"La Caccia ai Drow"

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"Non ci credo!", esclamò, buttandosi tra le braccia del primo di quegli uomini. Tutti i cacciatori rimasero stupiti in un primo momento, ma poi si lasciarono andare in strani gesti d'affetto, forti pacche alle spalle e esclamazioni sguaiate.

Paolo emise un brusco lamento nel suo sonno tormentato e Gea, udendolo, si chinò subito su di lui. Gli posò una mano sul viso imperlato di sudore.

"Deve andare via di qui", scosse il viso preoccupata.

"Ora che Coco è salva, potete lasciare la città e mandare ulteriori rinforzi. La missione era troppo alta per il vostro gruppo. Sarà quel cretino di Orahem a ricevere la punizione", tentò di tranquillizzarla Lumina.

"Andare via? Proprio ora che si prospetta una delle cacce ai drow più belle della storia?", sbuffò uno dei cacciatori lì presenti. Gli elfi li fissarono sconvolti.

"Loro sono molti più di noi", esitò Apollonius.

"Portate voi il ragazzo dei Greco via di qua. Noi la prendiamo come una sfida. I Mogor sono i nostri nemici di sangue. Ci hanno provocato rapendo la nostra cucciola? Riceveranno quel che si meritano", ringhiò quello che sembrava essere il capo degli uomini. Gli altri si esaltarono alle sue parole, brandendo e alzando le loro armi. Asce, spadoni, balestre e lunghi coltelli pacchiani fecero rabbrividire i gemelli alla sola vista.

"La missione è occuparsi della sparizione dei Normali, non fare una guerra contro il vostro clan nemico!", tentò di riportarli alla coscienza Gea.

"Se il nostro clan è la causa della sparizione dei Normali, lo è, elfetta", le rispose ghignando il capo dei Colonie. Gea iniziò ad alterarsi. Come tutti i membri della famiglia Liw$$, anche la sua pazienza aveva determinati limiti in certe situazioni. Apollonius le posò la mano sulla spalla, conoscendola anche fin troppo bene. Il cervello di Gea iniziò a pensare ad una soluzione al problema causato da quegli idioti cavernicoli. Coco se ne stava in disparte, in silenzio, non potendo dar contro ad un suo superiore, ma Gea non era una cacciatrice. Fu quel pensiero che la fece trasalire. I cacciatori erano una casta divisa in livelli sociali. Ogni clan aveva il suo posto nella loro strana società. Ogni clan doveva rispondere a delle leggi comuni a tutti i cacciatori.

"Penso che il vostro clan sarà punito per omesso soccorso nei confronti di un erede capo clan di una casata superiore alla vostra. Quanto disonorevole può essere un comportamento simile?", le parole le uscirono dalla bocca con un tono duro, che non riuscì a trattenere. Gli occhi della donna sogno si erano ridotti in due minuscole fessure rabbiose. Stringeva i pugni e sentiva cozzare gli anelli tra di loro. Non poteva assolutamente permettere che Paolo restasse lì.

"Lasciali fare", mormorò all'improvviso la voce del giovane cacciatore. Gea si ritrovò a saltare per la sorpresa. Paolo aveva ripreso i sensi, sembrava essere affaticato, ma quello era il segno evidente che il veleno dei drow era stato sconfitto dal suo organismo.

"Come hai detto, elfetta? Che cosa stavamo omettendo?", il gruppo di omaccioni si mise a deriderla. Gea tentò di sostenere comunque il loro sguardo, ma sentiva la furia crescere in lei. Aprì e chiuse i pugni d'istinto, per tentare di frenare la sua voglia di fare tremare il mondo. Paolo le prese una mano. La sua stretta era debole, ma sicura. L'elfa abbassò lo sguardo verso di lui e, come per magia, si calmò. Il ragazzone tentò di alzarsi e Apollonius fu subito lì ad aiutarlo.

"Però", iniziò il discorso. Sembrava che stesse tentando di mettere in ordine i suoi pensieri.

"Vi proibisco di parlare con questo tono al mio Generale. In questo momento io sono superiore a voi e lei lo è a me. Fate un po' i calcoli", ridacchiò, come se quella cosa fosse troppo divertente. I cacciatori si zittirono tutti di colpo. Gea strabuzzò gli occhi. Paolo l'aveva appena difesa. Gli altri cacciatori la stavano guardando come un essere inferiore, una papabile preda, mentre lui la trattava normalmente, come una persona e come il suo superiore.

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