capitolo quattro

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-Marceline!- la chiamò Loreline, la madre adottiva della ragazza, dal corridoio. -Sì mamma?- rispose lei affacciandosi dalla porta del bagno. Loreline era poggiata alla ringhiera delle scale intenta ad infilarsi un tacco dodici a spillo rosso al piede sinistro. La sua veste elegante era tipico per la sua persona, soprattutto quando doveva andare a lavoro. -Io sto per uscire mentre tuo padre sta facendo gli straordinari e penso che non tornerà prima di questa notte.- le disse. -Non credi che stia esagerando?- domandò Marceline con un tono di voce preoccupato. -Lo penso anche io, Marcy. Ma lo sai che lo sta facendo per noi, per sé. Cerca di portare un po' più di soldi a casa in modo tale che non abbiamo problemi economici.- le rispose Loreline convinta di quello che diceva nonostante Marceline non fosse molto d'accordo su questa cosa. -Bene- affermò la madre -Sono pronta. Ci vediamo questa sera, torno tardi ricordatelo! Ti voglio bene tesoro.- terminò scendendo le scale ed uscendo di casa. A quel punto Marceline rimasta sola e se ne andò in camera. Il suo senso di osservazione non l'aveva ancora abbandonata ed ora che la madre se n'era andata a lavoro sentiva ancora più pressare da questa sua sensazione, quando squillò il telefono. Marceline, con noncuranza rispose: un grido le perforò i timpani facendole buttare istintivamente il telefono sul letto, lontano dal suo orecchio fischiante; la voce udita attraverso l'apparecchio, proveniente dall'altro capo, era quella di Erika che gridava a squarcia gola in un modo straziante, inquietante...
Marceline non sapeva cosa fare e quando il telefono squillò una seconda volta si sentì stringere un nodo alla gola, il suo istinto le diceva di non toccarlo in fin dei conti aveva appena ricevuto un forte shock ma nonostante tutto, coraggiosamente, prese il suo telefono e rispose:-P-Pronto?- all'altro capo una voce assai familiare -Marceline? Sono Erika, tutto bene?- era tranquilla, come se non fosse successo nulla, ma la cosa a Marceline non quadrava affatto.-Erika? Tutto bene? Ti è successo qualcosa?- chiese alla sua amica -Sto bene Marcy, perché questa domanda?- quello che Erika chiese a Marceline la lasciò perplessa: possibile che non le sia successo niente, che stia fingendo di non aver mai urlato dall'altro capo in preda al terrore, che non sia veramente successo nulla?
-Erika: ho ricevuto una tua chiamata circa due minuti fa...- spiegò Mraceline -Ti risulta nulla del genere?- le domandò. -No, nulla.- rispose Erika con-la-kappa. -Ne sei sicura? controlla se nel registro ci siano delle chiamate effettuate senza volerlo, magari non lo hai fatto apposta e ti è partita la chiamata...- Marceline cercava a tutti i costi una spiegazione a ciò che era successo, una spiegazione al fenomeno che per lei non poteva avere del paranormale; -Marcy, mi risulta nulla- rispose Erika alla domanda della ragazza. -Un secondo; controllo anche io.- Marceline staccò il telefono dall'orecchio aprendo la cronologia delle chiamate, ma tra di esse non vi era alcuna chiamata effettuata da Erika con-la-kappa, niente di niente. Stava per rimettersi al telefono e raccontare l'avvenimento all'amica ma qualcosa attirò la sua attenzione: attraverso lo specchio si rifletteva l'armadio semiaperto ma la cosa che portò alla pietrificazione della povera Marceline fu la presenza di una mano sull'anta sinistra, una mano nera...questa stava tentando di aprire l'armadio di legno pesante e i piccoli scricchiolii che si udivano mano a mano che l'anta si apriva facevano sobbalzare leggermente Marceline. Si muoveva con lentezza creando dentro la ragazza non solo uno stato di pieno terrore ma anche ansia e voglia di scoprire cosa vi fosse dietro quella nube di mistero che, pian piano, si stava rivelando a lei. La voce di Erika proveniente dal telefono, però, non riuscirono a distogliere lo sguardo di Marceline dall'armadio che nel silenzio più remoto, dopo aver smorzato la voce della sua amica dall'altro capo, si avvicinò incuriosita facendo per toccare quell'orrida mano malandata che però, con forza inaudita le afferrò il polso tirandola verso l'interno e facendole sbattere la testa contro l'anta stessa dell'armadio chiudendolo di botto schiacciando la mano che l'aveva afferrata che di conseguenza la lasciò.
