CAPITOLO 12 (Seconda Parte)

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Eric si ferma al centro di una radura e io ho la certezza che perderemo.
Siamo in un grosso spiazzo circondato da alberi, tanto vale smontare i proiettili e disegnarci dei bersagli su petto e schiena.
Mi allontano di qualche metro dal gruppo e mi siedo su quello che resta di una panchina.
«L'altra squadra ha già deciso dove posizionarsi, quindi decidete in fretta la strategia da adottare» dice Eric, mentre passa la bandiera a Peter e si siede sulla panchina accanto alla mia.
Come immaginavo, i componenti della mia squadra hanno tutte idee diverse e iniziano a discutere tra di loro.
Osservo Eric. Se ne sta tranquillo a guardarli.
Perdere a strappabandiera credo sia umiliante per un Intrepido, quindi ha già deciso di lasciarci discutere e poi ordinarci cosa fare. È nel suo stile darci l'illusione di contare qualcosa e poi strapparcela via.
«Hai deciso di battere la fiacca?» mi domanda, voltandosi verso di me.
«Scusa?»
«Non ti ho più vista in palestra.»
«Ti stavo evitando» rispondo con freddezza.
La mia risposta fa calare il silenzio tra di noi.
La sua domanda sembra suggerire che lui è tornato in palestra in queste sere e quindi non ho fatto un gran casino come credevo.
Allora perché ha smesso di punzecchiarmi? Dalla sera del nostro ultimo allenamento non mi ha rivolto più la parola e non sembrava che lo facesse per insicurezza o per risentimento, ma per totale perdita di interesse.
«Perché?» mi domanda.
«Secondo te?»
«Quanto sei permalosa» dice, rigirandosi tra le mani un proiettile di vernice.
«Vorrei vedere te dopo quello che mi hai detto!»
«Ti ricordo che mi hai dato del deviato» sottolinea, guardandomi di traverso.
Ha ragione, ma l'avevo pure io, tutte e due le volte.
Eric potrebbe essere benissimo malato in quel senso. Come ha detto Christina, potrebbe non avere una parte buona, ma io sono così stupida da continuare a cercarla. Forse ha ragione Tris, devo levarmelo dalla testa.
«Non ti sei chiesta perché ti ho scelta?»
«Sadismo. Vuoi usarmi come scudo.»
«Non mi tentare» mormora sorridendo.
«Hai stupidamente scelto i più grossi e poi ti sei accorto che serviva qualcuno di veloce per prendere la bandiera» dico, come al solito, senza collegare il cervello con la bocca.
«No.»
«A questo punto resta solo lo scudo umano» gli faccio notare.
Eric si alza e mi raggiunge sulla panchina fermandosi in piedi davanti a me.
Dentro di me inizio a tremare, mi sento come se fossi fatta interamente di gelatina e qualcuno mi stesse scuotendo. Sarebbe una sensazione piacevole se non fosse Eric a causarmela.
«Una volta, una persona fastidiosamente sincera, mi ha detto che, se scoppiasse una guerra, dovrei circondarmi di persone fidate.»
«Come fai ad essere così sicuro che non ti tradirò?» lo interrompo.
«Per la tua totale incapacità di mentirmi.»
«Non mi pare di averti appena giurato fedeltà» obietto.
«Sono il tuo punto di riferimento, l'unico di cui riesci a fidarti in questa fazione. L'hai detto tu stessa» dice sorridendo, ma il suo sorriso si spegne subito. «È ancora così oppure...»
Oppure quello che mi hai detto e che mi hai fatto ha cambiato qualcosa.
Io non mi sono mai fidata completamente di lui, ma per la prima volta vedo un velo di umanità nel suo sguardo. Sembra così indifeso da farmi quasi dubitare che sia lui e quel suo sguardo ha fatto un enorme buco nella mia corazza. La sento scricchiolare e so che non c'è modo di riparare al danno; la mia corazza presto andrà in mille pezzi ed io non avrò più difese contro di lui e da quel sentimento assurdo dal quale cerco di nascondermi.
