CAPITOLO 8 (Seconda Parte)

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Dopo pranzo, Quattro ci porta in un posto enorme, con un pavimento in legno, rovinato e scricchiolante, nel cui centro è dipinto un grande cerchio.
Sulla parete a sinistra c'è una lavagna di ardesia sulla quale sono scritti i nostri nomi in ordine alfabetico. Dall'altro lato della stanza, a circa un metro l'uno dall'altro, sono appesi sacchi da pugilato di un arancione sbiadito e quasi informi, o meglio, una forma me la ricordano bene, quella di Molly, la Candida che sembra essere tra la favorite di Peter e si sta facendo velocemente strada nella mia lista dei più detestati. Questo mi aiuterà molto durante l'allenamento.
«Come vi ho anticipato» esordisce «ora imparerete a combattere. Lo scopo è prepararvi ad agire, allenare il vostro corpo a rispondere alle minacce e alle difficoltà, cosa di cui avrete bisogno se intendete conservarvi la vita negli Intrepidi.»
Mi auguro basti solo questo, ma dopo il risultato del test, temo che niente mi farà sentire davvero al sicuro. Mi domando se la scelta degli Intrepidi sia stata saggia.
È ciò che desideravo, ma forse non è ciò di cui ho bisogno. Avrei dovuto nascondermi e non farmi notare e Pacifici o Abneganti sarebbero state le scelte perfette, ma non è quello che desidero.
Non voglio passare una vita di ripiego solo per stare al sicuro, voglio vivere davvero e l'unico modo per farlo è seguire la mia voce interiore ed è stata lei ha suggerirmi gli Intrepidi. Forse avrò una vita breve ma intensa, non importa, voglio vivere, non sopravvivere.
«Oggi esamineremo la tecnica e domani inizierete a combattere tra di voi. Perciò vi consiglio di prestare attenzione. Quelli che non imparano in fretta si faranno male.»
Elenca alcuni tipi di pugno, mostrandoli uno per uno mentre li spiega, prima colpendo l'aria e poi il sacco.
Lo osservo attentamente, la sua postura, il gonfiarsi dei suoi muscoli ad ogni suo movimento, ma quando provo a ripeterli il risultato è quasi imbarazzante. Non ho tecnica. Mi tornano in mente le mie zuffe nei Pacifici, spesso era Jace a separarmi dal mio avversario di turno. Lui è un ex Intrepido e ora so perché si lasciava sfuggire un sorriso ogni volta che vedeva due Pacifici venire alle mani. Siamo del lottatori imbarazzanti per uno che probabilmente ha imparato le tecniche di combattimento quando era ancora un bambino.
Quattro ci lascia allenare un po' sui pugni prima di spiegarci i calci. Ci mostra solo i fondamentali perché sono molto più difficili dei pugni.
Le mani mi fanno male e sono diventate rosse a furia di colpire il sacco, non mi dispiacerebbe far prendere loro una pausa e usare di più le gambe. Magari in questo modo il sacco si muoverebbe più di qualche millimetro. Ci sto mettendo tutta la forza che ho in corpo ma sembra non essere sufficiente. Tutto ciò è davvero frustrante.
Quando vedo Quattro allontanarsi dandomi le spalle, decido di concedermi una piccola pausa. Lo osservo camminare lentamente accanto agli iniziati intenti a colpire malamente i sacchi, ma non ne osserva nessuno, il suo sguardo è fisso su Tris.
Si ferma davanti a lei e la osserva. Quando Tris si accorge di lui, si blocca per un brevissimo istante.
Quattro si è dimostrato un buon insegnante, è severo ma non in modo crudele, in alcuni frangenti mi è sembrato addirittura gentile. Riesce a farci mantenere la giusta attenzione e tensione senza farci cadere nell'insidiosa trappola dello stress.
Tris è più sveglia di quanto immaginavo e anche lei avrà tirato le mie stesse conclusioni su Quattro e quindi non si è fermata perché intimorita ma per altri motivi.
Quando lui appoggia le mani sul torace di Tris, la vedo irrigidirsi e le sue guance avvampare. Pare che la sorellina di Caleb subisca molto il fascino del nostro tenebroso istruttore.
Se Althea fosse qui, inizierebbe a farsi i suoi viaggi mentali e a decretare questo momento come l'inizio di una promettente storia d'amore.
Io non sono come lei, non vedo amori ovunque, io non so neanche se mai riuscirò solo a comprendere una milionesima parte di cosa sia l'amore. Inizio a pensare che non sono tagliata per innamorarmi.
Tutti hanno qualcosa che non sanno fare, io non sono capace di innamorarmi.
Credo che Neem fosse solo un amico che io ho cocciutamente cercato di trasformare in qualcosa di più. Ho scimmiottato gli atteggiamenti di Althea, ma quando, io e Neem, ci abbracciavamo o ci baciavamo, non sentivo il brivido che lei tanto adorava, non desideravo spingermi oltre. Io non sentivo nulla. Lo trovavo carino ma la testa non mi girava e non sentivo le farfalle nello stomaco o un calore salire dalle mie parti intime. Provavo affetto, simpatia e tanti altri sentimenti, ma erano gli stessi che provavo per le altre persone, solo un po' artefatti dal mio ossessivo desiderio di provare cosa si sente ad essere innamorata.
Johanna mi diceva: tutto a suo tempo, con la persona giusta e nel giusto momento, anche io avrei provato le stesse cose.
Inizio a pensare che forse per me quel tempo non arriverà mai. Ho già sedici anni e se non è ancora successo, è probabile che non accadrà mai. 


