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-Miss Donato.
Mi volto immediatamente con un sobbalzo, trovando Evan a pochi passi da me.
-Oggi è una bella giornata, sarei felice di passeggiare nei miei giardini in vostra compagnia. E poi, se non ricordo male, vi piacciono le rose in modo particolare, non è così? Mi sembra di avervi promesso che vi avrei portata a vederle.
-Parlate seriamente?- scatto -perché vedendo i vostri atteggiamenti in merito, non mi siete sembrato molto felice di trovarmi nei pressi delle vostre siepi.
Solleva un angolo della bocca.
-Perché eravate sola. Mi sbaglio?-.
Ho la netta sensazione che la sua domanda si retorica, così resto in silenzio.
-Dunque, avete preso la vostra decisione? Verrete con me?
-Ho forse altra scelta?- mormoro, mesta.
Sbuffa divertito, poi mi porge il braccio. Lo osservo per un momento, non volendo né andare con lui né accettare il suo silenzioso invito. Ma ricordo perfettamente le parole che ha utilizzato ieri sera e non posso negare di essere spaventata tuttora e terrorizzata al solo pensiero delle sue chiare minacce. Perciò, non potendo fare altrimenti, sollevo la mano destra e la poso sul suo braccio. Lo scorgo sorridere beffardo, con un lieve accenno di trionfo nella sua espressione e tutto ciò non fa altro che innervosirmi ancora di più, ma sono costretta a mordermi la lingua e a cacciare dentro ogni sorta di insulto possibile, e l'orgoglio non fa che bruciarmi nel profondo dell'anima.
Quando usciamo finalmente dagli interni tetri della villa, strizzo gli occhi, beandomi della sensazione di tepore sulla pelle, accarezzata dai raggi solari. Sbircio Evan di nascosto, scoprendo che avrebbe il volto completamente rilassato, se non fosse per una leggera ruga sulla fronte.
-Non vi dà fastidio la luce del sole?- domando, sperando che non abbia una reazione negativa.
Lui mi osserva con la coda dell'occhio, poi dice: -Credete che la luce del sole mi dia fastidio per via del mio essere?
-Sono credenze popolari- rispondo dopo un po', guardando a terra.
-Le credenze popolari sono solo credenze popolari- fa un cenno della mano, come a voler minimizzare le sue stesse parole. -Non nascondo però che preferisco di gran lunga il buio, al chiarore accecante della luce- dichiara portandomi verso un piazzale nel cuore del labirinto di siepi che è il giardino immenso di Evan.
Al centro del piazzale c'è una grande fontana, padroneggiata da due statue ingrigite dal tempo raffiguranti un uomo ed una donna.
Mi avvicino ancora di più, per apprezzare meglio la scultura.
L'uomo è a terra, la faccia contratta in un'espressione d'ira disperatata mentre si osserva le mani, coperte di
un qualcosa di più scuro. Ha un aspetto molto giovane, ed è fasciato in abiti eleganti, così come la donna, in piedi accanto a lui, l'espressione severa. Ha il braccio teso verso l'uomo, e nella mano stringe una rosa.
Solo adesso mi rendo conto che entrambi i personaggi si trovano in un campo di rose.
Abbasso lo sguardo e noto che anche la poca acqua che riempie la vasca circolare della fontana è piena di rose rosse galleggianti su di essa.
Rabbrividisco per la tetra tristezza che questa visione ha scatenato in me.
Solo ora però, alzando gli occhi e rivolgendo la mia attenzione a ciò che mi circonda, ammiro la bellezza del fiore rappresentato dalla scultura presente nelle siepi di un verde scuro che circondano l'intero piazzale.
Nonostante tutto ciò sia uno spettacolo magnifico nel suo insieme, mi pervade uno strano senso di inquietitudine.
-È davvero mozzafiato- sussurro di getto, sollevando lo sguardo sulle due statue sulla sommità della fontana.
-Avevo già dedotto che ne siete rimasta affascinata dalla vostra espressione- dice Evan, ed improvvisamente sembra essersi irrigidito.
Muovo un passo verso le siepi.
-Queste rose...- penso ad alta voce.
-Sono così rosse, non ne ho mai viste così. A casa mia...-.
Mi blocco immediatamente, la voce che mi muore in gola. Evan mi ha proibito di parlare della mia vecchia vita, comprese la mia casa e la mia famiglia. Il mio sguardo impaurito saetta sul suo viso, per poi scivolare altrove. Lui non dice nulla. Rimane in silenzio per un momento, poi mi posa una mano aperta sulla schiena, spingendomi a camminare per tornare verso la villa, ed allontanarmi dal piazzale.
-Signor Woods- richiamo la sua attenzione, desiderosa di porgli la domanda che mi frulla in testa.
-Sì?- il suo tono di voce è sorpreso.
-Perché la fontana ha un soggetto così pieno di...disperazione?
-Eleanor, sono certo che sappiate già la risposta, nel profondo della vostra anima.
Detto questo, mi conduce all'ingresso della villa, e veniamo così inghiottiti di nuovo dall'oscurità delle sue stanze.

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