Capitolo undicesimo: reminiscenze.

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In realtà (e me ne rendo conto solo ora) avevo stretto un accordo senza sapere cosa dovessi realmente fare. Insomma, non dovevo dire nulla di ciò che avevo sentito, e fin qui andava tutto bene. Ma per il resto? Come potevo io, umana qualunque, aiutare un angelo di Dio? Era passato del tempo da quel colloquio con Metatron, anche se non so esattamente dire quanto. Mi spaventava il fatto che ormai fosse diventato di routine stare per la maggior parte del tempo seduta ad un grande tavolo al centro di un'enorme stanza a leggere: sembrava che avessi letto tutti i libri sugli angeli a disposizione, ma riuscivo sempre a trovarne di nuovi. Avevo inoltre scoperto anche dei libri riguardanti le arti di difesa personale, che amavo sfogliare quando volevo qualcosa di leggero. Forse un giorno mi sarebbero potute tornare utili tutte quelle informazioni. E comunque, non avevo davvero altro da fare e nessuno con cui parlare, quindi non avevo molta scelta.

Ero quel giorno intenta a leggere e nella stanza vi erano sia Kevin che Dean. Il primo continuava a tenere gli occhi su una tavoletta di pietra, facendo scorrere lo sguardo su quegli strani segni che lui solo riusciva a leggere. Mi aveva detto di essere un Profeta ma solo allora avevo capito quanto importante fosse il suo ruolo. Indossava una maglietta rosa ed una felpa beige e, nonostante avesse l'aspetto più riposato di quando l'avevo visto per la prima volta, aveva comunque l'aria stanca. Avevo provato più di una volta a lanciare un'occhiata sulla tavoletta, cercando di capire anche io quei segni, ma senza successo. Così, le parole dei demoni e di Abaddon che mi identificavano come Profeta avevano ancora meno senso. Scossi il capo tra me e me, quasi esasperata dal mio continuo "non sapere" le cose, e rivolsi la mia attenzione a Dean, il quale indossava una camicia rosso scuro con le maniche tirate su fino ai gomiti. Il cacciatore aveva avanti a sé un computer, ma, essendo io difronte a lui, non riuscivo a vedere cosa stesse cercando nel web. Sembrava comunque essere molto preso dal suo lavoro. In realtà lo sembravano tutti ed io mi sentivo ogni secondo che passava sempre più una scansafatiche. Qualche volta dimenticavo di essere arrabbiata con i fratelli per avermi abbandonata e spesso mi venne voglia di dar loro una mano e di rendermi utile. Poi però ricordavo a me stessa di avere altre cose di cui preoccuparmi e lasciavo perdere, tornando ad indossare quella maschera sempre burbera e di cattivo umore che mi ero abituata a portare.

<<Dean.>> lo chiamò ad un tratto il Profeta, al che tornai subito al mio libro e mi mostrai completamente disinteressata <<Forse qui non c'è niente.>> Kevin prese una pausa, deglutendo e sospirando <<Crowley ha detto che l'incantesimo che ha fatto cadere gli angeli è irreversibile.>> spesso mi riusciva facile dimenticare che tutti gli altri personaggi avevano i loro problemi da risolvere. Ero sempre concentrata su di me, su cosa stessi facendo e su come avrei potuto salvare Rebecca che trascuravo i problemi che affliggevano coloro che erano intorno a me ed il mondo in cui vivevano. Ero contenta di non farne parte in modo permanente ma, dato che ero lì al momento, forse mi sarei dovuta informare. Comunque, dopo aver detto ciò, Dean guardò Kevin di sfuggita, per poi pronunciare indimenticabili parole di saggezza:

<<Sì, beh, 'fanculo Crowley.>> che poesia, pensai <<Perché dovresti pensare che quello che dice sia vero?>>

<<Perché dovrebbe mentire?>> mi intromisi io ad un tratto, guardando il Profeta e poi il cacciatore <<Che cosa ci guadagnerebbe?>> mi sarebbe piaciuto continuare il discorso ma Dean mi stava lanciando un'occhiata così di fuoco che mi sentii avvampare. Kevin non sembrò accorgersene, dato che stava ancora guardando la tavoletta con le sopracciglia corrugate. Disse che una parte era quasi indecifrabile, quasi come se Metatron l'avesse scritta proprio con l'intento di nascondere le parole. Quando sentii nominare l'angelo tornai immediatamente con gli occhi puntati sul mio libro, lanciando di tanto in tanto un'occhiata al cacciatore ed assicurandomi che non mi avesse notata sobbalzare. A quanto pare il mio angelo si era dato parecchio da fare, ed il suo potere era quindi molto più grande di quanto mi aspettassi. Se era davvero tanto forte quanto lo immaginavo io, allora poteva riportare sia me che Rebecca a casa in un batter d'occhio. Mentre ripensavo al mio ritorno e alla mia vittoria in modo fin troppo anticipato, nella stanza fece la sua entrata Sam: desiderai di andarmene il più lontano possibile da lì appena lo vidi. Era strano dover lavorare in segreto con qualcuno che si trovava nel corpo di qualcun altro, e so che a dirla così sembra complicato. E, effettivamente, lo era eccome. Spesso e volentieri Gadreel prendeva possesso del corpo di Sam, usciva dal bunker ed incontrava Metatron, ma non sempre a questi incontri la mia presenza era richiesta. Quando avevo accettato di collaborare con quegli angeli mi ero sentita al settimo cielo, dopo un po' di tempo però avevo iniziato ad essere nervosa. Ma, sopratutto, a dimenticare dove mi trovassi. Ero in una serie televisiva, dove tutto era regolato secondo ritmi ben precisi, ed io ero un elemento esterno alla storia, un'intrusa che non aveva nulla a che vedere con i personaggi. Eppure, in qualche modo, ero finita proprio ad aiutare uno di loro. Una piccola parte di me aveva la sensazione che non sarebbe finita bene, nonostante ciò continuavo sempre a sperare che la mia storia potesse avere un lieto fine. Quindi, i dubbi erano all'apice di tutta una serie di emozioni e sensazioni che provavo da quando aprivo gli occhi la mattina a quando li richiudevo la sera. Stavo davvero facendo la cosa giusta? Non stavo forse continuando a mentire a Dean e a Sam non dicendo loro la verità su "Ezechiele"? Mi ripetevo questo ed altro durante la giornata, ma alla fine arrivavo sempre ad una conclusione sola: non avevo altra scelta. O stare zitta, giocare la mia parte e tornare a casa, oppure raccontare la verità, venire rimproverata per non averlo fatto subito, e restare ancora intrappolata lì. Non riuscii a trattenermi e puntai gli occhi su Sam, il quale si accorse del mio sguardo e lo ricambiò. Alzò brevemente un sopracciglio nel rendersi conto che lo stavo fissando dritto negli occhi senza però guardarlo realmente, ma alla fine sia io che lui tornammo a ciò che stavamo facendo prima.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 24, 2017 ⏰

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