sbuffo, ruotando gli occhi per la centesima volta, oggi. e sono appena le due di pomeriggio.
- potrà non essere tuo fratello, ma è decisamente sexy. -
interviene cassie per sostenere il ragazzo. si prendono a braccetto e ridacchiano, continuando a lanciare apprezzamenti verso il mio fratellastro.
- sicura che voi non abbiate mai scopato? -
fa tommy, e mi trovo a sbuffare di nuovo.
- no, timothy. per l'ennesima volta: non abbiamo mai scopato. -
- come fai a vivere con uno così e non scoparci? -
- l'hai detto tu che non siete fratelli, non ci sarebbe niente di male. -
prima che possa rispondere, siamo arrivati al pick up di justin, e non voglio che lui senta i nostri discorsi, quindi sto zitta.
- scar. -
mi saluta, togliendo gli occhiali dal naso.
- ju.. -
- ciao, justin! -
vengo brutalmente interrotta dalle vocine di cass e tommy, alle mie spalle, che sono diventati ridicolmente rossi in viso e continuano a tenersi stretti a braccetto per darsi forza a vicenda, mentre ridacchiano.
- hey là. -
risponde il ragazzo più grande, sorridendo.
- ti sei tagliato i capelli? -
chiede cass, indicandolo. justin si passa una mano sulla testa.
- già, mi ero stancato del ciuffo. -
- ma era sexy. -
mi volto di scatto verso tommy e lo fulmino con lo sguardo.
- a domani, justin. -
sbotta immediatamente per sviare il discorso, e sparisce, portandosi dietro cassie. scuoto la testa. non mi hanno nemmeno salutata. ed io che li considero delle eccezioni a questa gente di merda.
- non posso credere che entrambi i tuoi migliori amici abbiano una cotta per me. -
dice justin, mentre sale in auto. faccio lo stesso, sistemandomi sul sedile del passegero. immediatamente, mi rilasso contro la seduta comoda.
- tutti a scuola hanno una cotta per te. -
dico ovvia, pensando a quante ragazze mi abbiano chiesto il numero di justin solo perché siamo fratellastri.
- davvero? -
ridacchia, ed io annuisco.
- sono snervanti, davvero. e onestamente, che cazzo ci trovano in te? -
- ah ah ah. sei gentile. -
sbuffa lui sarcasticamente, mentre guida verso casa. finalmente.
- come è andata a lavoro? -
domando, come faccio ogni giorno. justin ha finito il liceo quattro anni fa, ma ha deciso di non andare al college. lo studio non è per lui e, onestamente, lo capisco alla grande. inoltre, suo padre è il solo a lavorare in casa, e lo stipendio che gli danno in officina è a malapena abbastanza per mantenere una famiglia di quattro persone. perciò, justin ha trovato lavoro in un negozio di dischi vicino scuola. il suo orario di lavoro gli permette di portarmi e venire a prendermi, la paga non è molta, ma sommata a quella di suo padre jeremy è decisamente qualcosa.
- al solito. non è successo niente di eclatante. la scuola, invece? -
sbuffo sonoramente solo al ricordo della giornata passata, accasciandomi lungo il sedile.
- uno schifo. il signor nixon ha fatto un'altra delle sue sclerate perché un tizio non riusciva a fare il salto in lungo. -
- nixon? ma non dovrebbe essere in pensione? -
- dovrebbe. quell'uomo è una specie di mummia vivente. -
sento justin ridere dal sedile di fianco.
- alla sua età non dovrebbe insegnare educazione fisica. voglio dire, è pericoloso, potrebbe rompersi il femore o roba del genere. -
dice. so che il signor nixon era anche un suo professore, quando andava al liceo, in realtà, credo che insegni in quel liceo da decenni.
- alla sua età non potrebbe insegnare niente e basta. -
ancora pochi minuti e ci ritroviamo nel vialetto di casa. mi trascino fuori dal pick up, e sono contenta che justin abbia deciso di portare la mia borsa al posto mio. è piena di libri e pesante, e dopo una giornata del genere, un po' di aiuto può solo farmi piacere.
- siamo a casa! -
urla appena entriamo, per far sapere a mia madre che siamo tornati. jeremy non è in casa, non tornerà fino a stasera prima di cena, a causa del lavoro.
subito sento il profumo di cibo pronto, e anche se non so cosa mia madre abbia cucinato, non vedo l'ora di sedermi a tavola e mangiare. mi lascio guidare dall'acquolina fino alla cucina, dove trovo un tavolo apparecchiato per tre, e mia madre che sistema i piatti fumanti.
- ciao, mamma. -
- ciao, roxanne. -
diciamo io e justin in contemporanea, e a turno le lasciamo un bacio sulla guancia.
- ciao, ragazzi. sedetevi a mangiare, o si raffredderà. -
nonostante io e justin non siamo parenti, e mia madre e suo padre non sono ufficialmente sposati, in realtà è come se fossimo davvero una famiglia. viviamo insieme da quando io avevo otto anni e justin tredici, siamo praticamente cresciuti insieme, quindi non credo potremmo essere più uniti di quanto non siamo già. lo stesso vale per jeremy, suo padre. sa che amo mio padre e non ha mai cercato di rimpiazzarlo, ma si è comunque comportato meravigliosamente con me e mia madre, sin dal primo giorno. so che ci vuole bene e noi ne vogliamo a lui.
non serve avere lo stesso cognome per essere una famiglia felice, e noi lo siamo, nonostante i piccoli diverbi e litigi. cosa potrebbe mai andare storto?
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[A/N]: siamo alle solite, carissimi. l'università porta la mia vita sociale al minimo essenziale, e quel poco tempo libero che dovrei sfruttare per continuare le mie storie, lo uso per cominciarne di nuove. dovreste essere abituati, a quest'ora. ad ogni modo, come vedete questa storia è leggermente diversa dalle altre, in quanto è scritta nel presente e senza maiuscole (come ho già fatto in voiceless). per il resto, è solo l'ennesima idea che mi frulla in testa. spero vi piaccia.