23.CAPITOLO: Il vestito giallo

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ADÈLE

Non potevo crederci.

Dopo aver rincorso il cameriere che si era preso inavvertitamente la busta con il mio vestitino, ero salita al terzo piano per raggiungere Giselle e Victor.
Avevo trovato la porta del salone privato socchiusa, quella dove la padrona di casa ci accoglieva ogni volta che io e mamma andavamo a trovarla. Le voci provenienti dall'interno, mi diedero conferma che avrei trovato il mio fratellastro e Giselle in quella stanza.
Avevo abbassato la maniglia con allegria, immaginando che tra non molto sarebbe arrivata Martine, ed io non avrei più dovuto passare nemmeno un minuto con l'imbecille.
Dalla notte precedente, quando mi aveva cacciato letteralmente dalla mia camera da letto, non ero riuscita a rivolgergli nemmeno uno sguardo veloce. Avevo quasi paura ad incontrare i suoi occhi così simili ai miei. Avevo paura di leggerci dentro sia un rifiuto che un desiderio nascosto.
Così, quella mattina, mi ero imposta di far finta che lui nemmeno ci fosse in macchina con me.
Ma, per quanto tentassi di tenerlo a distanza, Victor combinava sempre qualche guaio che mi faceva imbestialire.
« Il mio vestito...» balbettai scioccata fissando l'abito rosso scarlatto appena macchiato di tè.
« Scusa! Ma sei entrata come una furia...» la voce del mio fratellastro mi arrivò lontana, come un eco.
Stavo immaginando i soldi buttati e la serata rovinata.
Era mai possibile che non me ne andasse mai bene una?
« Sei incredibile » mormorai con amarezza scuotendo la testa, alzando finalmente il mio sguardo nel suo.
I suoi occhi erano visibilmente amareggiati.
« Forse con un po' d'acqua...» Victor allungò le mani verso il mio vestito, ma io lo lasciai cadere a terra imbronciata e delusa prima che lui potesse afferrarlo.
« Lascia stare. Non si toglierà la macchia » sbottai guardandolo con odio.
« Ti ho chiesto scusa! » replicò lui intuendo il mio cambio d'umore e incrociando le braccia al petto indispettito.
« Scusa. Certo. Vorrei capire che ci fai nella mia vita?! » alzai il tono della voce più del dovuto, chiedendomi cosa avessi fatto di male per meritarmi quella tortura.
Non potevo restare nella mia beata ignoranza, ignorando il fatto che non fossi figlia unica?
Intanto Giselle si era avvicinata a noi con passo malfermo e lento, fissandoci con apprensione.
« Tesoro. Cara! Victor rimedierà sicuramente. Non è vero, Victor? » la donna anziana poggiò la sua esile e rugosa mano sulla spalla del mio fratellastro con fare materno.
L'imbecille sbuffò annuendo, alzando gli occhi al cielo.
« Andiamo a comprarne un altro » esclamò, però con una punta di sottile ironia.
« Voglio lo stesso! » replicai ferma come una bambina viziata.
« Andiamo » Victor mi ignorò e non disse altro, si limitò a superarmi e uscire dal salone.
« Cara, sii più comprensiva con lui ».
Giselle stava sorridendo con dolcezza, ricordandomi del perché eravamo effettivamente lì da lei.
« Giselle, dobbiamo sistemare la villa, non possiamo andare in giro per negozi» dissi esasperata.
« Non preoccuparti, cara. Andate pure! Tanto tra poco dovrebbe arrivare sia il vostro Catering che quello degli stuzzichini. Mi farò dare una mano da loro » ammiccò la vecchia donna con dolcezza.
Rimasi ancora immobile a fissarla, in attesa che cambiasse idea. In fondo, quello era pur sempre lavoro per me. E non una serata di festa.
« Vai! » mi intimò ancora, indicando la porta con impazienza.
Ancora incerta sul da farsi, mi lasciai convincere sospirando rassegnata. Le abbozzai un mezzo sorriso, alzai da terra l'abito rosso macchiato, e uscii dal salone a testa bassa, con un'angoscia e una rabbia dentro assurda.