La povera Marceline nel panico prese repentinamente la sua giacca e scappò fuori casa tremante: non si spiegava nulla di quello che stava succedendo e non riusciva a capire come mai della sua scelta di avvicinarsi a quella mano nera.
Che il suo buonsenso abbia fatto cilecca? E se sì, perché?
Non capiva più nulla, le girava la testa e nel momento stesso in cui decise di andare via dalla sua dimora per il resto della giornata, un martello viola e blu le sfiorò la testa mettendola in fuga. La sensazione che qualcosa la stesse seguendo le incuteva talmente tanto timore che le vie di casa sua divennero dei labirinti per i quali decise di perdersi pur di scampare ad una presunta morte; correva talmente tanto forte che le sue gambe lancinavano ad ogni passo, i suoi tendini tiravano doloranti, i polmoni bruciavano impendendole di respirare come di dovere e quando finalmente si fermò un capogiro la fece crollare seduta a terra, davanti alla porta di casa di Erika con-la-kappa, la quale uscì appena in tempo per salvarla da uno svenimento sicuro.
Erano sedute faccia a faccia, si fissavano in silenzio. Erika era perplessa e preoccupata, il suo viso lasciava trapelare anche rabbia mentre Marceline era disorientata e spaventata, stanca, il suo respiro affannato e davanti ad una tazza di camomilla si bruciò la lingua pur di bere qualcosa; sulla fronte un ematoma violaceo e pulsante: segno della testata data all'anta dell'armadio. Le due continuarono a fissarsi per qualche minuto quando Erika le fece una domanda:-Che ti è saltato in testa?- la sua voce era ferma e severa. -Nulla...- rispose Marceline con la testa pulsante ancora atrofizzata e impossibilitata dal ricordare il motivo per il quale stava correndo. -È successo qualcosa di brutto? Spiegati Marceline, lascia che io ti aiuti...- la ragazza fissava Erika con i suoi occhioni venati di rosso, stanchi, impauriti. Non sapeva come raccontare alla sua migliore amica cosa le era successo e nemmeno a sé stessa riusciva a spiegarlo; non trovava una spiegazione plausibile a tutto quello che aveva visto, sentito...provato. Erika la guardava preoccupata e in quel momento, quello che vedeva Marceline nello sguardo della sua migliore amica, era quello di una madre preoccupata per sua figlia, uno sguardo che poche volte aveva visto in sua madre biologica, poche anche in quella adottiva; in fondo era normale essendo lei stessa una ragazzina molto tranquilla ma vedere quello stesso sguardo in Erika le strinse il cuore: non voleva farla preoccupare così tanto e forse sarebbe stato meglio se le avesse raccontato ma...ma per Marceline rendere partecipe qualcuno dei suoi problemi...non era una cosa da lei; se l'è sempre cavata da sola e di conseguenza raccontare determinate cose alla sua migliore amica, far gravare i suoi problemi su di lei...non le sembrava giusto; la giovane Marceline era davanti in bivio il quale la costringeva a scegliere, il quale la costringeva a rimanere in silenzio davanti alla sua migliore amica.

Rispondo alle vostre domande subito: purtroppo ho dovuto cambiare account dopo aver avuto problemi col vecchio, l'inizio della storia si trova sull'account janeandjeff18 e se volete capirci qualcosa vi invito a passare prima per di là. Grazie.

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