Quando Quattro ci congeda per la cena, mi incammino verso il Pozzo dove Tris e il suo gruppo si sono fermati a parlare.
Essendo una ex Pacifica dovrei stringere amicizia molto facilmente, ma io sono sempre stata una persona solitaria, avevo pochi amici, ma il nostro rapporto diventava talmente profondo che io li consideravo come fratelli e sorelle.
«Un tatuaggio, Theia?» mi domanda Al sorridendo.
«Mi piacerebbe ma non saprei che farmi. Voi ne fate uno?»
«Certo! Prima però, io e Tris dobbiamo fare una cosa. Ci vediamo dal tatuatore» risponde Christina mentre trascina via Tris.
Io seguo Al e Will su per un canale che sale verso i livelli più alti incespicando e calciando i ciottoli. Al mi offre il suo braccio e io accetto volentieri, non voglio rischiare di cadere e rotolare indietro fino al centro del Pozzo.
Arrivati allo studio del tatuatore, i mie due accompagnatori iniziano a sfogliare libri con immagini di tatuaggi, mentre io preferisco gironzolare per lo studio.
Alle pareti sono esposte alcune opere artistiche e mi chiedo se sono fatte dagli Intrepidi oppure c'è la mano dei Pacifici dietro quelle opere.
Una donna alta e con lunghi capelli scuri mi passa accanto, la riconosco subito, è l'Intrepida che mi ha spiegato perché il mio test attitudinale non era andato come doveva, ma non mi ha dato spiegazioni soddisfacenti su quello che sono.
«Ci si rivede» dico seguendola.
Le si volta, mi squadra e il suo sguardo per un attimo si fa cupo.
«Ciao Theia. non pensavo che ti avrei rivista.»
Sorride, quando in realtà non vorrebbe farlo, ma anche un sorriso forzato è meglio di uno sguardo cupo.
«Volevo chiederti una cosa.» Prendo in mano uno dei libri con i tatuaggi e lo apro a caso. «Quando finiremo il nostro discorsetto?» domando mentre indico il disegno del simbolo degli Intrepidi.
«Non sono sicura che sia saggio» obietta, «ti ho aiutato per quanto ho potuto, ma adesso devi cavartela da sola.»
Non intendo farmi liquidare così velocemente. Ha detto che sono in pericolo di vita e ho la certezza che lei sa molto di più di quello che mi ha detto.
Questo non è il posto migliore per parlare di certe cose, non importa, troverò il luogo e il momento adeguati.
«Forse non ora, ma dovrai farlo» le dico risoluta.
«Vuoi fare un tatuaggio?» mi chiede.
«Non ancora. Voglio farne uno che abbia un significato profondo» ripongo il libro, «con il tempo capirò cosa c'è dentro di me».
«Inizia escludendo la saggezza» mormora Tori, tenendo la voce talmente bassa da costringermi a sporgermi verso di lei. «Hai sbagliato a scegliere gli Intrepidi.»
«Perché?» le domando.
«Qui non sei al sicuro, ti scopriranno...» un Intrepido passa tra noi due interrompendo Tori.
«Ora devo andare» dice allontanandosi velocemente.
Le sue parole alimentano i miei dubbi sulla scelta che ho preso.
Sarebbe stato saggio restare al sicuro nella mia fazione e vivere una vita soffocante ma tranquilla, eppure io non riesco a biasimarmi per aver scelto di vivere invece di sopravvivere. Ora so di essere in una fazione pericolosa per i Divergenti, ma se potessi tornare indietro sceglierei di nuovo gli Intrepidi.

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