Ci dirigemmo verso l'entrata, camminando seccati. Lo stavamo facendo solo per Victoria, e forse anche per la strada che avevamo fatto dalla University of Toronto a lì. Per essere un pub, era strano che non vi fosse neanche qualcuno davanti all'entrata a controllare il via vai di gente. Che poi via vai non era, dato che in mezz'ora che eravamo lì davanti a discutere non avevamo visto nessuno avvicinarsi per entrare.

Il primo ad entrare dopo aver aperto la porta fu Harry, non per il coraggio, piuttosto per l'impazienza. Quando tutti fummo all'interno del locale, iniziammo a capire di cosa si trattava. Il forte odore di rose ci investiva, facendoci arricciare il naso. Una schiera di dodici ragazzi impalata davanti l'ingresso doveva essere qualcosa di estremamente ridicolo.

Le luci rosa erano soffuse, ma si vedeva tutto alla perfezione. Sulla destra vi era un lungo bancone e dietro di esso un uomo sulla quarantina. Aveva addosso dei pantaloni neri, da essi partivano delle bretelle nere attaccate con delle morsette argentate. Non indossava una camicia o una maglia, ma sfoggiava tranquillamente i suoi addominali. Certo, aveva un bel fisico per l'età che aveva. Sul suo viso vi erano delle piccole rughe, oltre a quel sorriso ammiccante, che dimostravano la sua reale età.

Difronte a noi vi era qualche tavolo, pieno di soli uomini, e in fondo alla sala, attorno a dei pali da lap dance vi erano quattro uomini -e anche un giovanissimo ragazzo- che si esibivano nei modi più provocanti e volgari possibili. Erano coperti solo per non mostrare i gioielli di famiglia, ma per il resto erano nudi. Se la distanza non ingannava, avevano anche del rossetto sulle labbra e dei brillanti su occhi e zigomi.

- Umh... - sentii mormorare da Jodie al mio fianco, chiaramente sconcertata dalla scena. Nessuno ci aveva ancora notati, ma forse era meglio così. Avevamo delle facce così scandalizzate da far paura.

- Che posto carino, vero, Vicky? - disse ironico Harry, incenerendo con lo sguardo la diretta interessata, che prima arrossì per l'imbarazzo e subito dopo sbiancò.

Avevamo tutti delle facce scioccate, le bocche aperte e lo stupore negli occhi. A rompere la nostra trance fu una risata che conoscevo alla perfezione, una risata che mi fece rabbrividire. Shawn non aveva parlato fino ad allora. Anche durante la discussione all'esterno dell'edificio era rimasto zitto, seguendo ciò che dicevano gli altri. Ciò dimostrava che non gliene importasse un granché. Dopo la conversazione avuta sabato notte, sapevo che per la mente aveva tutt'altri pensieri.

Mi chiedevo come un diciannovenne potesse essere così afflitto. Forse la fama, in alcuni casi, non era una cosa del tutto meravigliosa.
- Grandioso. Però ora andiamocene, qua ci prendono tutti per gay - borbottò, facendoci sorridere. Sì, perché fece sorridere anche me. Voleva dimostrare di essere arrabbiato, ma sotto sotto, anche se dentro di sé si sentiva uno schifo, in quel momento si stava divertendo.

- Oh, quanti bei ragazzi! Io sono Tarzan, piacere di conoscervi, zuccherini - esclamò un cinquantenne -anche lui gay- venendo verso di noi. Aveva dei capelli ricci fin sopra le spalle e degli occhiali quadrati.

Nulla contro i gay, anzi mi facevano simpatia, ma quello lì faceva proprio paura. Stavo per dire ad Harry di farsi avanti, quando mi resi conto che tutti i membri del nostri gruppo possidenti il cromosoma Y si erano già volatilizzati. Ci guardammo intorno, rendendoci conto di essere state abbandonate.

Scoppiammo tutte a ridere sotto lo sguardo confuso ma comunque malizioso dell'uomo, prima di girare i tacchi ed andarcene da quel luogo. Era un posto orribile -almeno per noi- ma quanto meno ci eravamo fatti una bella risata.

E fu proprio quando uscii all'aria aperta che decifrai l'immagine raffigurata nell'insegna sopra il locale. Due uomini che bevevano da due calici di champagne, circondati da miliardi di cuoricini che risalivano verso l'alto grazie al movimento delle luci.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Where stories live. Discover now