5. Marchingegno diabolico (Parte 1)

64 9 6
                                    

Siamo entrambi vittime. Entrambi abbiamo inseguito qualcuno che alla fine ci ha deluso e tradito, sacrificando tutto, persino noi stessi...

Per questo mi chiedo perché, specchiandoti nei miei occhi, tu non capisca...


*** 


La sala allestita per le riunioni era buia, occupata unicamente da un lungo tavolo circolare, ove erano poggiati archivi voluminosi, documenti scientifici, e un proiettore.

Seduta, vi era l'intera equipe che aveva lavorato al caso Jill Valentine, seguendo l'evoluzione del suo status da quando era stata portata nei laboratori da Wesker circa un anno prima.

Albert Wesker sedeva a capotavola, su una poltrona in pelle nera, destando terrore già solo con il suo modo di apparire.

Egli era infatti vestito di nero, in una divisa in fibra di carbonio adatta al combattimento che esaltava il suo fisico allenato, plasmato dall'addestramento militare.

In più, le scurissime lenti dei suoi occhiali rendevano impossibile per i presenti interpretare in qualche modo i suoi pensieri.

Così, risoluti ma titubanti, essi dovevano esporre le proprie analisi sul soggetto non sapendo fino all'ultimo quale sarebbe stato il giudizio di Wesker.

Alla destra di lui, era seduta Excella Gionne, intervenuta nella riunione unicamente per stare a fianco a colui il quale lei credeva il suo partner.

Wesker prese ad esaminare i documenti raccolti su Jill durante gli ultimi giorni, analizzandoli accuratamente. Vide poi scorrere delle diapositive, che mostravano delle immagini e dei filmati, in cui la donna era stata testata in combattimento.

Erano passati circa dodici giorni dalla presa di coscienza della ragazza.

In questo frangente, avevano testato su di lei il P-30, misurando la sua forza, la sua velocità, la sua resistenza, nonché la sua suscettibilità al comando.

Avevano preparato apposta per lei una battlesuit molto resistente, che le consentisse di proteggersi dagli attacchi nemici, nonché le agevolasse ogni movimento.

Stavano esaminando in quel momento una sequenza in cui lei, essendo stata lasciata sola con una cavia infettata dall'Uroboros in una cella circolare, aveva mostrato disobbedienza agli ordini che le erano stati imposti. Ovvero: eliminare qualsiasi soggetto le si sarebbe presentato.

Volevano analizzare le modalità di combattimento che ella avrebbe adoperato, guidata dal P-30, che le avrebbe fatto scegliere, in un frangente di secondo, le mosse più efficaci da utilizzare contro il nemico al fine di realizzare l'obbiettivo con successo.

Tuttavia Jill, dopo aver eliminato all'istante i primi sette soggetti, all'ottavo aveva cominciato a mostrare segni di ribellione.

I suoi movimenti non erano più fluidi, si percepiva chiaramente un senso di disubbidienza da parte sua. La sua espressione facciale per prima mostrava subito quando non fosse più sotto il controllo della sostanza chimica.

Avevano provato ad aumentare le dosi, ma al massimo così allungavano un po' i tempi di sottomissione. Comunque il problema persisteva.

L'immagine fu fermata su un'inquadratura in cui di Jill digrignava i denti, cedendo visibilmente ai suoi sentimenti contrastanti.

"Quel che abbiamo valutato è che il soggetto potrebbe essere per sempre in grado di non sottostare completamente al P-30. Dunque l'unica soluzione possibile è sottoporla a delle iniezioni più frequenti."

Resident Evil - Le origini del maleWhere stories live. Discover now