9. Il prezzo della verità

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Struggenti e insopportabili, i sentimenti di Jill torturavano la sua mente ancora nel subbuglio più completo.

Era all'incirca l'una di notte.

La donna si era appartata in una zona del bosco abbastanza riparata dal freddo e dal vento.

Ella strinse il suo corpo.

Oramai aveva smesso di piovere, tuttavia le temperature si erano abbassate notevolmente, così si era molto infreddolita essendo ancora bagnata addosso in quella porzione umida di terreno.

Era infatti posizionata ancora in quell'angolo del bosco dove era caduta assieme alla sua nemesi dagli occhi rossi, questo perché il dispositivo sul suo petto era stato riattivato. Poteva sentirlo sul suo petto, mentre le irrigidiva il corpo costringendola a non scappare ancora una volta.

Logorata dal pensiero di cosa sarebbe accaduto in futuro, la cosa che la tormentava maggiormente era che quel che era accaduto, stavolta non potesse giustificarlo.

Quel che era accaduto, infatti, per un crudele scherzo del destino, era successo proprio quando era stata libera dal vincolo del P-30. Seppur per pochi istanti, era tornata ad essere libera... ad essere Jill Valentine.

Questa consapevolezza la feriva e la umiliava terribilmente, facendola sentire una marionetta nelle sue mani, al di la se fosse sottomessa o no a quel dispositivo.

Incapace di comprendere razionalmente ciò che invece il suo cuore aveva dichiarato apertamente accettando quelle labbra crudeli sulle sue, Jill chiuse gli occhi, completamente spossata e sfinita. Probabilmente si addormentò senza neanche accorgersene.

A un tratto, un rumore attirò la sua attenzione, ma sapeva benissimo di chi si trattasse.

Aveva imparato a riconoscere i suoi movimenti.

Alzò la testa e vide di nuovo, imponente di fronte a lei, la figura di Albert Wesker.

Strinse gli occhi, volendogli trasmettere l'odio che trapelava da ogni parte del suo corpo. Come per fargli intendere dell'errore che c'era in quell'attrazione sbagliata ed insensata.

Perché lei non avrebbe mai potuto amare quell'uomo.

Wesker intese qualcosa da quello sguardo, ma non gli importava poi molto. Non era mai stato attratto né dai sentimenti, né dalle donne. Il suo disprezzo non lo scalfiva quindi minimamente.

Finché aveva il P-30 con sé, la personalità della bionda non gli importava.

Si chinò appena verso di lei, deridendo quasi il fatto che lei non potesse reagire.

"Spiacente, Jill. Ti avevo concesso la tua libertà, seppur vigilata."

L'uomo aveva infatti riattivato il dispositivo sul petto di Jill, stavolta modificandone gli impulsi, in modo che le iniezioni fossero ancora più frequenti.

In poche parole, ella non solo non era più padrona dei suoi movimenti ancora una volta, ma era ancora più oppressa di prima da quella sostanza maledetta.

Passò del tempo.

Rimasero l'uno di fronte all'altro in silenzio, riscaldati dal focolare accesso.

Wesker osservò la donna con la coda dell'occhio, indossando intanto il suo cambio di occhiali da sole, che immancabilmente aveva sempre con sé.

Nonostante il sonno stesse facendo crollare anche lui, non riuscì a chiudere gli occhi, lacerato dai ricordi che prepotentemente stavano iniziando a straziare di nuovo la sua mente.

Forse fu proprio la visione affranta di Jill davanti a se che riaccese quei pensieri. Così pallida e assorta, fragile ed insicura eppure fiera e combattiva. Ed era stato lui a rendere quella donna così.

Resident Evil - Le origini del maleWhere stories live. Discover now