie, forse non molto preparati. Aveva la consapevolezza, come loro sicuramente l'ebbero avuta, che durante quel viaggio che parve durare un'eternità tra un corridoio all'altro, sarebbe morta ancora un po' dentro. La sua anima si sarebbe cancellata ad ogni passo mentre il suo corpo ancora stava lì, giacente e morente come il resto di lei.
Venne portata in una camera apparentemente vuota, con una lampadina dondolante da un logore filo dal soffitto, la stessa che poco dopo si accese illuminando con raggi ocra un lettino malandato ed un arsenale di armi e giochini di ogni genere sul muro antistante al lettino sul quale venne poggiata.
-Benvenuta all'inferno.- le sussurrò Jack all'orecchio dandole la consapevolezza che tutto ciò di appeso al muro sarebbe passato, nolente o volente, per il suo corpo.
Il clown abbandonò il corpo della ragazza su quel trasandato lettino noncurante della possibilità da parte di ella di scappare, non fatale come errore: Jack pensava, ovviamente, che col fatto che avesse schiena e gambe rotte (o almeno una delle gambe malandate), non avesse bisogno di legarla. Ma al tonfo del corpo di Marceline a contatto col terreno Jack si girò con ghigno malefico e consapevole di quello che stava succedendo. La vide strisciare disperatamente verso la porta, piangente (come sempre e come tutte), ed un brivido lo scosse facendolo sentire vivo.
-Vuoi giocare, Marceline?-
Beccata! Pensò la ragazza che tentò di tirarsi su in un gesto disperato che fu destinato al fallimento.
-Allora giochiamo.- ridacchiò il clown e con una siringa, bruscamente, iniettò nel corpo della ragazza una dose di adrenalina pura che fece finalmente alzare Marceline da terra, reggere in piedi senza sentir dolore alcuno. Ma la consapevolezza di avere dietro di sé un pazzo omicida che si stava divertendo a vederla morire poco a poco non le piacque particolarmente e, scossa anche dall'adrenalina che le era stata iniettata, scappò a gambe levate.
-Uno...- disse il clown rimanendo fermo sul posto e sogghignando.
Marceline correva a perdifiato per i vari corridoi che sembravano infiniti. Doveva ragionare in fretta.
-...Due...-.
Molto in fretta. Come poteva sfuggire a mister gambe lunghe se non aveva nemmeno un'arma a disposizione? Scappare non sarebbe bastato: lui era il doppio più veloce di lei e l'unico modo per poter sfuggire a quelle lunghe e pesanti grinfie sarebbe dovuta andarsene da lì, da quel lugubre posto e trovare aiuto.
-...Tre.-.
Uscire...Ma certo! Era l'unica cosa che poteva fare per poter sfuggire alla morte: uscire dall'unico posto che consentiva al clown una vittoria e un'agevolazione sicura.
Marceline doveva andare via di lì e subito. L'unico problema era capire come fare.
-Che il gioco abbia inizio.-.

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