Capitolo due

279 15 0
                                    

Jacob Hill era chino a terra, intento a lucidare un vecchio cannone della guerra civile. Amava passare ore e ore circondato da vecchi cimeli. Li guardava, li puliva, li studiava. Nessuno avrebbe potuto svolgere il suo lavoro con altrettanta devozione. Le sue mani esili e scabrose affondavano lo scovolo fino in fondo alla canna e passavano la cera sulla superficie nera. Una volta quel cannone aveva assaggiato il sapore della polvere da sparo, pensò. Non era sempre stato dentro un museo a far da pezzo forte della collezione, nossignore. Le sue ruote avevano calpestato la terra ingrassata di sangue. La sua bocca aveva emesso un boato di morte.

Lungo le pareti della stanza era distribuita il resto dell'artiglieria: pistole a pietra focaia del XVIII secolo, rivoltelle Smith & Wesson del Far West e fucili da caccia di vario tipo.

Jacob ne accarezzò uno, aspettando con ansia la bella stagione. L'età avanzata non gli avrebbe impedito di imbracciare un fucile ed aggirarsi nei boschi in cerca di prede come un lupo solitario. Perché in effetti questo era Jacob, un lupo solitario. Stava bene con tutti, ma più di ogni altra cosa stava bene con sé stesso. Anche lui come la bibliotecaria aveva il suo tempio, dove passare le cupe giornate invernali. Ma non disdegnava certo una passeggiata col bel tempo o una sbronza in compagnia alla Tana del Gufo. Uno, due,tre bicchieri tanto per riscaldare la gola e poi si iniziava a bere. E quando beveva incominciava a fare strani ragionamenti di filosofia, citando pensatori greci mai esistiti dagli improbabili nomi e formulando teorie tutte sue su come i coltivatori di mais avvelenassero i raccolti con qualche strana sostanza per controllare le nostre menti e trasformarci in servili marionette. Era un visionario, a modo suo. Tornava a casa a notte inoltrata barcollando e biascicando vecchie canzoni alla luna. La sua voce roca e arrugginita riecheggiava per le strade deserte come un vecchio motore diesel che non riusciva ad avviarsi.

Abitava vicino al Museo di Storia e Cultura locale di Silver Lake, dove lavorava come custode. Gli orari non erano un problema per lui, se li gestiva come meglio gli pareva; infondo agli occhi di tutti era lui il padrone del museo. Così aveva fatto anche quella sera, bevendo meno del solito. Percorse la strada dalla taverna al museo, ed entrò nel suo ufficio. D'un tratto il silenzio del museo si fece assordante, e per la prima volta dopo molti anni accusò una nota di solitudine. Tutti quei cimeli che gli avevano tenuto compagnia nelle notti insonni, ora gli apparivano soltanto come oggetti freddi e inanimati. Quel silenzio riempiva l'intera stanza, insinuandosi in ogni angolo, ogni anfratto, ogni fessura. Gettò un'occhiata su una fotografia appesa accanto alla sua scrivania. Lo raffiguravano insieme ad alcuni amici durante una battuta di caccia. Alla sua sinistra c'era una ragazza che teneva sottobraccio, aveva dei lunghi capelli chiari. Dentro di lui qualcosa si smosse. 

"Dove siete finiti? Jim, Abraham, Jeremy. E tu Angie, mia dolce Angie. Se solo aveste aspettato ancora un poco a quest'ora...ma adesso sono rimasto solo. Voi vi fermaste e io vi dissi che avrei proseguito per un altro po'. Un altro po'...ma ora ho vissuto davvero troppo a lungo."

Aprì il cassetto della scrivania ed estrasse una fiaschetta di whiskey. Rimase titubante; la rimise dentro. Non aveva voglia di bere. Osservò le uniformi della guerra civile esposte nella sala accanto, si alzò dalla sedia e, preso un panno, andò a spolverarle.

Mentre strofinava ripensò a quello che gli aveva detto Henry il taglialegna giusto qualche ora fa: un forestiero era venuto fin da New York per esaminare il cadavere di quel serial killer. Era un evento sicuramente inusuale. E pericoloso. Beh non per lui, si disse. Da tempo pensava di tirarsene fuori, di lasciare tutto e tutti. Sapeva bene che se c'era qualcosa di strano non era certo la visita di un forestiero. E sentì in cuor suo di dover fare qualcosa per aiutarlo.

 «Non male questo caffè. Avete anche un distributore di merendine?»

«No, mi dispiace. In alternativa ho i miei snack al farro, se ha fame», disse Mary.

Al di là della nebbiaWhere stories live. Discover now