«Mi ha ferita quello che hai detto e il modo in cui l'hai detto» confesso evitando di guardarlo negli occhi. «Però siamo nella stessa squadra, se perdi tu, perdo anche io.»
Questa volta ho pensato prima di aprire bocca perché quello che ne sarebbe uscito mi avrebbe fatta sentire patetica. Sento il bisogno di fargli capire che mi interessa molto più di quanto dovrebbe interessare un capofazione a un'iniziata.
È la prima volta che provo un'attrazione così forte e non so come gestirla, ma dirgli che mi piace non è la cosa migliore da fare con un tipo come lui. È bello ed è consapevole di esserlo, se cedo ora sarò solo una delle tante, mentre lui sta diventando qualcosa di speciale. Questo mi spaventa, ma ormai ho capito che più cerco di reprimere, più quello che sento per lui diventa forte.
Il resto della squadra reclama il suo capo. Il tempo stringe. Abbiamo dato a Quattro un grosso vantaggio perdendo tempo prezioso a litigare sulla strategia da adottare. Presto loro verranno a cercarci. È il momento di prendere una decisione.
«Mi fido di te, non deludermi» dice prima di raggiungere il gruppo.
Quelle parole polverizzano la mia corazza, ora sono nuda e vulnerabile. Il mio centro è stato ripristinato per l'ennesima volta e tutto riprende a girare intorno a lui.
«Ascoltatemi. Ci apposteremo tra gli alberi. Al e Theia si posizioneranno là dietro» dice, indicando un piccolo edificio che non ho idea di cosa fosse prima di cadere in rovina.
«Al, tu sarai la sua guardia del corpo. Quando l'altra squadra si avvicinerà, voi, senza farvi vedere, correrete fino alla ruota panoramica. È là che si sono posizionati. Trovate la bandiera e prendetela.»
Prende la bandiera dalle mani di Peter e si arrampica su un albero ed io inizio a pensare che non sia intelligente quanto credevo. È il posto più accessibile di questo parco, almeno per me che sono abituata ad arrampicarmi su alberi molto più alti di quello. Posso solo sperare che gli altri non siano bravi quanto me anche se so che non è così.
«Noi resteremo qui a difendere la nostra. Andate» ordina, saltando giù dall'albero.
Io e Al corriamo a nasconderci. Da dove siamo riesco a vedere oltre agli alberi, la squadra di Quattro è già qui. Faccio segno ad Al di seguirmi e mi sposto rapidamente dietro a un muretto. È lungo solo qualche metro ma ci coprirà fino a quando l'altra squadra non sarà arrivata alla radura.
Alle nostre spalle si leva un coro di grida così alte che mi fanno sussultare. Con piccoli scoppiettii cominciano a volare i proiettili di vernice, che poi si spiaccicano umidi e molli contro i loro obiettivi. La squadra di Quattro ha attaccato. Mi volto e vedo il nostro gruppo dimezzato e la bandiera completamente incustodita sul ramo dell'albero.
Scatto verso il nostro obiettivo anche se so che è tutto inutile, la mia squadra sarà annientata prima che io riesca a raggiungere la ruota.
Continuo a correre anche quando sento grida di vittoria levarsi dalla radura.
Abbiamo perso. Ho deluso Eric.
È un pensiero stupido, non è colpa mia, le sue scelte ci hanno portato alla sconfitta, ma le ultime parole che mi ha detto mi fanno sentire dannatamente in colpa. Lui si fidava di me.
Mi fermo di colpo e mi lascio cadere sulle ginocchia. Per quanto sia stupido, una parte di me mi incolpa per la sconfitta. Se non mi fossi fermata a parlare con Eric, ma avessi agito subito, forse le cose sarebbero andate diversamente. Avevo intuito il piano di Eric e avrei dovuto portarmi subito in una buona posizione. Non dovevo osservarli invaderci, ma guardarli allontanarsi dal dalla loro bandiera. Se fossi stata là avremmo vinto noi. Eric si sarebbe preso tutto il merito ma sarebbe stato fiero di me. 

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