7. Siediti Ai Bordi Del Silenzio

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LOUIS

Lunedì, 08.33
Manhattan


Non gli piacevano i suoni attutiti della clinica privata sulla cinquantacinquesima strada.

Il fruscio delle porte automatiche che si aprivano al passaggio degli infermieri. Il picchiettio delle dita della receptionist sulla tastiera del computer. Lo strisciare delle suole delle pantofole ortopediche contro il pavimento dei corridoi. L'oscillazione delle rotelle delle barelle e delle aste delle flebo trasportate da medici e pazienti.

Detestava quei rumori.

Dietro le finestre insonorizzate, Manhattan rivendicava la sua presenza. Ma tra quelle pareti che racchiudevano il tempio del pianto e degli addii, non osava entrare. Perché lì le persone morivano. Sotto quel tetto i pazienti respiravano grazie ad una macchina, perché famigliari e amici non erano pronti a lasciarli andare. Pazienti cerebralmente morti che avevano varcato il limite tra la vita e la morte, e che non sarebbero mai più tornati indietro.

Ma sempre tra quei muri, di tanto in tanto, accadeva il miracolo. Ed era successo. Eppure, Louis non riusciva a essere felice nonostante il suo migliore amico avesse riaperto gli occhi dopo cinque anni di coma.

Strinse la pallina da baseball nella mano destra, rigirandosela tra le dita, contando silenziosamente le cuciture in rilievo. L'odore intenso di caffè saliva dalla piccola tazzina in porcellana. Non era riuscito a berne nemmeno un sorso.

«Che cosa provi, Louis?» gli domandò Nelson, seduto sulla poltroncina ad un paio di metri dalla sua, vestito con un elegante completo blu.

«Non è una delle nostre sedute, questa.»

«La mia è solo una semplice domanda.»

«Le tue non sono mai solo semplici domande.»

«Dipende da come le percepisce chi ascolta.»

Strinse con più forza la pallina. Odiava la supponenza degli strizzacervelli, quando giravano qualsiasi situazione, qualsiasi discorso, a loro favore. Non solo. David Nelson aveva anche l'assurda certezza di sapere esattamente cosa succedesse dentro di lui. Come?! Come poteva sapere quando Louis stesso non riusciva a mettere ordine nella propria testa?!

C'era un fastidio.

La brutta sensazione di aver bruscamente interrotto qualcosa di bellissimo e inaspettato.

Nell'istante in cui aveva imboccato Madison Avenue Bridge, si era ricordato che la sua vita era a New York e da nessun'altra parte. Non esistevano altre possibilità. Così come non esistevano per Harry Styles che, ora, apparteneva al Maine.

«Io non so come si fa a tornare alla vita di prima» gli aveva detto Liam sulla strada del ritorno. «Non sono più lo stesso di quando siamo partiti.»

«Sì, lo sei.»

«Non del tutto. Non mi sono mai sentito come negli ultimi due giorni...»

«Che vuoi dire?»

«Mi sono reso conto che per tutta la mia vita, io non ho mai sentito niente. Credevo di sentire, ma non è così.»

«Non ti capisco» gli aveva mentito. Perché la verità era che capiva benissimo, solo che non era pronto ad ammetterlo.

«Le situazioni cambiano e cambiamo noi. Che ci piaccia o no. E non negare che a Bar Harbor hai trovato anche tu qualcosa. O meglio, qualcuno che ha fatto vacillare la prospettiva della vita perfetta che credi avere.»

«Hai preso un abbaglio, Liam.»

«Ah sì? Allora perché sei andato da Styles, questa mattina?»

«Per salutarlo.»

My Forgotten Heart ( Larry / Ziam)Where stories live. Discover now