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Il giorno dopo, a pranzo, ripenso alle parole di Clara mentre mangio lentamente. Ho lo stomaco serrato in una morsa e mandare giù qualche pezzo di carne risulta difficile. Evan fa il suo ingresso nella stanza ed io non posso fare a meno di ammirare la sua bellezza. Possibile che dietro ad un volto apparentemente angelico, si nasconda un mostro?
Posa gli occhi di un verde smeraldo su di me e la sua bocca si apre in un sorriso.
E se il mostro volesse redimersi?
Clara mi ha dato la possibilità di compiere una scelta: provo a salvarlo e spezzare così la maledizione, o fuggo.
Fuggire ora sarebbe da vigliacchi, ed io voglio tentare di far redimere Evan.
- Buon giorno, Miss Donato. Avete dormito bene? - chiede in uno strano tono, gli occhi penetranti sempre fissi su di me.
Resto un momento in silenzio, confusa. Ho passato la notte da lui. Sa perfettamente che non è stata una buona nottata per me. Poi distolgo lo sguardo da lui, rivolgendolo ad Ermine che è sempre stata in silenzio in piedi accanto al mio posto. Lentamente, volto di nuovo la testa per incontrare gli occhi verdi di Evan.
- Sì - dico, ma la mia voce è flebile.
Lui fa un cenno del capo impercettibile. - Bene -.
Evidentemente non vuole che Ermine sappia cosa è accaduto questa notte. Mi chiedo perché. Forse per non spaventarla?
Poso la forchetta e mi alzo.
- Con permesso - mormoro, ma quando passo accanto ad Evan, lui mi ferma afferrandomi per un braccio. Alzo lentamente lo sguardo sul suo viso, incorniciato dai capelli corvini. - Ti aspetto nella sala da ballo - sussurra.

Pochi minuti dopo, faccio il mio ingresso nell'immenso salone. Osservo i grandi quadri che ricoprono le pareti. Sono perlopiù ritratti di Evan, dei suoi genitori e di paesaggi. Alzo lo sguardo verso l'enorme lampadario, appeso ad un soffitto sapientemente affrescato. Raffigura un cielo di un azzurro intenso cosparso di nuvole bianche ed angeli che suonano vari strumenti musicali, dalle trombe ai flauti.
Giro su me stessa, poi un particolare quadro richiama la mia attenzione. Ritrae un uomo con una mano posata sulla spalla di Evan. Mi avvicino di più, notando uno strano luccichio rossastro nei suoi occhi, il sorriso crudele.
- Trovato qualcosa che vi affascina?
Sobbalzo, trasalendo alle sue parole. Evan è entrato nella stanza senza che me ne accorgessi, ed ora è appoggiato al pianoforte con un fianco. - Io...quel dipinto, sembra così realistico...- inizio, ma mi fermo quando Evan tira le labbra in un sorriso molto simile a quello del ritratto. - La mia famiglia si è sempre circondata di persone capaci - dice soltanto, avanzando verso di me.
- Vostro padre, - balbetto, - dov'è?
Serra le labbra. - In viaggio - taglia corto, ed io capisco che non ha intenzione di approfondire l'argomento, ma l'uomo che ricordo non somiglia nemmeno vagamente a quello del ritratto.
- Non può essere in viaggio - mormoro comunque. - se voi avete vissuto per secoli, i vostri genitori sono...deceduti. Com'è possibile che vostro padre sia venuto con voi in casa nostra? - chiedo, alludendo al giorno in cui ho conosciuto Evan.
- Dimentico sempre la vostra perspicacia - dice con un ghigno storto. - Mio padre è deceduto da tempo, ormai. Ogni volta che devo presentarmi ad una Donato, ho bisogno di una figura di un padre che mi accompagni, come da buona educazione. Perciò recluto un uomo che abbia delle caratteristiche il più possibile simili alle mie. Un uomo che poi partirà per un viaggio molto lungo.
Una scintilla crudele gli accende gli occhi, ed io rabbrividisco, non osando immaginare a cosa le sue parole si riferiscano. Si avvicina così tanto che le sue scarpe toccano le mie, il suo respiro freddo mi sfiora la pelle del viso.
- Ora che sai il mio piccolo segreto,- sussurra, sfiorandomi la guancia con un dito - mi piacerebbe suonare -.
Mi posa una mano sulla schiena e mi conduce al pianoforte, dove si siede ed inizia a carezzare i tasti, producendo una dolce e bassa melodia. Resto ad ascoltare incantata, osservando rapita ogni sua movenza. Improvvisamente si alza, venendo verso di me. Mi tende una mano.
- Miss Donato, vorrete concedermi questo ballo? - chiede, con un sorriso furbo. Titubante, la afferro. Evan non accetterebbe una risposta negativa. Non appena gli prendo la mano, mi tira a sé, facendomi scivolare un braccio attorno alla vita possessivamente.
Il suo sguardo si incatena al mio, ed iniziamo a muoverci su una melodia inesistente. Evan mi guida attraverso la sala in giravolte e volteggi, senza smettere di guardarmi.
- La senti? - chiede ad un certo punto.
- Cosa? - replico, ma nello stesso istante la stessa dolce melodia suonata poco fa da Evan si fa strada tra le pareti della stanza.
Mi volto di scatto verso il pianoforte, senza nessuno a suonarlo. Evan è qui, mi stringe a sé. Alzo gli occhi su di lui, trovando i suoi smeraldo. Un bagliore li attraversa, schiarendoli. - Come è possibile? - domando in un flebile sussurro.
Lui alza le spalle. - La musica è radicata in te, Eleanor. Una melodia ti accompagna sempre -.
Lo osservo, accigliandomi, ma non ribatto e semplicemente mi abbandono fra le sue braccia in questa strana danza con il demonio.

White Roses Where stories live. Discover now