Si chiese se davvero sarebbe riuscito a saltare oltre. La recinzione agli occhi di Vincent apparve alta all'incirca due metri e con un salto ben calcolato avrebbe dovuto farcela. Restò immobile per più di un minuto, facendo respiri profondi e scanditi. Poi, richiamando ogni fibra muscolare delle gambe, saltò. Subito ebbe l'impressione di non aver dato la giusta spinta e pregò di non farsi almeno troppo male. Un istante dopo era a terra, con la faccia sul terriccio umido. Sentì da dietro l'applauso di Mary e tirò un sospiro di sollievo.

«Ora come farai ad uscire?» gli chiese.

«Dovrebbe esserci all'interno un interruttore per togliere la corrente.»

«Dovrebbe?»

Vincent sorrise, e si diresse verso la serra più grande. Ma era il sorriso ebete di chi non sa che pesci pigliare.

Giunto davanti la struttura, con un paio di tronchesi, che Mary gli aveva precedentemente detto di portarsi dietro, a forza tagliò il lucchetto della porta principale della serra. Dopo pochi minuti era dentro. La copertura isolava l'ambiente dal freddo, dalle luci dei lampioni e dai rumori notturni, così che Vincent si trovò immerso nel più totale buio e nel più totale silenzio. Fuori era come se il mondo non esistesse più.

Si mise una mano sulla cinta dei pantaloni ed estrasse una torcia, con la quale fece luce su un angolo della serra. La luce rivelò delle piante che terminavano in una corolla blu contornata di bianco. Istintivamente fece per toccarne una, ma ritrasse subito la mano, per timore di qualche possibile tossina o irritazione cutanea. Si voltò dunque e andò verso la parte opposta della struttura. Man mano che proseguiva a camminare, si rese conto che l'intera serra conteneva soltanto quell'unico tipo di pianta. Uno di quegli esemplari doveva essere portato fuori. Ma come?

Vin si girò in cerca di un possibile interruttore. Ma all'interno della serra non ne trovò. Uscì dunque per cercare all'esterno ma niente. Il sorriso era ora diventato una paralisi facciale. Prese il cellulare e telefonò a Mary.

«Una cabina dici? Non vedo niente di simile qui attorno. Sei sicu...okay, adesso controllo.»

C'era una stradina imbrecciata proprio davanti l'auto che andava a perdersi nel bosco e nell'oscurità. Mary prese la sua torcia e con cautela andò a dare un'occhiata, senza riattaccare il telefono. In quel momento fu colta da un brivido di paura ingiustificata, la stessa che hanno i bambini del buio. Come se la parte irrazionale di lei stesse riemergendo dopo anni di adulta consapevolezza. Il suo respiro si fece più pesante. Dopo poco la torcia fece luce sull' angolo di una piccola struttura in calce grigia, prima che la strada curvasse tra i meandri della vegetazione. Davanti a lei c'era una porta di metallo e sulla porta un cartello giallo con un fulmine nero. L'insegna recitava: ALTA TENSIONE - PERICOLO DI MORTE.

«Credo di averla trovata», disse.

«Bene. E' chiusa a chiave o da un lucchetto? Dio, fa che non lo sia.»

«Mi dispiace, credo lo sia.»

Vincent chiuse istintivamente gli occhi; dentro di sé imprecò. Poi si udì un rumore secco dall'altra parte del telefono.

«Mary, va tutto bene? Mary!»

Ci furono alcuni secondi di silenzio. Poi Mary riprese a parlare e...

«Signor Vincent, mi sbagliavo, grazie al cielo. Mi sbagliavo! E' bastata una strattonata più forte del normale e si è aperta. Sto entrando, signor Vincent, sto entrando!»

Sempre istintivamente, dalla bocca di Vincent uscì un sentito, marcato, sospiro di sollievo.

«Ora, ti prego, fammi uscire di qui.»

Al di là della nebbiaМесто, где живут истории. Откройте их для себя