-

*Soundtrack*

« Provati questo » mi disse l'imbecille allungandomi un vestitino giallo ocra con una specie di fiore celeste appuntato in vita.
Eravamo andati in una boutique a quindici minuti dalla villa, perché non potevamo di certo tornare a Parigi con il poco tempo che avevamo a disposizione. Il ballo sarebbe cominciato alle 17:00 e dovevamo verificare che tutto fosse pronto prima di quell'ora, e che non mancasse niente all'appello delle cose che avevamo caricato sul camion quella mattina prima di partire per Montfermeil.
Anche se Giselle si sarebbe fatta aiutare dai due Catering come mi aveva assicurato, non potevamo assolutamente lasciarla sola troppo tempo.
E quindi, 'fanculo al mio bellissimo vestito rosso scarlatto!
Ero nera!
« Stai scherzando? » ribattei allibita fissando l'abito che Victor aveva tra le mani. Avevo provato una decina di vestiti e nessuno mi piaceva. Inoltre, il mio fratellastro, si era messo d'impegno per scegliere tutti più brutti del negozio e farmeli provare.
L'imbecille scosse la testa con espressione convinta.
« Hai davvero un gusto orrendo in fatto di colori! » borbottai sconcertata e irritata « Prima la mia camera rossa, ora un vestito giallo! Ma quanti anni hai? Otto? ».
« Te lo provi o no? » replicò lui impaziente tendendomi l'abito.
« E comunque, quel vestito che hai comprato era rosso. L'hai scelto perché é il mio colore preferito, vero? Volevi fare colpo! » sorrise malizioso sbattendo gli occhi con fare seducente.
« Cosa? Sei fuori!? » esclamai sconvolta « Ma cosa credi? Che sia lì costantemente a pensare a te?! » ribattei allibita.
« Ovviamente » rispose lui continuando a guardarmi in quel modo insopportabilmente sexy.
Sbuffai, evitando di rispondergli nuovamente, e fissai la stoffa di quel colore davvero bruttissimo storcendo il naso.
Non volevo sembrare acida dopo che si era offerto di pagare lui il nuovo vestito per il ballo — quando poi era stato lui ad aver rovinato quello rosso — ma non avrei mai acquistato un abito giallo ocra!
« D'accordo » acconsentii giusto per farlo contento e smettere di farlo blaterare.
Afferrai il vestitino e rientrai nel camerino stufa di quell'assurda situazione.
Non avevo mai fatto compere con un ragazzo, e la cosa era davvero fastidiosa e innaturale.
Lo indossai immediatamente, e mi scivolò addosso leggero e semplicemente perfetto per il mio corpo.
Aveva le maniche a sbuffo morbide e semi trasparenti, la scollatura sul décolleté non era pronunciata, ma coperta con una sorta di velo, e il tulle, poco vaporoso, mi arrivava alle ginocchia senza essere volgare o troppo lungo.
L'imbecille, inoltre, aveva centrato tutte le mie misure, a quanto pareva.
Infastidita come non mai, alzai lo sguardo sul mio riflesso, dove un semplice specchio ondulato mi rimandava l'immagine di una giovane ragazza bella, e magra. I miei fianchi, in genere un po' troppo pronunciati, erano spariti, le gambe sembravano incredibilmente più slanciate, e la figura snella e atletica, dava alla mia altezza una misura quasi accettabile per la mia età.
Rimasi piacevolmente sorpresa.
Il colore era lo stesso orrendo — su quello non c'erano dubbi — ma il modello era semplicemente meraviglioso.
Aveva uno stile molto simile a quelli che indossavo di solito con motivi floreali.
Mi osservai ancora, roteando e volteggiando il tulle giallo, ammirandomi più del dovuto.
Mi piaceva, dannazione!
Quando mi decisi ad uscire, evitai subito gli occhi di Victor.
« Allora? » sbottai, portandomi le mani ai fianchi esasperata dal fatto che trovassi quell'abito bello, dopotutto.
Non sentii alcun commento sarcastico o suono compromettente da parte sua, così alzai lo sguardo chiedendomi se mi avesse visto o fosse troppo occupato a fare il filo alla commessa, visto che da quando eravamo entrati nella boutique non aveva fatto altro che fissarla tutto il tempo.
Non appena incrociai l'espressione in tralice di Victor però — la stessa della sera prima — sentii come un pugno allo stomaco.
Mi stava osservando attentamente.
