Capitolo otto

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«Lettera Q...R...S...eccolo qui!»

Le dita bianche e minute di Mary sfogliavano le pagine ingiallite nel silenzio austero della biblioteca. Tra le mani una vecchia copia dell'Antologia di Spoon River. Si sedette e con un velo di nostalgia ripensò alle giornate estive, dopo pranzo, passate a leggere quel libro. Fin dalla prima volta si era immedesimata in quei personaggi, così emotivamente nudi e soli. Un girotondo di vite spezzate. Un ipotetico cimitero in cui ogni morto raccontava, senza più timore di essere additato o deriso, quale sorta di uomo o donna fosse stato veramente, e di quali vergognosi peccati si era macchiato. Una piccola città in cui tutti si conoscono e tutti si celano. Dove la verità è un privilegio che solo i defunti possono permettersi di avere.

Ma la poesia che più l'aveva colpita era quella di Francis Turner: un malato di cuore che da ragazzo non poteva "né correre né giocare", costretto a controllare ogni sua azione ed emozione perché, se troppo forte, il suo cuore lo avrebbe lasciato. Una vita in gabbia, finché in un pomeriggio di giugno, mentre si trovava in un giardino di acacie accanto ad una ragazza di nome Mary, e forse anche per questo il racconto le era così caro, osò baciarla, dimenticandosi dei limiti che la natura gli aveva imposto. E "baciandola con l'anima sulle labbra, d'un tratto questa gli fuggì". Così una domanda emerse dalla mente della bibliotecaria, una domanda forse scontata e su cui tanti poeti avevano già speculato: meglio una vita lunga e priva di stimoli o una vita breve ma piena? Un pensiero che da ragazza, quando lesse per la prima volta quei versi, non l'aveva nemmeno sfiorata. Quando dalle pagine di quei libri sognava una vita carica di viaggi e di avventure, senza troppi amori ma neppure senza patir mai l'amore. Parigi, Londra, Hong Kong, Roma, il Tibet...e alla fine di nuovo a Silver Lake, nella casa dei suoi genitori e dei suoi nonni, gonfia di esperienze per godersi gli ultimi anni di una vita soddisfacente. "Ma sarebbe stata lo stesso soddisfacente?" pensò. "Viaggi su viaggi mi sarebbero bastati a dare un senso alla vita? Non lo so ma sicuramente l'avrebbero resa più di viva di quanto non sia ora", concluse tra sé. Una magra consolazione quella di trovarsi in uno dei posti più magici dell'America se quello stesso luogo si trasformava in una prigione a cielo aperto. Ma ormai era quasi riuscita a farsene una ragione e il problema non la toccava più così tanto come negli anni addietro, quando aveva provato ad andarsene via, anche di nascosto, fallendo ogni volta che era sul punto di mettere piede fuori dalla foresta che separava il paese dal mondo esterno. Non poteva andarsene, lei doveva restare lì! Il perché, pur conoscendolo, non l'aveva mai capito veramente. 

"Se te ne vai tutti noi saremo in pericolo! è questo che vuoi, mettere a repentaglio le persone che ti vogliono bene? Davvero, è questo che vuoi?"

E da quelle parole non era mai riuscita a fuggire. Così gli unici viaggi che poteva fare erano quelli nei libri che perlomeno, pensava, erano in grado di offrirle delle storie che certamente la vita reale, per quanto vera, non avrebbe mai potuto donargli. Anche questa era una magra consolazione ma era pure l'unica che aveva, e perciò cercava di tenersela stretta. Nel frattempo qualcuno avevo messo piede nella biblioteca.

«Ci sei Mary?» disse una voce. Mary riconobbe il timbro vocale di Ellie Sullivan. Le due erano buone amiche, e pur vedendosi di rado negli ultimi tempi a motivi degli impegni di quest'ultima, quando si rincontravano non perdevano occasione di scambiarsi opinioni, aneddoti ed episodi vari. In questo Mary trovava conforto dalla sua solitudine mentre Ellie poteva scaricare almeno un po' della tensione e dello stress a cui il lavoro e l'ambiente domestico la sottoponevano. E parlando un po' di questo e un po' di quest'altro, da come la vicina di casa di Mary avesse conciato i suoi capelli dal parrucchiere a quale tipo di spezia fosse più adatta per la torta di mele, se la cannella o lo zenzero, giunsero infine alla spiacevole situazione in cui Ellie e suo marito si trovavano. Mary non nascose una certa preoccupazione.

«E ora cosa pensate di fare?»

«Abbiamo considerato tante possibilità, ma la verità è che siamo ancora in alto mare. Nella peggiore delle ipotesi lasceremo Silver Lake.»

«Cosa?! Ma sei seria? Ma ti rendi conto che...»

«Sì lo so, e non sai quanto questo pensiero mi faccia star male. Ma se la cosa è necessaria sono disposta a un sacrificio del genere.»

«Ma ci deve essere un altro modo.»

«Quale? Io e Henry ci abbiamo pensato a lungo in questi giorni. Se hai un'idea migliore allora dimmela.»

Mary la guardò e comprese in cuor suo che aveva ragione: se le cose fossero precipitate non ci sarebbe stato altro modo. Anche se il prezzo da pagare sarebbe stato molto alto.

«Preghiamo il Signore.»

«Il Signore conosce bene i peccati di questo posto. Credi che una nostra preghiera gli sarebbe accetta?» la interruppe Ellie.

«Oddio Ellie, ora anche la fede ti ha abbandonato?»

«Al contrario, è proprio perché ho fede che...» Si interruppe ed emise un gemito strozzato. L'ansia accumulata negli ultimi giorni stava straripando in lei, come un secchio già pieno che continua a riempirsi di acqua. Non riusciva a contenerla. «Non mi riconosco più» disse con voce sommessa. Si guardò ad uno specchio, fissato accanto a lei al centro della parete. "Chi è questa donna?" pensò. Il suo volto rigato dalle lacrime le appariva gonfio, deformato. Ma forse era solo una sua sensazione. In realtà Ellie appariva a chiunque altro come era sempre stata. No, non a chiunque. Anche Mary lo notava, ma era più un cambiamento di spirito che fisionomico, eppure impercettibilmente gli effetti erano visibili sul suo viso. Qualcosa l'aveva intaccata, e ogni parte di lei aveva risentito del colpo. Mary ed Ellie rimasero insieme ancora per un po', avvolti dal silenzio opprimente della biblioteca.

In quello stesso momento Vincent stava facendo colazione al Glacier Peak's Grill, dove la sua attenzione era stata catturata da un elemento del tutto inaspettato.

Al di là della nebbiaWhere stories live. Discover now