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Guardo fuori dal finestrino della carrozza il panorama che scorre veloce intorno a noi, mentre una lacrima solitaria mi riga una guancia.
Evan è seduto di fronte a me, mi osserva in silenzio.
-Non essere triste- dice; sorride -o almeno, non lo essere prima del tempo: ancora non sai cosa ti aspetta-.
Rabbrividisco e mi faccio coraggio per non scoppiare in lacrime.
Mi mordo il labbro con forza.
-Ah- aggiunge -non morderti il labbro in quel modo, o finirai male-.
Sgrano gli occhi, spaventata.
Questo ragazzo, così gentile fino a pochi giorni fa, ora si sta rivelando un pazzo di cui aver paura.
-C-cosa volete farmi?- balbetto.
Lui mi fissa negli occhi a lungo, ed io sostengo per la prima volta il suo sguardo.
Lui storce le labbra.
-Non mi provocare-.
La carrozza si ferma improvvisamente, ed io rischio di essere sbalzata in avanti.
-Siamo arrivati- mormora appena, non degnandomi di uno sguardo; scende agilmente dalla carrozza ed io lo seguo a malincuore.
-Siete la benvenuta alla mia reggia, Miss Donato- mi rivolge uno sguardo che mi secca la gola.
Non capisco perché continua ad alternare la formalità all'informalità.
Non rispondo, abbasso lo sguardo e lo seguo fin dentro casa.
Una volta dentro, la penombra ci avvolge; regna il silenzio.
-Clara- chiama Evan, la sua voce pare rimbombare tra le pareti.
Poco dopo, compare una ragazza dai capelli color fragola.
Si avvicina a noi, ed io quasi reprimo un urlo quando scopro che i suoi vestiti sono macchiati di sangue.
-Oh mio Dio- esclamo -state bene? Volete che chiami un medico?-.
Lei mi guarda soltanto.
-Non vi preoccupate, Miss Donato- Evan mantiene un tono tranquillo -Clara, ti prego, vatti a cambiare; poi dovrai accompagnare la signorina qui presente nella sala da pranzo-.
Lei fa un cenno affermativo del capo, poi si allontana nella penombra.
Strizzo gli occhi per abituarmi al buio.
-Venite, Miss Donato- Evan mi fa cenno di seguirlo, poi mi posa una mano sulla schiena.
-Quella ragazza- dico io preoccupata -sta male, dobbiamo aiutarla...-.
-Non è niente di preoccupante, credetemi- mi interrompe secco.
-Ma è coperta di sangue !- quasi urlo.
A questo punto, Evan si ferma bruscamente, voltandosi verso di me.
-Ti ho già detto di non preoccuparti. E quando ti dico di fare una cosa, Eleanor, una sola cosa è certa: non è un consiglio-.
Deglutisco, scossa dal suo comportamento.
Continua a camminare finché non si ferma davanti ad una porta.
Una figura è incisa nel legno, proprio al centro.
Mi avvicino per osservarla meglio; è una rosa.
Indietreggio quando anche lui si avvicina. Con un gesto secco, apre la porta, mi fa cenno di entrare.
-Questa sarà la vostra stanza, Miss Donato- annuncia con un sospiro.
-Non avete ancora mangiato, perciò tra non molto verrà a prendervi Clarissa e vi porterà in sala da pranzo, dove potrete servirvi della cena-.
Fa per andarsene, ma io lo fermo.
-E se non volessi cenare?-.
Sento che emette un lieve sbuffo.
Si volta, fa un passo verso di me.
-Non farmi arrabbiare, Eleanor- sussurra -o le cose si metteranno peggio di come non sono già-.
-Non sono una vostra marionetta- sibilo.
Lui stringe gli occhi, mentre qualcosa di agghiacciante li attraversa.
Lo guardo con occhi sgranati, improvvisamente ho paura.
Lui guarda a terra, fa un respiro profondo.
-Non essere testarda e non farmi arrabbiare- ripete calmo -un giorno mi ringrazierai-.
Si allontana a passo svelto, mentre io entro nella mia nuova stanza e mi chiudo la porta alle spalle, ripensando a ciò che ho visto poco fa.
Nei suoi occhi di un verde penetrante, mi è parso di scorgere una strana luce rossa.

White Roses Where stories live. Discover now