Un po' troppo attentamente.
Aveva la bocca leggermente socchiusa, e le sue iridi sembravano fondersi con le pupille.
« Avevo ragione » disse poi piano sciogliendosi in un sorriso sghembo, e avvicinandosi a passo lento.
Si fermò di fronte a me, ad un passo di distanza.
« Sembri quasi una ragazza ora » scherzò, e una piccola ruga si formò ai lati della bocca.
Non l'avevo mai notata.
La tensione che avevo accumulato in quella frazione di secondi, si sciolse in un attimo.
« Imbecille come sempre! » sbuffai innervosita dalla sua affermazione.
Sapevo che voleva essere una sorta di complimento, ma un "stai bene" sarebbe stato molto più apprezzato.
Inoltre, troppe sensazioni diverse sentivo affollarsi nella mia mente, e la cosa mi rendeva piuttosto inquieta.
« Sapevo che ti sarebbe stato bene » disse poi allungando una mano verso la manica del mio vestito con fare attento.
Le sue dita sfiorarono la stoffa, ma contemporaneamente, anche la mia pelle.
Trattenni il fiato sentendo il cuore salirmi in gola.
« Allora...lo prendi? » mi domandò poi con un sorrisetto malizioso, ritraendo il braccio « Oppure preferisci quello azzurrino? » mi indicò con lo sguardo l'unico abito decente che avevo adocchiato non appena avevo messo piede in quel negozio.
Scossi forte la testa.
« Ovviamente prenderò quello! » esclamai convinta, alludendo al vestito azzurro.
Victor alzò un sopracciglio scettico.
« Sicura? » continuò sempre con quel suo sorrisetto da schiaffi.
« Certo che sì! »
« Non ci crederò nemmeno se lo vedo!» l'imbecille scoppiò in una fragorosa risata.
Furiosa, afferrai l'abito azzurrino e glielo gettai in faccia.
« Vallo a pagare! » sibilai tra i denti.
Victor mi fissò divertito cercando di contenere la sua ilarità.
« Vai!! » gli urlai rientrando nel camerino.
Non appena chiusi la tendina con uno scatto furioso, la mia immagine mi salutò splendidamente perfetta nell'abito giallo che indossavo.
Maledii Victor e feci capolino con la testa fuori dall'anticamera per urlargli contro.
« Aspetta! » lo chiamai imbarazzata.
L'imbecille che era ancora lì, mi lanciò il sorriso più fastidioso che avessi mai visto in quei vent'anni di vita.
« Prendo questo » mormorai stringendo i pugni e abbassando lo sguardo sulla scollatura gialla.
Victor incrociò le braccia al petto fissandomi compiaciuto.
« Lo sapevo » mormorò, mentre il suo sorriso assumeva una sfumatura che non avevo mai colpo prima.
Era un sorriso soddisfatto, ma carico di una felicità improvvisa che rendeva la sua espressione dolce e imbarazzata al tempo stesso.
Fu incredibile.
Incredibilmente bello.
Bello da far male.
Sperai non sorridesse mai più a quel modo.
Rientrai nel camerino e mi tolsi l'abito giallo lentamente, cercando di scacciare l'immagine di quel sorriso.
Alla cassa, pagò Victor come promesso, e improvvisamente mi sentii piuttosto a disagio.
Nonostante mi dovesse un abito, non potei far a meno di pensare che quello era una sorta di regalo. Un regalo che non avrei mai dovuto accettare.
In auto, non dissi una parola.
Percorremmo il viaggio di ritorno ognuno perso nei propri pensieri e fu un vero strazio.
Quando rientrammo alla villa, trovai nel salotto a piano terra, Martine ad aspettarmi.
« Giselle mi ha detto che sei andata a comprare un altro vestito! » esclamò venendomi in contro agitata « ma non avevamo comprato assieme quello rosso?! Cosa è successo? ».
Scossi la testa serrando le labbra
« Ora ti spiego tutto » dissi; poi lanciai un'occhiata fuori la porta della stanza, e vidi Victor sparire al piano di sopra.

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Nota dell'autrice:
Il colore del vestito di Adèle non è lo stesso della foto. Ma é effettivamente un giallo ocra, molto simile a quello di Belle de "La Bella e la Bestia".

 Ma é effettivamente un giallo ocra, molto simile a quello di Belle de "La Bella e la Bestia"

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SPAZIO "Promo Grazie❤️

Di: MartinaSally

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